giovedì 5 novembre 2009

La fabbrica della ruggine 2.

Aveva gli occhi piccoli, il padrino e ti squadrava con un chè di indagatorio che dava inquietudine. Di certo la sua coorte era terrorizzata quando veniva al suo cospetto, lo si intuiva dal veloce andirivieni silenzioso che gli girava intorno, per filare via di fretta, come di chi ha un sacco di cose da fare, in modo sovieticamente inusuale. Era piuttosto corpulento e le foltissime sopraciglia e le dure pieghe agli angoli della bocca, un marchio di fabbrica evidentemente, non ammorbidivano il testone, sul collo tarchiato da mugiko e il gessato blu scuro che lo infagottava, aiutava a dipingere il personaggio. Dopo un'altra pausa, uscì con una domanda da buon piccolo padre, con un tono che voleva sembrare pacioso. - Che novità ci portano oggi i nostri ospiti che arrivano da lontano?- Informato in precedenza delle necessità, cominciai a tirare fuori dal cilindro un po' dei conigli che mi portavo appresso, depliant e campioni. Lo colpirono molti i pieghevoli lucidi e colorati che illustravano la nostra azienda e di certo mentalmente faceva il paragone con le slavate carte che ci avevano dato sull'attività della fabbrica. Quando arrivò quasi di corsa una segretariotta tondeggiante con alcuni flaconi di shampoo e detersivi, che rappresentava l'ultima produzione, opachi e tondeggianti, con le bave di politene che rendevano approssimativa anche la chiusura, un tappaccio storto e che perdeva anche un po', estrassi dalla borsa delle meraviglie la nostra proposta, uno spettacolare contenitore con impugnatura, lucido e perfetto, con un trigger spaziale che che spruzzava anche se tenuto al contrario. L'etichetta autoadesiva a dodici colori con ologramma, rendeva l'oggetto del desiderio ancor più stettacolare. Se lo rigirò un po' tra le mani, poi il corpaccio gerontocratico si sciolse di colpo e si aprirono le cataratte dell'emozionalità. In generale la gente non ha idea di cosa sia il marchio Italia, quando si va all'estero. Si parte con un enorme vantaggio che noi sottovalutiamo prepotentemente. Tutto quello che proponiamo viene etichettato aprioristicamente come il più bello, il più elegante, il più raffinato possibile. Se la merce tedesca è identificata (anche qui spesso a torto) come quella meccanicamente più efficiente, essere italiano ti dà automaticamente la patente della cosa più desiderabile e non puntare su questo fattore o disconoscerlo senza sfruttarlo a fondo, è veramente suicida per un popolo che deve fondare la sua economia sull'esportazione. Fatto sta che l'atmosfera si fece molto familiare nel salone-ufficio e la schiera di segretarie, le lavoratrici effettive, erano assolutamente intimidite da tanta inusuale informalità. Quelle decorative invece (tanto per cadere nel gossip, Andrej ci aveva chiarito l'intensa attività parallela che il Padrino aveva durante le ore di riposo nella adiecente camera personale) continuavano a guardarsi le unghie lanciando solo occhiate di sguincio da sotto le lunghissime ciglia caucasiche. La componente pilifera dell'area è decisamente al disopra della media, comunque. Si dovette brindare all'incontro con del buon cognac armeno anche se l'ora di pranzo era lontana, poi il potente, ormai conquistato, calò dalla cattedra, mi prese sottobraccio e magnificando con occhi lucidi un suo viaggio a Venezia, impose un inusuale giro dell'azienda in cui volle personalmente farci da guida, tra lo stupore degli astanti. Ci spostammo per i larghi spazi interni sulla Volga nera di ordinanza, guidata dallo stesso Padrino che ci mostrò le varie attività senza la tronfia sicumera che gli avevo attribuito in un primo momento. Doveva essere una persona intelligente e non nascondeva a sé stesso la situazione di disfacimento che si prospettava man mano ai nostri occhi. Capannoni in disarmo, la linea di riempimento, italiana naturalmente, vecchia di almeno 40 anni aveva metà dei rubinetti fuori uso, i rabbocchi manuali continui, la qualità del prodotto disastrosa. La zona del soffiaggio dei flaconi, per cui noi proponevamo la nostra macchina, pareva un antro di satana, dove gli scarti di plastica ed i contenitori sbilenchi erano ammonticchiati dappertutto e le macchie di olio ricoprivano un pavimento disuguale. Il locale dove venivano fatte le scatole di cartone era un ammasso di ruggine, la macchina quasi non funzionante, la maggior parte delle operazioni rifinite a mano per rendere il prodotto almeno usabile. I suoi occhi erano diventati tristi, anche quando magnificava la produzione del passato, quella dei tempi felici. Capiva molto bene quello di cui avrebbe avuto bisogno ed i progetti che aveva per la testa non erano affatto mal posti, ma era triste perchè sapeva di non avere un soldo, almeno per il momento e che le tante idee sarebbero rimaste nel cassetto a lungo. Conscio di un mondo che stava finendo e che forse sarebbe stato distrutto prima di ricominciare, rimaneva sulla plancia di comando, con i suoi piccoli vantaggi, mentre la corazzata affondava lentamente. Ci accompagnò al cancello dove era il nostro pulmino e mi abbracciò a lungo prima di andarsene. Evitai il bacio in bocca, ormai ero esperto ed il nostro mezzo attraversò la barriera, un tempo invalicabile, che giaceva rotta al lato dell'uscita, dove si ergeva orgogliosamente la garitta della sentinella, deserta e con il tetto sfondato.

5 commenti:

AdriRips aka Ginevra ha detto...

ce li stai facendo davvero amare, i tuoi personaggi!

giovanna ha detto...

con queste storie si rischia la commozione!
... ma non si offendono dunque se ... *ti sottrai* al bacio in bocca??? :-))
g

Enrico Bo ha detto...

Vedet alla fine 'sti russi son tutta brava gente e dopo qualche bicchiere sembrano e vogliono sinceramente essere amici di una vita. Per quanto riguarda il bacio c'è una tecnica, vai deciso versola bocca protesa, poi all'ultimo istante fai una piccola deviazione, come quasi non voluta e lo baci sulla guancia, stringendolo forte in segno di commozione, che supera come segno di maggiore affettuosità il bacio negato come per sbaglio, non volutamente. Mai ritrarsi naturalmente, ma attaccare in modo frontale oltrepassando il limite dell'intimità! Ci vuole esperienza.

Martissima ha detto...

caspita !!! dobbiamo fare un corso su come evitare baci troppo affettuosi... credo che imparerei velocemente ;-)))

giovanna ha detto...

ah ecco, Enrico,
mi hai levato un dubbio!! :-))
ma caspita, davvero ci vuole esperienza e abilità!!!
ciaoo,
g

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