Che giornate del cavolo. E' pur vero che alla fine ci è stato chiesto di salvare il paese stando seduti sul divano e non di andare in trincea sotto le bombe, ma queste giornate malinconiche scivolano via silenziose lasciandosi dietro una bava di lumaca sdrucciolevole e velenosa. Dal televisore è tutta una litania di morti e di contagiati, se non peggio e ti tocca anche di subire gli sproloqui di chi, odiando il suo paese e cercando tutte le strade per farlo cadere nel burrone per poi prendere il potere e chi se ne frega dei cocci, lancia maledizioni su tutti minacciando appena potrà di uscire da quell'Europa che lenta e miope, bisognerebbe invece ricondurre, con lungimirante intelligenza e con paziente lavoro ai fianchi, e mai momento è stato più propizio di questo, visto che siamo in buona compagnia, sulla strada della graduale eliminazione dei sovranismi. Così restiamo in attesa di vedere, quando finirà il momento della conta dei morti, quale sarà l'entità del disastro economico che si preannuncia epocale. Ce n'è davvero tanta per cadere in depressione, anche da sdraiati sul divano ad aspettare che passi e certo non aiuta vedere la dolente figura del Papa solo, in una piazza mai così nuda, livida e piovosa, che benedice muto una folla che non c'è più, forse ansimante sulla paglia di uno dei tanti lazzaretti sparsi per il mondo. Pure l'auspicio bisogna farlo. Che chi può, visto che non è stato fatto, ma qualcuno si può permettere di gettare la croce su chi doveva prevedere e non ha previsto, avrebbe dovuto fare e non ha fatto, in una situazione così unica, nuova ed inaspettata e che, se mai per illuminazione divina, avesse fatto, sarebbe stato criticato ancor di più, preso come pazzo, visto che altrove hanno sentenziato proprio così, benché ormai fosse chiaro quanto stava succedendo, che chi può, dicevo quindi, abbia la chiarezza di visione di programmare il futuro in maniera acconcia, non solo il prossimo ma anche quello un po' più lontano, cosa difficile certo da chiedere ad un politico, lo capisco. Che faccia quello che bene illustra un antico proverbio russo, che mi ha ricordato ieri l'amico Gianni, compagno di merende di quei tempi lontani, quando ancora calcavo le steppe della Sarmazia. La slitta si prepara in estate. Cià, faccio ancora un solitario e poi finisco di controllare le bozze del mo ultimo libro sulla Cina, e non si tratta di un instant book.
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