giovedì 11 giugno 2009

Anatra laccata.

Se non era troppo freddo, o troppo caldo, o troppo ventoso, o se non pioveva (sono un po' troppo meteoropata?) ero solito, quando stavo da quelle parti, fare due passi a Tien An Men. Quella grande piazza ha un fascino irresistibile, come la piazza Rossa a Mosca. Cammini, cammini ed i fatti della storia passano sotto i tuoi piedi senza lasciare traccia, più forti nella memoria degli occidentali occasionali, che ritengono di capire tutto e misurano con il loro metro i fatti della storia altrui. Poi traggono le loro conclusioni e si irritano perchè non trovano corrispondenza con il sentire della gente che cammina al loro fianco. Allora cercano subito spiegazioni dietrologiche; forse non sanno, non sono informati, forse fingono per paura. Il fatto che non gliene freghi niente, non è contemplato. E la piazza sta lì, con le migliaia di cinesi che si fanno le foto davanti al mausoleo, i ciclorishiò che cercano di accalappiare qualche turista, la Chang An dove il muro di auto ha sostituito ormai completamente il muro di biciclette scampanellanti. Forse è meglio lasciarla lì la grande piazza ed inoltrarsi nelle stradine sul fronte opposto alla Città Proibita, nel quartiere del commercio, quello che ai tempi di Marco Polo ospitava gli stranieri. C'è un famoso ristorante, più che centenario, dove servono la tradizionale anatra laccata. Una cerimonia vera e propria. Arriva il chirurgo bardato ad accompagnare l'(ex) pennuto già steso sul tavolo operatorio. Con un bisturi affilato, comincia ad affettare sottili striscioline di pelle con poca carne attaccata e le depone su un piatto di portata. C'è uno schema fisso naturalmente ed ogni anatra deve dare invariabilmente un numero fisso di strisce (108 se ricordo bene; inoltre il numero 8 finale è augurio di buona fortuna). Sul tavolo mani sapienti hanno già deposto un piatto con sottili e piccole piadine morbide. Se ne prende una sul palmo della mano e, con le bacchette, vi si depone dentro qualche pezzetto di cipollino, una strisciolina di anatra e abbondante salsa marrone proveniente dalla laccatura. Si forma quindi un involtino, ripiegando con cura i lati della cialdina e poi te lo pappi, bevendo abbondante thè verde bollente che un inserviente ti tira nella tazzina da un metro di distanza, lanciando un sottile getto da un lungo cannello di un antico contenitore. I primi pacchettini te li confeziona amorevolmente qualche fanciulla in abiti tradizionali, poi ti devi aggiustare da solo. Ci deve essere un giusto equilibrio, tra la pelle croccante e quasi dolce, il morbido grasso sottopelle, la poca carne più sapida, il pizzicore del cipollino e il maestoso tono suadente della salsa. Niente spigolosità, armonia nei gusti, nelle sensazioni, nelle consistenze. Corretta proporzione tra yin e yang. Gridare troppo forte in piazza, non va bene; cambiare troppo in fretta le cose provoca disequilibrio e il grande corpaccione dell'impero di mezzo teme soprattutto questo, gli scossoni improvvisi, i cambiamenti troppo repentini che provocano malattie gravi secondo l'antica medicina cinese. Anche la stragrande maggioranza dei cinesi crede molto alla medicina tradizionale e non si vuole ammalare facendo cure di cui non sente il bisogno. Per questo ama molto mangiare l'anatra laccata, anche se in fondo si mangia solo la pelle. Però, come sapete i cinesi sono molto pragmatici, così, quando esci, oltre al certificato che attesta che tu hai mangiato la tremilionesima e rotti anatra da quando è aperto il ristorante, ti danno anche un pacchetto con dentro il resto dell'anatra, così la carne te la mangi a casa il giorno dopo e anche lo yin e yang del tuo portafoglio rimane più equilibrato.

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