giovedì 18 dicembre 2008
Cronache di Surakhis: 3. Risolvere la crisi
L'umore di Paularius era ondivago e su opposte estremità, come la dura climatologia di Surakhis. La crisi sembrava al suo culmine; nel cielo le tre lune erano completamente nascoste dalla spessa coltre di nubi color cyano, mentre la temperatura scendeva sotto i - 80°C e cominciavano a flocculare fiocchi di neve di metano. Le borse di tutta la galassia erano in picchiata, cominciava una deflazione incontrollata che faceva gioire solo i ricchi pensionati dell'Impero, le banche prestavano crediti solo a chi dava figli, mogli ed un proprio organo in anticipo a garanzia ed il mercato languiva. Per fortuna che, da quando l'80% degli schiavi si potevano avere in affitto, aveva potuto liberarsi di quei mangiasbobba a ufo. Le agenzie di affitto ne sopprimevano la maggior parte, certo non si poteva mica fallire per mantenerli con le mani in mano, e comunque di quella gente se ne trova sempre e quando ci sarebbe stata la ripresa si poteva sempre istituire qualche tipo di tassazione con l'alternativa di dare un figlio in schiavitù. Ma non era quello il momento di pensare a queste cose. Con una faccia da funerale e la rabbia impotente che gli covava in corpo misurava a larghi passi il salone deserto, gettando un'occhiata distratta ai fiocchi verde-azzurri che danzavano al di là dei finestroni stagni. In questi frangenti gli venivano in mente i suoi primi anni a Surakhis, quando si arrabattava per sistemare il suo futuro e non aveva tempo per niente che lo distraesse; a suo figlio, che era arrivato troppo presto, quando non avevano ancora né denaro, né tempo da dedicargli. Lo avevano fatto sopprimere, anche se Lilya era tendenzialmente contraria e adesso, quando ci pensava, in fondo un po' gli spiaceva. Non aveva nessuno a cui lasciare la miniera e tutto il resto. Non poteva spendersi tutto in professionali intersex vegane. Quella sera aveva disdetto le solite due che Lalumai gli mandava dopo cena. Gli piaceva lasciarsi andare tra quei tentacoli morbidi, farsi cullare dalle loro trifonie lente e dissonanti, sentirsi sollecitare dalle ventose voraci che sembravano desiderare il suo corpo flaccido e puzzolente (tanto le Vegane non hanno narici), ma quella non era serata. Non riusciva a vedere uscite dalla crisi e anche se l'imperatore dai boccoli d'oro predicava ottimismo, i suoi contatti gli davano previsioni sempre più cupe. Lo risvegliò dal torpore un interfono di Kzwkhz da Larus che lo avvisava delle decisioni subcoperte del governo centrale. Iniziare a coprire la colossale montagna di debiti governativa moltiplicando i crediti teorici futuri, che si sarebbero potuti ottenere impegnando figli, nipoti e 3 o 4 generazioni a venire. Provocare una svalutazione colossale che liberasse lo stato dai propri impegni e rialzare i prezzi delle materie prime con una guerra generale. Il nemico era già pronto; l'immigrazione da Andromeda era ormai insopportabile per tutti, gente sporca, violenta e attaccabrighe, con smanie religiose incongrue. Il partito delle Camice Viola della Lega Trisex aveva fomentato una corretta campagna di avversione e ne bastonava qualcuno di tanto in tanto tra l'approvazione generale. La Chiesa Universale del Buon Amore era d'accordo, avrebbe dato il Deus Vult ufficiale. Così si sarebbe approfittato anche per sistemare le piccole pendenze ed eliminare quei bastardi di Orchitoidi. Un lieve sorriso lo illuminò e si forbì il muco che gli colava col bordo della tunica di morbido pelo di slot. Quasi quasi era il caso di interfonare a Lalumai.
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