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giovedì 6 luglio 2017

Recensione - Ristorante Al Bacioch - Lobbi.



L'immagine può contenere: cibo
foto Al Bacioch

Non servono conferme al fatto inoppugnabile che internet  con l'avvento dei social è diventato un luogo straordinario per l'analisi dei comportamenti e delle espressioni umani, in particolare parlo di quei siti in cui la gente ha l'opportunità di esprimere ipropri giudizi sull'operato degli altri. Il fatto che il contatto sia indiretto quando non anonimo dà libero sfogo alle pulsioni più orribili presenti dentro di noi per cui tutti si sentono liberi di aprire il sacco e pronunciare nella maniera più violenta, volgare ed esagerata, critiche sanguinose che mai farebbero di persona, travalicando spesso ogni limite di correttezza e di veridicità. Mi dà un gran gusto leggere le opinioni di booking o di trip advisor sui vari locali per cercare di interpretare soprattutto la violenta bramosia di colpire e di fare male che percorre questi mezzi che pure dovrebbero essere nelle intenzioni soltanto un modo di valutare asetticamente qualche cosa. Un'altra cosa interessante è la disparità esagerata dei vari giudizi, per i quali un locale è per alcuni il paradiso in terra e per altri un inferno in cui si è inconsapevolmente caduti. Pur facendo la tara dei commenti prezzolati di amici o nemici commerciali, diventa difficile capire come questo sia possibile, ma diventa specchio di questo mondo in cui si vive in una sorta di falsa democrazia dove la prima cosa che si chiede è non solo la libertà di dire e scrivere la prima scemenza che ci passa per la testa, ma soprattutto la pretesa che gli altri stiano ad ascoltare. L'offesa più grave è in generale, non l'avere reazioni contrarie al proprio scritto sulle quali anzi si brama iniziare litigi verbali infiniti, ma il non averle affatto. 

Premesso ciò sono sempre curioso di andare a provare di persona qualche locale, su cui ci sono giudizi particolarmente contrastanti. Uno di questi è il Ristorante Al Bacioch di Lobbi, reso noto recentemente anche dal famoso programma televisivo, Cucine da incubo di Cannavacciuolo. Se date un'occhiata preventiva a Tripadvisor noterete subito che la maggioranza dei giudizi, che di solito si posiziona nelle valutazione intermedie, in questo si pone invece agli estremi, o tutto esageratamente buono o al contrario tutto pessimo. Intanto bisognerebbe premettere che quando dai un parere su un locale dovresti partire valutando quello che il locale stesso promette con la sua tipologia, la sua offerta, la scelta di posizionamento che fa. E' da idiota criticare una osteria dicendo che non è elegante o un ristorante che offre un menù fisso, criticandolo come poco vario, mi sembra. Bene questo ristorante vuole presentarsi come un locale tradizionale e casalingo, una trattoria specializzata nella griglia  con menù fisso e prezzo molto contenuto.  Anche lo stile del locale si pone con un tono burberamente simpatico, come quando c'era scritto sulla porta di ingresso: Si mangia quello che c'è, per quello che non c'è, mutismo e rassegnazione, che dovrebbe rappresentare il carattere del proprietario ex militare prestato alla griglia. Dunque questa è l'offerta chiara del locale. Menù fisso a 20 € che prevede: Pallina di robiola condita, piattone di salumi del territorio, tartare di carne cruda, farinata di ceci dal forno in cortile, un secondo a scelta dalla griglia tra Spiedoni di carne mista (800 gr.), Tagliata di Angus, Gamberoni, Branzino, Costata di fassona, Salamini del Mandrogno, tutti in porzioni generose. Infine gelato con macedonia. 

Le bevande (acqua, vino sfuso e birra), i contorni e i formaggi, sono a buffet e a volontà. Ora se qualcuno, dopo aver letto quanto scritto fuori del locale e ampiamente pubblicizzato sul sito entra e lo boccia dicendo che è vegetariano e che non ha mangiato nulla o un'altro che afferma di non aver voluto intenzionalmente ordinare la tagliata di Angus (la specialità del locale) perché in Italia c'è tanta ottima carne e non capisce perché bisogna usare quella estera, definiscono da soli la loro intelligenza, mi sembra. Veniamo alla qualità, criticata da molti (osannata da altri). Intanto credo che per dare un giudizio coerente, bisogna partire sempre dal rapporto qualità/prezzo e qui il costo, bevande incluse offerte a volontà in una carriola colma di ghiaccio, ricordiamolo è di 20 €, mentre l'altra sera sono stato in una sedicente pizzeria e ho mangiato una cattiva pizza, birra e caffé per 15 €. Esaminando i vari piatti (tutti correttamente presentati per essere in una trattoria) devo dire che la robiola era gustosa, i salumi di Barabino, forse il migliore produttore della provincia, la farinata assolutamente ottima all'altezza delle migliori ovadesi, la carde abbondantissima, tenera e grigliata correttamente (chi era con me si è pappata 5 bei gamberoni, i vicini lo spiedone "impiccato" enorme e che apparentemente colava succulenza e golosità), i contorni, una serie di insalate normali e formaggi standard. Gelato con macedonia di fragole, albicocche, frutti di bosco, molto buona. Il vino sfuso (criticato da alcuni che non si sa cosa beve in giro quando ti rifilano solo caraffe di porcheria) è delle ben note cantine di Vinchio (in parte di Maranzana), di cui ogni conoscitore sa il livello. A parte il caffé (2 €) fatto con miscele speciali, a me è capitato una miscela indiana del Karnataka che ho apprezzato moltissimo anche per motivi personali. Ora l'unica cosa che ti può destare perplessità è come facciano a darti quel po' po' di roba a quel prezzo. Il servizio è puntuale e garbato e l'ingresso esterno (qualcuno critica entrambi) in linea con lo stile del locale. Meglio non arrivare troppo tardi perché i secondi, dovendo essere preparati con un certo tempo di griglia, quindi potrebbero non essere più tutti disponibili a fine serata. Quindi non adiratevi se finiti gli spiedoni la simpatica ragazza in sala ti dice: se venivi prima li mangiavi! E' una battuta insomma, nello stile del locale. Insomma direi un giudizio assolutamente positivo da ripetere se hai voglia di carne. 

Aperto dal mercoledì alla domenica. - 0131.691178  
Prenotate che è sempre pieno.

PS al momento questo ristorante risulterebbe chiuso.


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giovedì 11 dicembre 2014

La storia di Checco


Yangon - La grande pagoda



Ragazza Birmana
Da quando son tornato, tanto per riappropriarmi di un pezzo di vita sociale, ho ricominciato a frequentare qualche locale. Circondato da facce lugubri convinte che tutte le cose vadano male, che parlano solo di politici corrotti e disonesti e intanto vigliacco se mi fanno uno scontrino. Tutti a lamentarsi degli altri, onesti solo quando non si ha la possibilità di rubare. Il paese è così, bisogna farsene una ragione ed esprime la classe politica che si merita. Io temo che il problema non sia da ricercarsi nella congenita disonestà, questa è una cancrena millenaria che forse, azzardo, è insita nella genetica dell'uomo e non vi illudete c'è da tutte le parti del mondo, ma nello scivolare di un paese verso quell'area dove ci si adagia nella neghittosità accidiosa senza più premiare la capacità e la voglia di fare. Ecco allora che si seguono quelle sirene politiche che sbandierano la propria voglia di onestà assoluta e poi non sono capaci a fare nulla, la realtà è che il disonesto ruba un pezzo di formaggio, mentre l'incapace fa andare a male l'intera forma. Trionfano gli imprenditori che sperano solo sulle svalutazioni competitive o sulle delocalizzazioni per sfruttare momentaneamente un basso costo della manodopera, situazione illusoria e passeggera, invece di farlo per conquistare nuovi mercati, incapaci di innovare e di rischiare, allignano i sindacalisti legati ad un passato fatto di slogan e disinteressati a collaborare alla creazione di condizioni efficaci, gigioneggiano e pontificano gli anziani abbarbicati ai loro privilegi, pronti a criticare tutto, delirando sulle meraviglie di un passato meraviglioso quanto inesistente, bramosi di lavorare fino ad 80 anni mantenendo i loro ragazzi, criticandoli, al bar a giocare alla playstation, molti dei quali, pur molto più preparati della generazione precedente trovano tutto sommato comodo questo stato di cose. 

Per le vie di Yangon
Accidenti che pistolotto! In realtà voleva solo essere una premessa generica al raccontarvi una storia, perché girando qua e là, incontri persone che lo sconfessano completamente questo quadro un po' triste e melanconico. Ho incontrato Checco a Yangon. Sorriso largo e simpatico, comunicativa che ti fa capire subito che la persona si trova a suo agio in ogni situazione. Anche lui era uno dei tanti ragazzi italiani che qualche anno fa si guardava in giro per capire come poteva indirizzare la sua vita. Mezzo napoletano ma cresciuto in Veneto, certo, tanta buona volontà e determinazione, mica star lì a girarsi i pollici, si guardava intorno e intanto faceva tre lavori senza riuscire a mettere insieme uno stipendio decente. Convintosi che bisognava allargare un poco l'orizzonte ha colto la prima occasione che ha intravisto e se ne è andato da un conoscente a Santo Domingo. Ha imparato a fare le pizze, mica a costruire pile nucleari o a trovare la cura per il cancro e ha cominciato a lavorare. Ma forse il suo segreto non sta nell'essere capaci a fare bene le pizze, per quello forse non è necessaria laurea e master bocconiano, ma nel modo in cui si rapporta con quello che fa e con le persone che gli stanno intorno. Perché le cose vengono meglio se ti ci confronti con positività e convinzione, cosa che è contagiosissima e conquista anche chi ti circonda, che in questo modo alla fine ti apprezza e ti aiuta per il meglio. Fatto sta che il nostro Checco in una dozzina di anni ha girato una decina di paesi, Thailandia, Giappone, Dubai, Kuwait, Turchia e via cantando, sempre avviando ristoranti di successo, addestrandone lo staff. Ha collaborato all'apertura di Eataly negli Emirati tanto per dirne una. Già, perché nel frattempo che migliorava la qualità della sua pasta da pizza, forse perché se ci credi tutto si impara, o forse perché è una sua dote naturale, è diventato molto bravo ad organizzare ed addestrare un team di gestione, tratta tutti i suoi collaboratori innanzitutto come persone, li sa motivare, sa come far loro amare quello che fanno e come creare una squadra e dopo un po' guarda caso, tutti vogliono collaborare solo con lui e seguirlo nelle sue decisioni. 

Ecco la pagina del Daily eleven di Yangon
Ha provato a tornarci n Italia, che in fondo casa è sempre casa, ha resistito un mese, poi è scappato. Adesso da quasi un anno ha avuto l'incarico di lanciare un ristorante a Yangon e lui per primo è rimasto affascinato dalle opportunità che questa città, in grande sviluppo è pronta a concedere a chi ha voglia di buttarcisi e diciamola tutta, fa i soldi con la pala. In nove mesi il locale è diventato uno dei più frequentati da tutta una clientela facoltosa di locali e di stranieri stanziali o di passaggio. Un mese fa il quotidiano di Yangon ne ha fatto un lungo articolo citandolo come la miglior pizza del paese, scusate se è poco. Ed è davvero buona, così come le paste che tanti occhi a mandorla ormai ordinano con golosità. E' soddisfatto Checco, lo si vede da come sorride e da come gli fa piacere venire a sedersi vicino a te per chiacchierare un po'. Certo guadagna un sacco di soldi, lo chiamano per consulenze da tutte le parti, per aprire nuovi ristoranti, per addestrare personale. L'altro giorno uno yankee di passaggio, proprietario di una decina di pizzerie nel New Jersey, forse abituato alle mappazze che gli americani chiamano pizza, gli ha chiesto come facesse a fare una pasta "so soft and crispy" e quando lui gli ha detto quanto gli offrono come consulente per risolvere queste situazioni, è quasi svenuto. Adesso i proprietari del Parami Pizza, gli fanno aprire altri due ristoranti a Yangon, siamo proprio in pieno boom. Intanto lo chiamano dagli Emirati, da Istambul, dall'Arabia Saudita, si sa la cucina italiana è molto popolare nel mondo. E lo chiamano continuamente anche qui, i clienti per complimentarsi, dalla cucina, per il tocco finale e tutte le ragazze in sala, che per la verità lo guardano con quell'occhio languido che significa tante cose. Ma il suo sogno è quello di aprire un locale tutto suo, magari proprio qui in questa città così difficile da vivere, ma dalle gigantesche opportunità, oppure in qualunque altra parte del mondo che poi alla fine è così piccolo. Andatelo a trovare Checco se passate da Yangon, una pizza così la mangerete raramente, ma soprattutto conoscerete lui, uno dei tanti ragazzi che ti fanno sentire orgoglioso di essere italiano. Ciao Checco, buona fortuna e facci sognare.

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SURVIVAL KIT

Parami Pizza Restaurant - 11/C, corner Malikha st. - Parami Road- 7th quarter, Mayangone, Yangon- Proprio sul lago Inya. Ristorante di pregio, anche piuttosto costoso secondo i parametri birmani (sui 20 $) Pizze fantastiche, paste e altri piatti italiani con qualche occhieggiamento alle cucine d'oriente, obbligate, data la clientela. Aperto 7 gg dalle 7 a mezzanotte. Se ci andate in taxi da downtown cercate di evitare l'ora di punta, perché la strada da 10 minuti si allunga di almeno un'ora. (taxi 5000K)

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sabato 9 agosto 2014

La pierrade!

Foto A. Ripandelli


Foto A. Ripandelli
Ogni tanto bisogna tirare il fiato. Quindi si prescrive di unirsi ad un bel gruppo di cari amici e andare a mettere le gambe sotto al tavolo in un luogo dove sei sicuro e tranquillo di non avere sorprese, anzi hai la garanzia di trovare il piacere di essere accolto come un amico più che come un cliente e che ti verrà servito qualche cosa che darà un senso alla tua serata. Dunque di questo posto credo di avervi già parlato una volta, ma repetita juvant e quindi vorrei ribadire che il ristorante I cacciatori di Sabina e Cristiano, 41, Regione Castel Del Bosco - 10060 Roure (TO) - tel: 0121 809841, è forse il migliore in cui potrete fare sosta in Val Chisone e penso di non sbagliarmi affatto. Inutile confermare l'ambiente cordiale, l'ottima qualità dei cibi, la loro curata presentazione e last but don't least i prezzi molto morigerati e di questo ho già parlato, ma questa volta vorrei sottolineare anche la possibilità di avere, dietro prenotazione, serate con piatti specifici. Data la presenza nel nostro gruppetto di trimalcionici mangiatori, di un congruo numero di amanti della buona carne, abbiamo gradito la proposta di una serata con protagonista la cosiddetta pierrade, piatto presente in tutta l'area del Delfinato. 

Una cosa in fondo semplice semplice, trattasi di null'altro che di una lastra di pietra appositamente arroventata su cui vengono messi a sfrigolare ed a cuocersi con calma le più diverse parti che la fantasia propone. Si comincia con la serie delle vivande grasse, che hanno anche il compito di ricoprire la pietra di un corretto strato di untume saporoso che darà aiuto anche a quanto seguirà. Fette di pancetta tagliate piuttosto spesse, si alternano a salsicce, wurstel e capocollo, seguite a distanza da larghe fette di petti di pollo e bistecche di manzo di giusta consistenza. Una serie di salse, dal gaspacho alla senape di Dijon, accompagna ed arricchisce di sapore la parte carnivora. A questo si aggiunge un congruo numero di uova sode, che divise a metà giacciono sulla pietra a raccogliere i sentori di quello che li ha preceduti, per poi essere annegate in una deliziosa salsa tonnata. 

Foto A. Ripandelli
Parte poi in alternanza, il trionfo delle verdure, radicchio rosso, fette sottili di cipolle di Tropea e poi melanzane, rosse ciocche di peperoni, sottili strisce di zucchina dolcissima. Infine su appositi sostegni di stagnole, robuste fette di stagionata toma di montagna da sciogliere al calore intenso per arricchire ancora di più quanto ha preceduto. Il materiale si sussegue sulla pietra rovente, continuamente rabboccato in caso di bisogno. Quando pare che nessuno riesca ad ingurgitare ulteriore quantità di pietanze, la pietra, libera ormai di gusti salati, viene asportata, prontamente ripulita e rimessa in opera per un ultimo e ormai meno gravoso compito. Ecco arrivare infatti vassoi ricolmi di fette di mela, di arance e banane, da scottare spietatamente, quindi ricoprire di zucchero di canna e infine aspergere di abbondante Grand Marnier. Vino a fiumi e a suggellare il tutto un buon caffè, per un conto di 26 € cadauno; direi di cominciare a prendere nota per prenotare.


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giovedì 22 maggio 2014

Kandinskij all'Arca di Vercelli

Kandinskij - Composizione su bianco
Ieri era la giornata che per tradizione dedico, grazie all'invito di amici carissimi, alla mostra annuale presentata dall'Arca di Vercelli sugli artisti del '900. Quest'anno, cessata la collaborazione quinquennale con il Guggenheim, è iniziata una nuova serie con il Museo nazionale di San Petroburgo, dedicata a Kandinskij. Si tratta di un gruppo di opere di rilievo di questo artista russo, che ripercorrono la sua carriera artistica fino al 1922 e che mette in rilievo soprattutto il legame con il mondo della Russia Siberiana della sua infanzia, con tutti i richiami alla natura e alle influenze di quella terra estrema, partendo da quella atmosfera onirica generata dai riti sciamanici e dai racconti popolari ascoltati da bambino. Scorrendo il percorso si riesce ad apprezzare bene il cammino che ha portato Kandinskij al graduale abbandono delle forme figurative fino ad arrivare all'astrazione del Blaue reiter. Dura fino al 6 luglio, quindi avete ancora tempo per gustarvi le 22 opere esposte, in aggiunta ad alcune altre di artisti russi suoi contemporanei, che aiutano a capire di più il senso del percorso artistico. 

Inoltre per meglio comprendere i suoi punti di partenza, sono esposti un gruppo di oggetti rituali di tradizione popolare e sciamanica, provenienti dalla fondazione Poggianella, di forte suggestione. Ma poiché non di sola cultura vive l'uomo, provvedo anche a segnalarvi anche, a qualche chilometro dal centro di Vercelli, in un piccolo paese tra le risaie, Lignana, un gradevolissimo locale per rifocillarvi con una tutto pesce (ma se andate a pranzo prenotate prima, richiedendolo, altrimenti avrete solo l'offerta pizzeria). Si tratta di: La Rada - Corso Garibaldi, 70 - 13034 Lignana (VC) - 0161.314349. Abbiamo avuto delicato e tenerissimo polpo su salsa di patate, pasta al nero di seppia sapida e profumata, pesce a cotto a bassa temperatura e tortino di verdure, in salsa di peperone e panna cotta alla Nutella, il tutto presentato con molta cura dallo chef Gianluca Boda. Non posso dirvi niente del costo perché tanto per cambiare ero ospite, ma direi che il rapporto qualità/prezzo dovrebbe essere, a naso, molto interessante. Lo raccomando assolutamente.


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venerdì 26 luglio 2013

Tajarin cun le garitule.

Vi avevo già parlato qui  di questo ristorantino adatto a chi risale la Val Chisone, Ai Cacciatori di Roure, in cui si torna volentieri. Quindi non starò di nuovo a raccontarvi la solita favola del lupo del rapporto qualità prezzo.Volevo invece portare la vostra attenzione su un piatto molto interessante, i tajarìn cun le garìtule, che capita di rado di assaggiare, causa la ormai non facilissima reperibilità di questo delizioso fungo. Il finferlo come si sa è una vera squisitezza per amatori, profumato e delicato al tempo stesso, che il ristoratore medio,  in generale, lesina in quantità a causa del prezzo, che lievita come il pane fatto con le giuste farine. Qui invece ne avrete un bel piattone generoso in cui i deliziosi miceti si mescolano con la fine pasta fatta in casa in proporzioni più che dignitose. Appena colti nel sottobosco dei vicini castagneti, mantengono tutta la loro consistenza e profumo, quindi sconsigliata l'aggiunta di parmigiano che ammazzerebbe il delicato equilibrio  del piatto. Naturalmente li troverete solo per un breve periodo, quando i raccoglitori della zona forniscono il ristorante con quel che hanno trovato la mattina, ma se sarete raccomandati, come me, ve li terranno da parte. Non serve dunque oltre parlare del flan di zucchini e menta alla fonduta, del filetto di trota in carpione o dell'assaggio gentile di un fegato alla veneziana in forma assolutamente delicata, preparato su ordinazione da altri, ma di cui non abbiamo voluto privarci. Né del coniglio alla ligure o del roast beef morbidissimo e neppure dei classici persi pièn di cui vi ho già parlato altrove. Non mancate, se non ha già finito la quantità che produce in casa, il digestivo liquorino all'alloro di un verde mirabile che appaga l'occhio, oltre che la papilla. Niente foto stavolta che ho lasciato a casa la macchina fotografica. Bisognerà ritornare.

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lunedì 15 ottobre 2012

Piccoli piaceri.


 

Volete un posto dove condurre la fanciulla dei vostri sogni che stenta a cedere e stupirla con effetti speciali e che contemporaneamente non vi spiumi, ma abbia ancora un costo ragionevole, anche se proporzionato a quanto vi offre? Non dite che non sono un amico, ma questa segnalazione è d'obbligo. Segnate dunque e andate a vedervi il sito, elegante almeno quanto troverete in questo bel ristorantino a due passi dalla nebbiosa Alessandria. Ristorante Donatella - Via Umberto I 1 - Oviglio (AL) - 0131.776907. Lo stile e l'eleganza, non sono contorno secondario, quando la cucina vuole essere anche un piacere e quindi, una tantum, concedetevi un piccolo lusso che vi aiuterà a stare un po' meglio, se siete un poco intristiti. Verrete accolti in una sala ben arredata nella pace di una casa che affaccia sulla piazzetta al centro del paese. 

Solo pochi tavoli ben spaziati per non essere infastiditi dai vicini, elegantemente apparecchiati per offrire su grandi piatti una serie di squisitezze in cui, anche la curata presentazione fa parte della soddisfazione finale. Intanto, assieme ad un vassoio di molte varietà di pane fatto in casa da sbocconcellare nell'attesa,  aprirete le danze con una croccante triglietta impanata su salsa di porro delicatissima, gentilmente offerta come pre-antipasto. Poi, io ho avuto un trionfale uovo poché con fonduta di Roccaverano e porcini. Che delizia quando la forchetta affonda la bianca superficie e il rosso sembra scoppiar fuori effondendosi sulla sapida crema avvolta dal profumo di sottobosco! Un'emozione, che chi vi accompagna, apprezzerà sicuramente predisponendolo/a a pensieri positivi verso di voi. 

Al primo non ho voluto staccarmi dalla tradizione del tipico agnolotto alessandrino ai tre stufati, armonioso e completo connubio di  sapori (lasciando con dispiacere le tagliatelle ai porcini, come la stagione avrebbe consigliato). Per il secondo mi sono fatto tentare dalla assoluta morbidezza dello stinco di fassone piemontese, in teneri blocchetti che si scioglievano al contatto col palato ingordo che a fatica poteva trattenerli un poco per assaporarne il gusto pieno e senza asperità. Chi era con me ha optato per  una succulenta pancetta di maialino da latte dalla pelle croccantissima e golosa accompagnata da una giusta purée di mele e confettura di cipolla di Tropea. Un calice di un'ottima barbera in omaggio a questa terra, non ci è stata male. 

Come resistere poi al trionfo dei dolci la cui sola presentazione vale l'ordinazione. Scelta difficile tra il semifreddo al cioccolato con rum e vaniglia o tra una bavarese ai marroni con crema di caki a cui ho ceduto definitivamente. Abbiamo invece dovuto abbandonare sul campo con dispiacere il cannolo ripieno al gianduia e mascarpone o i molti gelati fatti in casa che invitano al ritorno, magari per provare l'interessante menù di mare. Anche il vassoio finale di piccola pasticceria si distacca dalla consuetudine, accompagnando ai mini dolcetti, bicchierini di crema al frutto della passione, palline di sorbetto alla menta con l'anice e altre squisitezze che vi faranno chiudere in bellezza la giornata. Suvvia uno strappo si può fare, soprattutto se volete festeggiare qualcosa di importante a cui tenete molto. La stella Michelin che Donatella può vantare da qualche anno, non conterà molto, ma vorrà pure dire qualcosa.




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domenica 23 settembre 2012

Riso amaro?


La Darola



Riso Amaro.
L'equinozio d'autunno apre la porta a alle riunioni conviviali dell'anziano, sempre bisognoso di ravvivare i ricordi, come i bimbi amano assillare il genitore a farsi raccontare la stessa fiaba di continuo, rappresentazione senza la quale non riescono a prendere sonno tranquillamente. Per la persona agée invece, il bisogno è probabilmente dato dal desiderio di ottundere i sensi cancellando dalla mente gli avvenimenti dell'attualità e le considerazioni sociopolitiche. Eccoci dunque al consueto appuntamento coi compagni di università, questa volta nella pace operosa della risaia vercellese, sublime visione di land art, che riempie di quadretti bordati la piana sconfinata, una immensa tela di Mondrian dove perdere lo sguardo nell'essenzialità delle righe nette che delimitano l'oro delle spighe ormai cariche e pronte per la raccolta. Tutto questo in una delle più belle cascine della zona, la Darola, una spettacolare corte chiusa dove ti senti subito circondato dai fantasmi delle centinaia di persone che la abitavano e dall'esercito di mondine che calavano qui fino a pochi decenni fa, gioia e delizia del padrùn da li beli braghi bianchi che in calessino percorreva gli argini, programmando serate bollenti sull'aia, altro che festini trimalcionici in toga e mantello. 

Al contadino non far sapere.
Eccola là, lungo l'argine spuntano i seni aguzzi di Silvana Mangano e il suo riso amaro che ha segnato un'epoca. Per i vecchi ragazzi invece, la sequela degli amarcord, dei professori terribili, di quegli esami da cardiopalmo, con la reiterazione infinita di episodi memorabili. Ma non credo che questo possa interessarvi più di tanto, si tratta di storie che emozionano solo chi le ha vissute, meglio quindi ragguagliarvi sul concreto; prendete dunque nota di questo indirizzo: Ristorante Il Convento, Via Hermada 3A - Trino Vercellese, (0161.801325). In un ambiente curato ed elegante, dopo un semplice aperitivo, subirete per 35 euro un assalto di antipasti, che con una selezione di affettati, vi proporranno due delicate quenelles di una crema di formaggio sapientemente miscelate alle noci con qualche fettina di pere alle spezie, seguite da un agrodolce  di peperoni con olive e pinoli e un classico carpaccio all'Albese, profumato al sedano. Infine ecco arrivare quello che mi è parso il tocco di classe più azzeccato, l'uovo morbido impanato disteso pigramente su un letto di crema di patate al tartufo, che quando il vostro cucchiaio affonderà, aprendo il sottile involucro dell'albume rappreso, rilascia deliziosamente il liquido tuorlo ad abbeverare la crema profumata in un matrimonio sensuale e goloso. Un tripudio di sensi da appagare e prontamente appagati. 

L'uovo al tartufo
Ma incombe subito una mezza forma di parmigiano dove insaporisce un Carnaroli sapido e cremoso. Se mancasse un risotto di tal fatta, non saremmo nel Vercellese. Consiglierei di non perdere una seconda porzione. A seguire la faraona al forno con la frittura mista dolce, dal semolino alle mele pastellate. Essendo stati ancora leggeri, ecco incedere un sapido arrosto di coppa, pervaso da un appropriato profumo di ginepro e patate. Una torta chantilly vi segnalerà che è ora di passare in giardino per la tazza di caffé. Onesto dolcetto di Dogliani per condire il pasto, ma attenzione, il controllo dell'alcoolemia è puntuale e costante nella zona. Non vengono comprese nella fornitura maschere di maiali, ne toghe alla romana, d'altra parte siamo in un antico convento e non mi sembra il caso, al massimo qualche barzelletta della gioventù ormai sfiorita. Insomma un rapporto qualità prezzo encomiabile, scovato dagli amici vercellesi che ci hanno organizzato una giornata davvero gradevole. Ma adesso prepariamoci ad altre fatiche.

Il risotto!


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domenica 5 agosto 2012

Agnolotti al barbera!


Un post di servizio, perché quando ce vo' ce vo'. Dunque se state risalendo le valli olimpiche ormai dimenticate, con gli impianti desolantemente e colpevolmente in rovina nel disinteresse generale a partire dai trampolini di Pragelato, dopo aver superato Perosa, mentre state affrontando la strada verso Sestriere, assai prima di avvistare la grande muraglia piemontese del forte di Fenestrelle, arriverete a Castel del Bosco, frazioncina ai lati della strada poco prima di Roure. Alla vostra sinistra un piccolo pergolato preceduto da un comodo parcheggio, al centro del paese, vi inviterà alla sosta a questo ristorante Ai Cacciatori (C. del Bosco 41/43 Roure -TO - tel. 0121-809841), che vi darà una certa soddisfazione, con un rapporto qualità/prezzo di tutto rispetto. Che poi intendiamoci è quello che conta, perché son tutti capaci di stupirvi con effetti speciali a 150 euro a coperto. 

Qui invece, se la stagione lo consente, seduti nello spazio esterno, sarete coccolati da un menù della tradizione piemontese, non disgiunto da una notevole cura nella presentazione. Ecco dunque i classici antipasti, i salumi, le acciughe "barice" in un mordente bagnetto verde su crostone ben tostato, il battuto di carne cruda di piemontese, il ricco e morbidissimo vitello tonnato, il delicato flan ricoperto di fonduta. Ampia scelta di primi con i porcini che la fan da padrone nei sughi delle tagliatelle, gnocchi alla bava succulenti, ma soprattutto non mi perderei, anzi ve la impongo assolutamente, la scodellona di agnolottini del plin alla toma, che il calore del piatto scioglie in delicate gocce di piacere, irrorati da un generoso barbera, piatto molto tradizionale ma decisamente imperdibile. 

A seguire, abbondanti porzioni di coniglio o bocconi sapidi di cinghiale nella spessa salsa scura o la classica tagliata di sottofiletto, che la carne è una delle forze del Piemonte. Non fatevi mancare un dolcino scelto tra bunet e panna cotta o meglio ancora dei formidabili "persi pién", le due grandi valve di pesche gialle ripiene di un impasto di cioccolata e amaretti sbriciolati che il calore del forno amalgama in maniera mirabile a deliziare le vostre ormai esauste papille. Un buon bicchiere di vino a prezzi onesti (tanto per gradire un grignolino Prunotto a 14 euro) e prima farvi portare un conto attorno ai 30 euro (ma anche meno), non perdetevi la cortese offerta di un liquorino all'alloro fatto in casa, assolutamente squisito, ma solo per i clienti più simpatici (dite che vi mando io). 






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lunedì 9 agosto 2010

Fritto misto al Gran Truc!

Oggi mi corre assolutamente l’obbligo di una citazione. Sabato era la festa di Pramollo, piccolissimo centro di poche case, in una delle valli laterali valdesi. L’esibizione prevista dei Lou Dalfin è stata una molla ineludibile. Come tutti fans accaniti, non appena nota la location dell’esibizione, io e l’amico Giulio ci siamo preparati all’evento (altro che U2) scendendo verso valle già nel primo pomeriggio. Raggiungere questa deliziosa località è assai semplice, infatti, non appena arrivati, seguendo la statale del Sestriere, a San Germano Chisone, si prende la strada che dopo il paese si inerpica per qualche chilometro per una valletta laterale dall’aspetto selvaggio e solitario.

Si sale subito e decisamente tra borgate isolate fino a raggiungere dopo poco il poggio, dove Pramollo è mirabilmente esposto su una balconata naturale rivolta verso il piano. Mentre il popolo occitano, ansioso di scatenarsi ai ritmi della nostra band favorita, affluiva a poco a poco intasando di macchine i pochi spazi non usi alla pressione delle masse, noi, pur sostenendo la preponderanza dell’arte e della cultura su ogni altra cosa, ci siamo diretti verso un luogo che primariamente desse sostegno fisico, convinti che un corpo debilitato, mal si attagli ad apprezzare l’arte, men che meno ad intraprendere le attività coreutiche che la serata prevedeva. Il nostro obiettivo è stato dunque l’albergo Gran Truc (dare un'occhiata al bel sito da cui ho preso l'immagine per farvi invogliare,) , in posizione dominante sul borgo, con una terrazza protetta, disposta per apprezzare gli ultimi raggi del sole che pennellano i contrafforti verde cupo della valle, posti come quinte naturali al confine della pianura.

Dietro quella di destra, occhieggia lontana la rocca di Cavour, sul fondo ti par di indovinare, nel tremolio dell’umidità dell’aria, una Torino estiva sonnacchiosa e semideserta. Il locale non è scevro da una certa eleganza che ben ti dispone ad accomodarti con piacere nella sala con la colonna in pietra e le travi di legno antico a vista. Il menù propone una buona varietà di antipasti tipici piemontesi, dai salumi, alla carne all’albese, al vitello tonnato, ai tomini al verde e così via, mentre per i primi sceglierete tra gnocchetti alla toma, lasagnette ai porcini, crepelle tradizionali ed altre piacevolezze, il tutto in porzioni generose, ma noi che non siamo del tutto sprovveduti e che eravamo qui giunti, sull’onda di una precisa segnalazione, abbiamo subito chiarito all’amabile anfitrione che il nostro target era una strafogata di fritto alla piemontese, di cui ci erano state narrate meraviglie. Ecco dunque che, accompagnato da un dolcetto di assoluta gradevolezza, siamo stati destinatari di un ragguardevole vassoio ricolmo di bistecchine tenerissime, salciccette croccanti, bocconcini di pollo e poi le classiche animelle e filoncini, il tutto così leggero ed aereo e senza alcuna traccia della sgradevole untuosità spesso frequente in questo piatto, da invogliarvi a tentare di finire tutto anche se il vostro fisico ed il buon senso vi consiglierebbero di trattenervi. Infatti l’altra metà del gran vassoio è dedicato alla frittura dolce, dall’amaretto, ai piccoli e voluttuosi baci di dama, ai biscottini ripieni di marmellata e alle rondelle di mele, per terminare con i dadini di semolino dalla croccante e dorata panatura, assolutamente deliziosi che ti obbligano a finirli, l’un dopo l’altro come le ciliegie.

Questi son la vera spia della qualità del fritto misto e del valore dell’olio adoperato; nessuna pesantezza, nessun gusto sgradevole a sfiorare, turbandola, la delicata dolcezza del cubetto. Non siamo riusciti a finire tutto e ci siamo quindi concessi solo un monumentale gelato alla crema con Grand Marnier, che come di dice in Piemonte, disnàusia. Il caffè ci ha quindi rimesso definitivamente in pace con il mondo. Alla richiesta del conto, in questi casi si teme sempre la sorpresa, anche se non si può non ammettere che la qualità va pagata ed in effetti sorpresa c’è stata. La gentile incaricata infatti ci chiede 24 Euro, che mi sono di buon grado disposto a pagare, dopo che l’amico aveva già consegnato i suoi, alla romana come giustamente si usa. Ma la signora me li rifiuta con sguardo interrogativo, precisando:- No, fa 24 in due.- Siamo rimasti entrambi basiti, constatando che evidentemente è possibile, fornire una qualità eccellente ad un prezzo decisamente allettante, unito alla piacevolezza del posto. Io, dopo aver dato un occhiata al sito, fossi in voi mi affretterei a studiare la cartina per programmare una visita conoscitiva, tenendo conto, se vi pare, che al venerdì, prenotando, si può avere un menù tutto di pesce.

E subito è cominciata la lunga notte, mentre le ghironde e le pive dello strepitoso Berardo e dei suoi Lou Dalfin (vedere il sito) popolavano il grande prato di centinaia di aspiranti occitani saltellanti, al ritmo di rigudùn, farandule e courente. Solo le stelle sopra di noi, i ballerini si dispongono in file alterne per il Brand de chevaux, sembra rock duro, il ritmo ti penetra sottopelle come la scossa della chitarra elettrica, ma è stato scritto nel 1582. E' come per il fritto misto, la roba buona non muore mai. Lontanissime nella pianura, le luci della città tremolano nella notte.


P.S. L'amico Giulio, commosso, sottoscrive.

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martedì 6 aprile 2010

Profumo di qumkat.

Mi sono accorto che, nella mia precipitosa fuga verso i monti, l'altro giorno, non ho neppure fatto gli auguri di Pasqua a nessuno. Sono proprio uno zotico senza la minima netiquette. Vuol dire che mi scuserete anche perchè ormai passata la festa con quel che segue. Però nella fretta mi sono anche scordato di darvi conto della tradizionale puntata rivierasco marzolina dai contenuti gastroculinari interessanti. Da qualche anno infatti è diventata gioiosa abitudine per un ristretto gruppetto di amici (che invito qui a commentare a loro volta con un supplemento di recensione culinaria) fare un salto primaverile nell'entroterra di Varazze nel periodo clou dei carciofi, per uniformarci ovviamente agli indottrinamenti sempre più insistenti della stagionalità a Kilometri zero. Quindi, invece di fare fare scioccamente (come ogni giorno insinua nelle nostre menti Slow food e compagni) tanta strada a un Tir di carciofi per arrivare sulle nostre lontane mense, abbiamo fatto noi un centinaio di kilometri con due auto per andarcene a mangiarcene un paio di kili. Questo è un po' il senso di quanto si sente oggi in TV, dove acuti giornalisti e interessati rappresentanti di associazioni varie osannano il successo di queste vacanze, in cui milioni di persone hanno percorso centinaia di km per andare in agriturismi a consumare cibi a km zero. Scusate se mi sfugge il senso globale della cosa, ma come sapete io, di agricoltura ci capisco poco e quando sento parlare di "naturale" mi viene subito l'orticaria, sono allergico si vede. Però questa è una scusa banale, in realtà il senso del post è che la segnalazione di questo posto la devo fare assolutamente. Usciti a Varazze prendete dunque la contorta strada per il Sassello e dopo circa 4 km girate a destra su una strada che risale il fianco della collina verso il piccolo abitato di Casanova. Arrivati alla chiesetta, seguite l'indicazione "La vecchia fattoria" che vi farà percorrere un viottolo per alcune centinaia di metri fino ad un poggio che domina tutta la valle. Qui, una trattoria senza pretese, dove non ci sono camionisti perchè i camion non ci passano, troverete (su ordinazione) la miglior combinazione agnello-carciofi che possiate immaginare ad un prezzo assolutamente contenuto. Sì lo confesso, punitemi pure, ho mangiato l'agnello tenerello e un po' me ne vergogno, ma fino a che non diventerò definitivamente vegetariano, lo equiparo al mite vitellino e al bravo e altrettanto buon maialino verso il quale ho ancora maggiore simpatia. Comunque, siamo subito partiti con delicati e profumatissimi ravioli di borragine al sugo di carciofi (nessuno del tavolo si è sottratto alla seconda razione, tanto per capirci) che hanno aperto la strada a grandi vassoi con piramidi di teneri tocchetti di agnello e carciofi, tenerissimi entrambi da cui, oltre ai profumi delle erbe liguri, che, sempre a km zero riempiono i vasi davanti al giardino della trattoria, siamo stati travolti per la impagabile scioglievolezza delle carni e dalla totale mancanza di fibrosità dei carciofi stessi. Una vera delizia, da non mancare. Abbiamo chiuso con crema catalata e creme caramel che come dicono in Piemente, disnausia. Un vinello leggero tanto per non bere solo acqua, ma come sapete, il carciofo è nemico del nettare di Bacco. Tutto a volontà, passeggiata inclusa sulla terrazza, per apprezzare una delle prime belle giornate di sole, guardando la valle, circondati dai profumi della Liguria e dal delicato agrodolce sapore delle piante di qumkat. Ognuno ha potuto così sgranocchiare il piccolo agrume direttamente dalla pianta (accentuandone fortemente la fragranza, addirittura col cm zero). Abbiamo già la prenotazione aperta per il prossimo anno (con gli auguri pasquali anticipati).

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