mercoledì 4 agosto 2021

La petneuse

dal web


 Una foto postata oggi da un'amica di FB, un ricordo che va a pescare nel passato, un passato lontano di quelli che non macinano più, ma sono una carezza sul cuore. La foto di un mobile, un mobile anche questo di un trapassato remoto. Chissà quanti di voi hanno ricordo della petneuse o meglio petineuse, ma così si diceva da noi con un vocabolo storpiato dal francese del nostro barbaro dialetto, almeno così lo definiva padre Dante. Si trattava di un pezzo tipicamente femminile, che trovava di certo posto obbligatorio in quei boudoir delle case che se la tiravano e dove si immagina che la padrona di casa sedeva voluttuosamente per toelettarsi. Ne esistevano certo di diversi tipi, ma il mio ricordo va a quella che stava in casa mia, quella della mia mamma, che di certo, nel mio ricordo di bambino, la voluttuosa non faceva, in quella casa ammobiliata a fatica alla fine della guerra. Un tempo che aveva significato miseria, sacrifici e di certo anche fame e privazioni. Tuttavia eccola lì, nella camera da letto matrimoniale, il mobile in oggetto, quasi uguale a quella che ho trovato in vendita sul web (vedi foto), costituito da un grande specchio rettangolare centrale basculante, due mobiletti ai lati dove riporre i materiali da toeletta, belletti e ciprie, stiamo parlando del periodo in cui andava per la maggiore Balocchi e profumi, nota canzone ancora così lontana dai sound dei Beatles che di lì a poco avrebbero cambiato il mondo della musica. Ricordo che il set era completato da tre oggetti in vetro verde, un portacipria, un vasetto porta creme e uno spruzzaprofumo che stavano lì probabilmente per bellezza in quanto per il perdurare della mia infanzia li vidi sempre desolatamente vuoti. 

Anche i due mobiletti a fianco erano vuoti o quasi, al più contenevano qualche set di asciugamani del corredo che la mia mamma si era puntigliosamente ricamata prima di sposarsi a 19 anni, grama fìa. Insomma un mobile assolutamente inutile nell'economia familiare e tecnicamente mai usato per il suo scopo, che tuttavia doveva avere una grande importanza psicologica per mia mamma. Ho saputo infatti da indizi vari e confidenze borbottate a mezza voce, che il solo fatto di possederlo l'aveva messa in forte contrasto con le due cognate che non solo non lo possedevano affatto, ma che evidentemente lo ritenevano status simbol assoluto e per questo la inviavano moltissimo dando la stura ad una serie di continue maldicenze. Avere la famosa o famigerata petneuse significava pur un volersi distinguere dalla massa e di certo la mia mamma era gratissima che il mio papà fosse riuscito ad avere la "mobilia", così si diceva allora, che la comprendesse, anche se nessuno la usava. Quando dovetti disfare la casa, tutti quei mobili anni '40, veramente malandati, finirono in discarica credo e così terminò la storia della petneuse che avendo avuto storia più blasonata, almeno nelle intenzioni, forse non meritava quella fine miserevole, della quale non ricordo nulla se non che la gomma della pompetta dell'spruzzaprofumo era irrimediabilmente indurita e non avrebbe mai più potuto spruzzare alcunché. Chissà se alla mia mamma, mancata qualche anno prima, sarebbe davvero dispiaciuto questo finale inglorioso. Tuttavia la tradizione familiare non è del tutto morta, infatti qui in montagna ha trovato spazio la petneuse di mia suocera, evidentemente era davvero un pezzo piuttosto comune ai tempi, di un tipo molto simile a quello citato dalla mia amica, due lastre di marmo, pesantissime, collegate da piedini metallici. Credo proprio che questa la terremo ancora a lungo. A farle fare la fine della sua collega dovrà pensare mia figlia, quando toccherà a noi.


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1 commento:

Juhan ha detto...

Eh... non quella, i miei erano contadini di quelli des giornà, dev vache ma l'abitudine di disfarsi dei mobili vecchi c'era e continua tuttora.

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