mercoledì 27 gennaio 2010

Un problema di memoria.

Dire memoria è una bella parola, ma bisognerebbe avercela la memoria di quelle cose e io non ce l'ho, non perchè Alzy abbia cominciato sulle mie cellule neurali la sua perfida opera di devastazione, ma perchè, nell'aprile del 46, quando sono nato, lui era già morto da tre mesi. Proprio per questo motivo, io sono stato chiamato Enrico come lui. Non l'ho neppure conosciuto, neanche in quel periodo della vita in cui la memoria ancora non si forma e tutto vola via soffocato dai bisogni primari, forse permanendo in qualche raro ed inconsapevole flash. Così dello zio Enrico, mi rimangono solo le poche cose che mi ha raccontato mia madre e una piccola fotografia formato tessera col cappello da alpino. Nella confusione del '43 fu preso con gli altri ragazzi, militari come lui, forse inconsapevoli di quanto stava succedendo, caricato su un treno merci e portato in Germania a lavorare in una delle fabbriche degli schiavi, credo come quella descritta da Primo Levi, a consumare in due anni la sua giovinezza e la sua vita. Il treno rimase fermo per ore nella stazione di Alessandria, ma mio padre, che era ferroviere, non lo sapeva che il cognato era su quel treno e per tutta la vita si rimproverò di non aver potuto fare qualcosa per cercare di farlo saltare giù da quel treno. Non so neppure dove fosse quel campo e cosa successe realmente. Quando fu liberato e riuscì a tornarsene a casa, qualche tempo dopo la fine della guerra, i suoi polmoni erano irrimediabilmente minati ed in due mesi se ne andò, senza riuscire a raccontare l'orrore che aveva dovuto subire sulla sua carne di ragazzo di venti anni, che non potè conoscere altro della vita. La mia mamma non mi raccontò molto di quella vicenda che segnò duramente i suoi genitori. Era così allora, la mia era una famiglia di gente semplice tesa a migliorare il futuro per me e poco interessata a rimestare il passato, anzi credo che cercasse di dimenticarlo, cercando di farlo scendere in un limbo incerto che lo rendesse meno sgradevole, una sorta di pudore di esibirlo, una voglia di edulcorarlo comunque, quel passato. Anche di politica si parlava pochissimo in casa, era evidentemente un argomento di cui le persone per bene, era meglio non si occupassero; una sorta di incubo di un passato in cui se facevi finta di niente stavi tranquillo, un timore che di nuovo arrivasse qualcuno a chiederti conto di qualche dichiarazione avventata fatta in un momento di distrazione. Anche a scuola le informazioni si fermavano al 15-18. Allora la storia moderna l'ho appresa a spizzichi e bocconi, qua e là, dalle letture, al cinema, dalle chiacchiere con gli amici, perchè allora non si parlava solo di calcio anche tra ragazzi, così si formavano le idee. Ma una visione più chiara dei fatti la ebbi solo a ventun anni in Polonia, a Oschwiencim davanti alla scritta Arbeit mach frei. Le cose apparvero subito più evidenti e la storia di mio zio meglio definita. Però in queste condizioni, non è semplice per me parlare di giornata della memoria. E' più una sensazione nascosta che sta lì senza apparire, senza voler mostrarsi più di tanto, che ti fa trasalire però, quando senti parlare certe persone, quando vedi girare di nuovo camicie e fazzolettini, anche se il colore non è lo stesso, però devono essere le stesse le teste, le facce, gli sguardi sprezzanti ed irrisori di quelli che, le questioni sanno come risolverle, le soluzioni finali sanno bene come trovarle e te lo promettono dietro un sorrisetto irridente di chi sente che il suo potere sta aumentando, con il consenso certamente, di chi la memoria non ce l'ha mai avuta. Povero zio Enrico, chissà cosa ne avresti pensato oggi se fossi ancora vivo, ma, tranquillo, io, per tutta la vita, anche senza una ragione specifica, non ne ho comprate mai di macchine tedesche.

4 commenti:

Angelo azzurro ha detto...

Bel post, davvero.
Zio Enrico si sta girando nella tomba, garantito. E penserà che la sua morte, come quella di milioni di persone, è valsa a ben poco se ancora è presente il rischio di ripetere gli stessi errori.

giovanna ha detto...

Bel post, bel ricordo.
E no, dobbiamo ricordare...
grazie Enri
g

Anonimo ha detto...

E che... quelli con la BMW c'hanno la mamma maiala?
Dottordivago

Enrico Bo ha detto...

@angy-a quanto dicono le urne , pare che la gente non la pensi così o quanto meno se ne freghi
@giò-di memoria ce n'è poca se non non si ripeterebbero sempre le stesse cose.
@doc- va beh, era tanto per dire...

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