sabato 3 marzo 2012

Lettere dal Laos 15: Un mercato Hmong.


Donna Hmong.


Roditori.
La strada di ritorno è sempre più lunga di quella dell'andata; rimarchi di più i disagi e apprezzi di meno i panorami mozzafiato che ormai ti sembrano dovuti. Un alito di sollievo ti dà la grotta di Tham Pha circondata da una sterminata distesa di bouganvillee dai colori carichi. I grandi Buddha dorati inducono a mantenere il disagio dello stomaco sottosopra, ad un livello di ragionevole atarassia. Però, lasciati alle spalle i moniti e gli interrogativi posti dalla piana delle giare, c'è davvero voglia di colore e di movimento. All'incrocio con la strada che scende verso Luang Prabang, il mercato Hmong di Kiewkacham  risponde in pieno a queste aspettative. E' un punto obbligato di sosta e quindi, secondo un meccanismo comune in tutte le culture, luogo obbligato in cui spontaneamente nascono i mercati. Qui si trova un fitto seguito di bancarelle soprattutto alimentari, in cui la gente di montagna dei villaggi vicini viene a proporre le sue povere cose assieme a ciò che offre la foresta. Con la rutilante ricchezza dei frutti esotici, molti banchi offrono materiali e proposte alimentari discutibili, altre di difficile interpretazione oppure semplicemente curiose. 

Volatili e bacche.
Qualche donna ha ancora il proprio costume tradizionale, i bimbi sono tutti dotati del cappellino di ordinanza ricamato e coloratissimo, forse rimarranno gli ultimi baluardi della tradizione. Le donne sanno di essere oggetto di curiosità e si offrono volentieri, pur sapendo che l'acquisto delle squisitezza che propongono sarà, nella maggior parte dei casi, evitato. Tong è di grande aiuto nel segnalare e interpretare le cose più strane. Ecco spiedini di rane affumicate, rondinini ed altri uccelletti glassati, forse tolti precocemente dalle uova rubate ai nidi, grossi roditori spellati e grigliati in pose contorte, la cui misura corrisponde a delle notevoli pantegane, pacchi di granchi di fiume ancora vivi e pronti per la pentola che agitano le chele in una disperata richiesta di aiuto ed ancora strane uova ripiene, pesci seccati e odorosi, verdure sconosciute e ricche all'apparenza, offerte in cartocci di foglie di banano. I cibi già pronti, poi si susseguono in una serie di banchetti take away che offrono spiedini di ogni tipo, dalle zampe di volatili vari, ad ogni tipo di carne e di pesce grigliabile. Vedo una bella offerta di grandi germogli di bambù, che più piccoli del solito, dovrebbero essere molto teneri e quasi quasi propenderei per l'acquisto, ma il vigile Tong, mi mette subito sull'avviso. 

Spiedini
Il germoglio non è il prodotto edule come parrebbe ad un osservatore poco attento, ma il contenitore. Infatti in ognuno di essi si è imprigionato, volontariamente, in quanto se ne ciba goloso, un bel verme rossastro grosso quanto un dito, una vera squisitezza, nonché fonte di proteina nobile, sempre ambita da queste parti, che, bollito con tutto il germoglio, verrà successivamente mangiato ben rassodato e saporoso. Direi, assolutamente un presidio locale, che potrebbe attirare l'attenzione di slow food e del nostro Carlin, che unisce ad un tempo la ricerca del gusto alla salvaguardia della tradizione locale. Pare che le larve ben cotte siano in realtà più dolci del miele e il piatto rappresenta anche una divertente scommessa, in quanto tu non sai a priori se ti capiterà un misero vermetto o se, più fortunato, non avrai in sorte un bel vermone, grasso e tondo di una decina di centimetri. Non è detto che non ce li troveremo qualche volta al nostro Salone del Gusto, chissà, potrebbero incontrare. 

Germogli coi vermi.
Fatta scorta di arance e banane, oltre che di un assaggio di piccole rapine rosse di bosco, per la verità un poco allappanti, lasciamo questo luogo di delizie per precipitare nella valle sottostante che corre lungo le volute ed i meandri contorti del fiume Nam Khan, che segui dall'alto dei crinali che scavalcano le colline coperte di bosco fitto. Ancora villaggi di capanne e poi fermatevi, vi prego, vicino ad un anonimo caffé, più o meno al km 354. Bisogna tirare il fiato, sdraiarsi sulle stuoie di uno dei piccoli belvederi di frasche, lanciati a capofitto nel vuoto e godere di queste viste spettacolari sulla valle, sulle volute del fiume, sui profili accidentati delle montagne lontane, lasciando scorrere il tempo, senza la fretta di arrivare. Una pace infinita, questo è il meglio che può offrire questo tranquillo paese.

Rape di bosco.

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3 commenti:

fiore selvatico ha detto...

Mi hai fatto ricordare questa cosa che condivido.Passeggiavo per i campi vang vieng,incontrai un bambino,si spavento della mia presenza,nascondeva qualcosa,alla fine mi fece vedere cosa aveva,due toponi,li per li intuii ,che pensava che gli li rubassi,,ahahah

Massimo ha detto...

Mentre da un lato si puo' capire questa povera gente che si ciba di cio' che trova in natura, dall'altra bisogna anche mettere in evidenza che nel sud-est asiatico il commercio di selvaggina, tra cui innumerevoli specie in pericolo d'estinzione, e' un business ricco che sta decimando la biodiversita' di questi luoghi, il mercato principale e' la Cina.

Il Laos da quando si e' "aperto" e ha creato infratrutture, ha anche facilitato tale commercio e la velocita' con cui foreste e specie animali scompaiono non e' neanche quantificabile.

Purtroppo, come succede a tutti, si accorgeranno dell'errore quando sara' troppo tardi.

Una notizia curiosa, e' stata aperta in Laos una fattoria per l'allevamento di insetti commestibili. Grazie al loro apporto proteico, ed essendo considerati delikatessen da queste parti, potrebbe forse essere la soluzione a tanti problemi nel mondo: http://www.koimano.com/articolo.asp?id=1181 .

Comunque la zuppa con uova di formiche rosse e' buona :)

Enrico Bo ha detto...

@Fiore - bella esperienza comunque eh, 'sto Laos!

@Max - Considerata la quantità di insetti (in peso naturalmente) potrebbe essere una soluzione. ma da noi la coltura dei lombrichi con susseguente torta , non ha attaccato, non so perché.

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