Ho appena finito Ti ammazzerò stasera di Marco Neirotti, un
grande giornalista scrittore, di cui mi onoro di essere amico. Potrei dire
soltanto: finalmente un libro utile, ma nella sua prosa spigolosa e dura che ti
respinge e attira morbosamente allo stesso tempo, leggi anche un pesante
affresco del momento che stiamo vivendo e che dovrebbe costringere molti a
fermarsi un attimo a pensare, a decidere dove e come vogliamo andare a finire.
Il racconto è breve ed iconico come le tragedie dei grandi commediografi della storia
e non so se, volutamente o meno, risponde bene alla regola antica delle tre
unità.
Unità di luogo, perché la vicenda si svolge in un piccolo paese dell’Astigiano,
ma che potrebbe essere una delle tante comunità di questa travagliata Italia;
unità di tempo, perché tutto si svolge nell’arco delle 24 ore, in un fulmineo
susseguirsi di eventi che ti incalzano con la furia della loro evidente
inevitabilità e unità di azione, perché il protagonista vero di questo thriller
anomalo, di cui già conosci l’assassino fin dall’inizio, ma non sai se ci sarà e
chi sarà il morto, non è qualcuno di specifico, ma un sentimento, corposo e
spesso, che permea ogni pagina, l’odio, proprio quello che intorno a noi, giorno
per giorno, sta montando a dismisura, come nutrito da un lievito maligno,
sparso a pioggia da non si sa chi, ma che gonfia continuamente e si allarga
come il virus purulento di una epidemia mefitica, una peste medioevale che non lascia
speranza, infettando ogni angolo ed ogni ambiente.
Solo pochi, pochissimi nella
storia hanno una sorta di immunità naturale, ne sono quasi immuni o per esserci
già passati o per benedizione senza merito e tentano in qualche modo di
mettersi di traverso alla malattia, nata chissà come, ma abilmente diffusa da
untori abili e ben conosciuti. Un libro avvincente, nelle cui pagine certo,
leggi anche le esperienze di vita dell’autore, del suo mestiere che lo ha
portato, cercando e scavando in tanti fatti e situazioni di cronaca italiana,
tra i più famosi e truculenti, a tirare fuori anche emozioni, sguardi, scampoli
di vite umane e di certo, anche se lui negherà sempre, situazioni vissute e
reali da traslare all’interno del suo angoscioso raccontare. Mi piacerebbe
davvero che lo leggessero in molti questo libro, di certo riconoscerebbero
qualcuno, un vicino di casa, un collega d’ufficio, un avventore del bar che
frequentano, forse qualcuno riconoscerebbe addirittura se stesso e magari
questo fatto, che dovrebbe generare almeno un minimo di orrore, lo spingerebbe
a pensare; forse questo libro potrebbe davvero servire a qualche cosa.
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