lunedì 23 febbraio 2009

Morte a Venezia

Venezia è sempre stata in cima alla lista dei desideri dei Russi che venivano in Italia. Nel loro immagina- rio collettivo era la città magica che si doveva vedere e vivere almeno un giorno nella vita. Gli uomini per poter raccontare, tornati nelle dacie, tra i cadaveri delle bottiglie di vodka vuote, di aver percorso il Canal Grande in gandòla cantando Oh sole mio e per le donne soprattutto, il luogo romantico per eccellenza, dove lanciare occhiate con occhi tumidi e sognanti ai palazzi, ai gondolieri, alle atmosfere rarefatte di questo gioiello violentato ogni giorno da milioni di barbari con le mani unte di focaccia e di cartacce di pizza al taglio. Che tenerezza vederle, con la testa leggermente piegata, guardare ogni angolo per riportarlo a casa nella mente, come Angela, che, sbeffeggiata da Andrej, implorava che le lasciassimo comprare una gondola gigante che avrebbe troneggiato per sempre sul suo comò. Era praticamente un obbligo, tutte le volte che una delegazija di clienti russi arrivava in ditta, che qualcuno se li prendesse in carico per portarli il week end a Venezia. Quella volta c'era Marat, accompagnato da Eugenio e, poichè aveva solo un giorno a disposizione, partimmo alle 5:30 di una lugubre mattina invernale. Tre ore dopo scendevamo dal parcheggio di piazzale Roma verso il pontile del Canal Grande avvolto da una nebbiolina gelata che nascondeva la città, i suoi palazzi e le poche persone in giro in una atmosfera irreale. Una città meravigliosa, abbandonata, decadente ed in rovina dove, tra i vapori e gli odori che salivano dai canali, comparivano scorci fatati di campi e campielli, di piccoli ponti, di portici antichi, di calli contorte e solitarie dove ad ogni istante ti aspettavi di veder comparire Colombina rimbrottata da un nasuto Pantalone. Qualche colpo di remo di tanto in tanto, era il solo rumore che avvertivi, assieme al cigolio degli scalmi, un frullare di ali di colombi nelle piazzette, le nostre scarpe che scalpicciavano sui gradini umidi per scavalcare i rivi laterali, fino ad uscire dal vicolo che ti mette di colpo di fronte a San Marco, un bianco pugno nello stomaco che ti prende inaspettato con l'oro dei suoi mosaici che tremolano anche sotto la nebbia bassa, mentre sulle cupole il primo sole che riesce a farsi strada, lascia intravedere lo splendore che sarà dispiegato tra poco. Per tutto il giorno girovagammo per percorsi noti e nuovi, che sceglievo con cura per far apprezzare l'unicità della città, per assaporare un ambiente che devi portare con te per sempre, in particolare gli angoli più scuri, segreti, accanto alla gloria dei momumenti. Ce ne andammo a sera, con i soliti piedi dolenti dal troppo camminare. Marat era stato silenzioso, per quasi tutto il giorno, intento a guardare, a commisurare, ad immagazzinare immagini, a valutare e rimase in silenzio anche per tutto il viaggio di ritorno. Solo prima di arrivare in albergo mi fece una domanda, che evidentememnte gli rigirava in testa da tempo. - Gospadin Enrico, ma perchè a Vieniezia le case sono tutte vecchie e rotte, con i muri tutti scrostati e nessuno si occupa di rifarle nuove o almeno aggiustarle? Eppure l'Italia è un paese ricco!- La nuova Russia cominciava a farsi largo nel mondo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

la terminologia usata: "piazzetta", "vicolo","rivi laterali", non è corretta.

piazzetta si dice "campièlo".
Una maniera di divertimento che le mamme veneziane usano per baloccare i loro fanciulletti al primo anno è la seguente.
Prendono la mano aperta del bambino e vi segnano con l'indice dei circoletti sul palmo dicendo adagio: "campièlo,campieleto m'é nato un porcelèto";
indi prendendo leggermente ad una ad una le dita e cominciando dal pollice soggiungono: "questo l'ha visto, st'altro l'ha scortegà, questo l'ha coto, st'altro l'ha magnà, e questo povero pichenìn...(il mignolo) pichenìn... no ghe ne xe tocà...gnanca..un fregolìn".

vicolo: "calesèla"
calèsela del leto: lo spazio tra letto e muro.

i "rivi laterali" sono i rii (plurale di rio).
rio terà' : rio interrato.
rio de peti : il culo...

Questo per la precisione.

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