giovedì 28 gennaio 2010

Passione bruciante.

Volammo dunque, quella volta, sulla riviera maya per finire la vacanza che, anche per la bambina, era stata abbastanza faticosa anche se densa di emozioni piacevoli. Per la verità sconsiglierei a chi fosse interessato al Messico, questo tipo di vacanza marina, che, pur se di riposo, dà ben poco in più della riviera romagnola, con anche molti punti a sfavore per chi cerca queste cose. Anche località che un tempo erano meno affollate come Playa del Carmen, oggi sono ostaggio di una massa opprimente di gente che poco vi potrà dare dal punto di vista della conoscenza del paese, meglio allora scivolare più in giù verso i cayos del Belize che ha spiagge sicuramente più belle e più vicine al vostro immaginario del Caribe. Così, anche se il caldo d’agosto era davvero opprimente, noleggiammo l’ormai noto maggiolino giallo e ci spostammo prima verso Tulum, un piccolo sito della civiltà Maya ormai in declino, sorta sul mare attorno all’anno 1000 e che deve alla posizione straordinaria, il suo fascino. Immaginate lo sbalordimento di Juan de Grijalva che risalendo la costa vide per primo la cinta di mura sulla scogliera e dietro, gli edifici dipinti di colori accesi e il grande fuoco sulla torre di guardia; che stupore vedere i primi indios atterriti di fronte alla grande nave velata. Poi li sterminò quasi tutti naturalmente, ma sono state tutte anime guadagnate alla cristianità, quindi in fondo… Sotto le rovine, piccole spiagge deliziose dove rinfrescarsi senza riuscire ad evitare il sole, ma intanto, se non è il vostro primo giorno, sarete già orribilmente scottati come wurstel sulla griglia. Girovagammo lungo la costa, col parco divertimenti di Xcaret (anche qui deve esserci giustamente la Mirabilandia locale), ma avevamo la scusa della bambina che voleva vedere i Voladores e fare il percorso sotterraneo nelle caverne carsiche di un paio d’ore con pinne e maschera (mica male in verità) e uno strepitoso cenote vicino alla costa, un buco largo più o meno 300 metri e largo altrettanto, col fondo coperto di acque verdissima e scure che nascondeva chissà quali orribili misteri nelle sue viscere. La sera si finiva a Playa del Carmen, allora ancora un villaggio con una popolazione turistica numericamente accettabile e piccoli alberghi ancora spartani o in qualche bungalow lungo la costa. Un bel bagno ristoratore, una bella cena e poi a letto presto. Era mezzanotte, quando ci svegliò un gran frastuono e un rumoreggiare forte, fuori della camera che dava su un piccolo patio pieno di fiori. Dato che l’assembramento aumentava, ci alzammo per vedere cosa stava capitando. In realtà aveva preso fuoco la pensione vicina e le fiamme lambivano già il terzo piano. La stradina era piena di gente, mentre la proprietaria disperata gridava a tutti di prendere le proprie cose e di andare verso il mare. Corremmo dentro a svegliare la pargola che, assonnata non ne voleva sapere, poi mettemmo tutto sull’auto, bambina inclusa e parcheggiammo più in là sotto le palme. L’incendio era abbastanza imponente anche a una certa distanza. Si susseguivano le voci di bombole del gas in procinto di esplodere, mentre la proprietaria, italiana, che aveva lasciato soldi e documenti in un cassetto segreto, convinse il suo amore locale a sfidare le fiamme per andare all’interno a recuperarli; di fianco a noi, due ragazzi italiani, completamente straniti, che tornavano dalla discoteca poco più che in costume da bagno e che così rimasero, avendo tutti i bagagli nel punto dove più alte erano le fiamme. L’incendio perse forza, non essendoci più nulla da bruciare, verso le tre, quando non rimasero che spuntoni, travi annerite e fumo; finalmente arrivarono trafelati i bomberos da Chetumal, ma visto che non c’era più niente da fare, se ne andarono. Pare che, nel sottostante ristorantino, un gruppo di turisti avessero voluto assolutamente i gamberoni flambé e il cuoco, poco pratico, aveva provveduto, dando fuoco altre che ai camarones, anche al sovrastante soffitto di paglia che in un attimo si propagò al resto. Visto il risultato il proprietario ristoratore, timoroso delle conseguenze, si diede subito alla macchia e risultò rifugiato a Cuba nei giorni seguenti.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Tulum ora e' il sito archeologico messicano piu' visitato per la vicinanza con la riviera Maya. E' stato molto ampliato :ora si puo' visitare anche il paese (naturalmente i perimetri delle case)e non solo gli edifici religiosi e pubblici, Una piacevole sorpresa , visto che io l'avevo visitato quindici anni fa. La zona di Tulum e' senz'altro la migliore anche per fare i bagni, per fortuna meno frequentata di Playa del Carmen (io non l'ho vista ma mi hanno detto di km di hotels e negozi)Ma il Messico e' bello sempre !!

Angelo azzurro ha detto...

Ho capito. Mai ordinare gamberoni flamblè da quelle parti: non si sa mai...!

Enrico Bo ha detto...

Sì mi hanno detto che playa del carmen è ormai come cancun. Io insisto che a 200 km ci sono i cayos del belize...

@angy- assolutamente da evitare!

diego ha detto...

MISTERI DELLA MATEMATICA
non c'entra niente, ma un pò di anarchia ci vuole.

Prova a fare questo calcolo :

13837 x (la tua età) x 73 = ????????

Poi, tanto per ridere prova con l'età di qualche tuo amico....

Enrico Bo ha detto...

mio caro è perchè 13837 x 73 dà:
1010101 che moltiplicato per qualunque numero da lo stesso ripetuto 4 volte.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!