venerdì 6 novembre 2009

Al mercato.

Trascurerò di raccontare l'incontro con quelli che sarebbero diventati i nostri migliori clienti e di cui ho già parlato altre volte e dato che quel giorno non avevamo altri appuntamenti, volli andare a fare un giro al mercato. I mercati, in generale, insegnano molto dei luoghi dove si viaggia. Si respira un'aria più realistica del posto e si avvertono vibrazioni e stimoli che ti fanno meglio capire il vento che tira in quel particolare momento. Il mercato kolkosiano di Cerkiesk era piuttosto vivace e frequentato, come tutti i mercati del sud e come quelli, decisamente più caciarone dei mercati di Mosca, molto più asettici, anche se, dietro i banchi improvvisati, ugualmente popolato di personaggi che in URSS non si vedevano da molti decenni, con occhi svegli e furbetti, decisamente diversi dalle stanche e svogliate commesse dei negozi di Producty che sonnecchiavano davanti agli scaffali vuoti in attesa di una coda che si formasse non appena girava la voce che era arrivata una partita di cavoli neri o di ciabatte n. 37. Da qualche anno, da quando era stata consentita nei Kolkhoz una produzione personale di beni alimentari, si erano creati questi centri, prima tollerati, poi semiufficiali ed istituzionalizzati, dove i lolkhosiani portavano la loro produzione in eccesso e che era ormai preponderante su quella collettiva che ormai non produceva quasi più nulla. I prezzi ovviamente erano d'affezione, sembrava uno dei nostri mercatini bio con le specialità del territorio, che i cittadini in adeguata disponibilità compravano, aggirandosi avidamente tra i banchi. All'ingresso del mercato, una novità di quei tempi, una piccola porta con scritto Cambiavalute, che ormai ufficialmente aveva sostituito il cambio in nero e anche il cambio tradizionale e che tramutava dollari in rubli. Come mai in una cittadina del Caucaso del nord, priva di qualunque attività turistica o di contatto con l'estero, una nutrita schiera di persone andasse a cambiare giornalmente dollari, avendone quindi disponibilità frequente, sembrava non interessare nessuno, anzi era perfettamente naturale, tanto che si diceva che ci fossero più dollari liquidi in URSS che in America. Tutti regolarmente sotto il materasso. Fatto sta che in pochi mesi di liberalizzazioni, la situazione economica era completamente sfuggita di mano ed era partita la cosiddetta iperinflazija, che aveva colto di sorpresa un popolo che da settanta anni era stato abituato a vedere prezzi immutabili, incisi a sbalzo sulle confezioni di latta. Nel 92, in cui ufficialmente un dollaro valeva 0,8 rubli e al nero 3,5, si era passati rapidamente ad un rapporto di 1 a 100, poi 1 a 500. Quel giorno la porticina grigia aveva un cartello che recitava : 1 dollaro, 750 rubli. Zhenija era di sasso, solo qualche giorno prina a Mosca avevamo cambiato a 550 e questi mutamenti rapidi erano così incomprensibili da generare in lui timore e incapacità di reazione. Girammo tra i banchi dove facevano bella mostra piramidi di polli, conigli, carni di montone appena macellati, cetrioli orgogliosi, cavoli neri e altri prodotti dell'orto. C'era poi un settore con guanti, calze di lana e altri indumenti fatti in casa, mutande usate, sciarpe pesanti. Non mancavano in un angolo cassette di banane e arance, prodotti un po' strani per essere surplus dei kolkhoz viciniori, ma tant'è ormai era scoppiata la liberalizazija fratelli e c'era spazio per tutto, tutto era concesso, libertà, per chi avesse avuto i soldi per permettertesela. Una vecchina, ferma lì davanti, guardava quei frutti con occhi difficili da interpretare; desiderio, stupore per qualcosa di cui aveva solo sentito parlare, risentimento per cose che non poteva avere e verso chi stava facendo maturare questa situazione. Senso di ingiustizia forse di chi stava cominciando a rendersi conto che era sul punto di precipitare da una condizione in cui aveva poco ma campava comunque, in una in cui sarebbe stato molto più duro sopravvivere, senza sapere quanto sarebbe durata questa situazione. Una incertezza nuova e spaventosa per chi aveva sempre vissuto in un mondo di sole certezze, perchi era, per età, spirito, capacità, in condizioni di debolezza sociale senza possibilità di reazione. Ai lati del mercato si vedevano sorgere, alcuni ancora in fase di preparazione, dei negozietti veri e proprii, segno che stava finendo l'epoca in cui si veniva condannati a morte per crimini commerciali se il giro d'affari superava i diecimila rubli. Mentre guardavo i vari tipi di compratori che tastavano con cura le cosce dei polli prima di tirare fuori i fasci di rubli, Andrej portò la mia attenzione su un tizio, piccolo e quasi nascosto dietro un grosso colbacco di volpe grigia che parlottava con fare circospetto con un donnone che offriva teste di montone dagli occhi tristi. La gigantesca matrioska rivestita con un grande scialle colorato, armeggiò un po' in un cassettino da cui estrasse un mazzetto di banconote che fece scivolare nelle mani del tipo che sgusciò via, apprestandosi ad un altro banco dove cominciò a parlottare con un vecchio e rugoso venditore di cavoli e conigli vivi. - Mafia cecena - mi sussurrò Andrej all'orecchio. Una sistematica riscossione di pizzo in piena regola. Come si estendono in fretta le nuove abitudini! Cominciò a nevicare più forte e c'era fango dappertutto; ce ne tornammo dunque in albergo dove cercai di spiegare bene ad uno Zhenija completamente stranito, quello che accade nei periodi di iperinflazione e come cercare di difendersi al meglio buttando tutto in beni rifugio. Si consolò quando gli dissi che avendo tutti i suoi pochi risparmi racchiusi nei dollari che aveva accumulato negli anni passati poteva stare ragionevolmente tranquillo anche se continuamente vigile all'evolversi dei fatti ed andò a dormire sereno. Come agli altri dipendenti del nostro ufficio, gli fregarono tutto le finanziarie piramidali che dopo qualche anno si diffusero a Mosca come le mosche appunto. E' il progresso ragazzi.

2 commenti:

Martissima ha detto...

durante i viaggi, i mercati sono i luoghi che andrei per primi a visitare...trovo che lì la gente sia più genuina e si ha l'idea delle prime differenze o similitudini che posssiamo avere con quel popolo....il progresso ha bisogno di un lungo e difficile cammino per la maggior parte dei russi, e specialmente i più deboli economicamente saranno sicuramente disorientati e molto preoccupati ancora adesso... per quel che ho potuto constatare 4 anni fa..

Enrico Bo ha detto...

certo, ma in Russia i più deboli più che disorientati e preoccupati sono stati completamente massacrati e ridotti alla fame e alla miseria più nera da una liberalizzazione che ha prodotto un meccanismo di aggregazione primaria di capitale che ha favorito solo pochi svegli e feroci banditi (che naturalmente erano nei posti chiave anche prima) e coloro che si trovavano nella posizione e con le forze di inserirsi nella scia. Sono stati dieci anni molto duri per la gente "normale". D'altra parte se un popolo che ha passato 70 anni con Stalin e compagnia, dopo l'esperienza, rivotava al 35% per i neocomunisti qualche motivo ci sarà pure. E ancora oggi se sei fuori dal sistema produttivo, se sei un pensionato e non hai un figlio che ti mantenga, laggiù non sono bei momenti.

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