martedì 19 ottobre 2010

Pugni chiusi.

Saranno gli ormoni. D'accordo che oggi la diffusione delle notizie è molto più elevata di un tempo e che la cronaca nera fa sempre premio sul bambino che fa attraversare la strada alla vecchina, però tirando le somme, mi pare che questa aggressività irrefrenabile, questo desiderio di violenza incontrollata, sia un tarlo nascosto, un male oscuro incistato senza speranza nel genoma umano. Ci sono periodi in cui sonnecchia ed è visibile solo a sprazzi, come se, pur esistendo, fosse sotto controllo attraverso un sistema automatico che lo mantiene al di sotto un dato livello di pericolosità, come il regolatore di velocità delle macchine di formula 1 nella corsia dei box. In altri casi, viene sdoganato e, partendo dalle sue forme verbali più moleste, prende corpo in manifestazioni che esprimono senza più veli tutta la ferinità dell'animo umano. Forse è un prodotto secondario che ha consentito alla specie di prevalere, una sorta di crudele autoregolazione della forza bruta, un mister Hyde sempre presente a ricordarci che la convivenza tra gli uomini funziona solo in presenza di metodi coercitivi che vanno di volta in volta dosati e quando questo meccanismo si rompe, la stabilità si riottiene soltanto quando il branco è talmente ebbro di sangue da provarne, per così dire, disgusto, ma solo fino alla volta successiva. Questo baco deve essere presente sottopelle in tutti gli esseri umani, anche quelli apparentemente più miti. Io ero un bambino vivace, ma tutto sommato non incline a cercare di prevalere con la forza, anche perché non ero affatto forte, anzi, come tutti i bambini grassocci, ero catalogabile nella categoria dei mollaccioni destinati a subire. Tuttavia è probabile che quel baco malefico alloggiasse anche nelle profondità della mia mente. Nei casi di contese tra ragazzini, tendevo a ritirarmi in buon ordine, conoscendo le mie potenzialità fisiche; al limite cercavo di metterla sulla chiacchiera, metodo da cui già si indovinava una futura predisposizione. Ma una volta, e non riesco a capirne la ragione in quanto non c'erano motivi specifici, avevo come una voglia disperata di menare le mani in una sorta di aggressività irrazionale e non rivolta verso nessuno in particolare e quindi contro tutti. Credo fosse in quinta elementare e di sicuro ci sarà stato qualche evento dimenticato a scatenare quella mia voglia di fare a botte col primo che mi capitava davanti, oppure era proprio la voglia di fare a botte a prescindere, una sorta di attività ritenuta necessaria per crescere. Fatto sta che appena fuori della scuola, già le madri non ci venivano più ad accompagnare, cercai in ogni modo di scatenare un contenzioso casuale col primo che mi capitava. Non so davvero cosa mi stesse succedendo, ricordo solo che, cosa mai accaduta prima, volevo picchiarmi con qualcuno. Il caso volle che ad attraversare la mia strada fosse un compagno decisamente robusto e tignoso e in un attimo, senza causa apparente, ci ritrovammo uno davanti all'altro, con i nostri pugnetti tesi, circondati da ragazzini che ci aizzavano per vedere la rissa (anche questo, altro comportamento interessante da studiare). Avevo una tale rabbia immotivata in corpo, che ne volevo fare polpette e mi avventai con furia sul mio avversario, il quale, probabilmente assai più aduso di me a queste situazioni, con calma e freddezza, mentre mi avvicinavo minaccioso e furibondo, forse credendo che, come in molte specie, l'esibizione rumorosa e plateale di forza e di rabbia del maschio alfa, bastasse a far battere in ritirata il sottoposto, mi assestò un tremendo pugno sullo zigomo, esperienza del tutto nuova per me, seguito immediatamente da un secondo, se possibile, ancora più forte e preciso. Dolore fortissimo e inaspettato, l'occhio che gonfiava, un fiotto vergognoso e irrefrenabile di lacrime incredule, un insieme di sensazioni sconosciute e terribili, vergogna accoppiata all'irrisione degli astanti, tutto questo mi provocò un immediato calo totale del testosterone che un attimo prima mi sembrava uscire dalle orecchie. Me ne andai, con la coda tra le gambe, pesto ed umiliato, avendo imparato a meglio valutare le forze di chi mi stava di fronte. La valutazione delle corrette strategie fu perfezionata solo anni dopo, con una attenta lettura dell'Arte della guerra, testo fondamentale di Sun Tsu di cui però parleremo un'altra volta.

4 commenti:

giardigno65 ha detto...

e una bella bistecca sull'occhio

Fabio ha detto...

Anch'io da ragazzino ero un po' come te. Tante volte ho subito, ma un giorno, stanco delle continue prese in giro di un mio compagno reagii energicamente. Il mio avversario ne uscì veramente male e...-oggi ci sei piaciuto con Franco - mi dissero gli altri compagni. Provai fastidio per quell'apprezzamento e, in seguito evitai comunque le risse e i provocatori. Un caro saluto, Fabio

Sandra M. ha detto...

La convivenza funziona con metodi educativi e non coercitivi, credo. Quei metodi "goccia-a-goccia" che partono da lontano, iniziano fin dai tempi della culla. Quei metodi che hanno fatto sì che la tua aggressività evolvesse. Quei metodi che hanno fatto sì che Fabio provasse fastidio per gli elogi degli amici.
Bellissimo racconto

Enrico Bo ha detto...

@Giar - credo che mia madre mi abbia pure menato, altro che bistecca.Allora si usava così.

@fabio- Il caso è diverso, mi è capitato di avere delle reazioni esagerate in seguito a quelle che consideravo vessazioni evidentement, una volta ho spaccato una stecca da bigliardo su un braccio di un amico. Qui invece ero io ad essere immotivatamente aggressivo e a cercare la lite senza ragione.

@Sandra - Ti assicuro che dopo quei due pugni in faccia la mia aggressività si è subito assopita.

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