venerdì 29 maggio 2009

Naturale?

Mi sto appassionando alla discussione che si dipana man mano sul blog tecnico di Bressanini su ciò che è naturale e ciò che è innaturale. Avevo già tentato qui questo argomento più volte suscitando solo commenti stizzosi e inviperiti. Lo so, sulla religione non si scherza ed i credenti specialmente gli adepti dell'ultimora non sono disponibili a confrontarsi, non parliamo di chi su queste cose ci campa. Voglio comunque ritornare sull'argomento ribadendo che io credo che la valenza positiva che ormai il comune sentire dà al “naturale” venga dalla concezione naif che ha inventato il mito del buon selvaggio, amico della natura e difensore inconscio della stessa. Quello che fa la natura è bene, quello che fa l'uomo è male (a parte il buon selvaggio di cui sopra che è ormai parte della natura stessa, quando non è stato sterminato). Pochi si vogliono rendere conto che l’agricoltura, in concetto e in sostanza, è completamente e totalmente artificiale. Nessun organismo animale o vegetale è anche lontanamente simile a 10.000 anni fa, quando più o meno l’uomo da cacciatore- raccoglitore divenne agricoltore - allevatore. Le piante (e gli animali) sono stati modificati in tutti questi anni da un lento ma continuo lavoro di miglioramento genetico, anche inconsapevole o casuale, fino ad arrivare agli organismi che oggi arrivano sulle nostre tavole attraverso oltretutto, a tutta una serie di trattamenti altrettanto “innaturali”. E' naturale fare il vino o un prosciutto o il parmigiano? Ma avete visto un campo di frumento, ma vi sembra una cosa naturale la presenza, l'una accostata all’altra, di quasi 800 spighe per metro quadrato e praticamente nessun altro vegetale? Nessun tipo di coltivazione esisterebbe in natura così come la vediamo. Qualcuno sa che in un solo anno, se non ci fosse l’intervento umano la specie mais scomparirebbe? Il mais (che essendo estremamente plastico è una delle specie più manipolabili) in alcune migliaia di anni è stato trasformato dall’avere 4 o 5 semi sul cosiddetto pennacchio a produrre centinaia di chicchi in una sola spiga così ravvicinati che, cadendo a terra naturalmente, non sarebbero in grado di sviluppare un' altra pianta. Ma questo non interessa molto. Oggi se non cavalchi la tigre del biologico o ti metti contro questa religione, perdi soldi. Come ha già spiegato Dario nel blog, citando un esperimento condotto con criteri scientifici (a doppio cieco per intenderci), se dai alla gente del pane e dici che è bio, lo trova migliore di quello dichiarato non bio, anche se sono perfettamente uguali. Allora, se sei un pocofacente come me, se ne può discutere, se invece vendi prodotti, dai quello che vuole il cliente, arrenditi al bio e vendi a tutto il mondo, agli inglesi, agli americani, ai giapponesi dove dire biodinamico ormai equivale ad un passaporto di eccellenza; anche se il tuo vino non sarà buonissimo o con qualche difetto, lo venderai meglio. Il mondo va in questa direzione. Ho già detto, ma voglio sottolinarlo ancora che, quando qui ho tentato di affrontare l’argomento in modo pacato, i sacerdoti della biochiesa mi hanno subito aggredito stizziti ed ho cambiato argomento, tanto contro la religione non hai armi. Ho visto in TV una signora a cui veniva proposto in regalo un peperone dichiarato OGM, è corsa via per paura di essere contaminata dalle radiazioni, chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che il 90% del grano duro italiano con cui si fa la pasta viene da varietà ottenute negli anni 60/70 (quando in Italia si faceva ricerca in campo sementiero) che sono state prodotte con modificazioni genetiche mediante raggi gamma. Ahahahah, chissà che spaghetto (in tutti i sensi), bisognerebbe passare la notizia a Striscia o alla Gabanelli……

9 commenti:

Ezio ha detto...

Carissimo Enrico, tu sei un uomo del dubbio! un saggio.
Ora sulla questione si aprono due grossi dubbi: da un punto di vista la ricerca scentifica ci consente di produrre dalla stessa superficie di terra molto più prodotto rispetto ad un tempo, questo abbondante raccolto potrebbe tranquillamente sfamare l'umanità anche in prospettive di significative crescite demografiche. Ergo è la nostra salvezza! visto con altra angolazione, l'uso sfrenato ed incontrollato della ricerca biologica potrebbe portarci a cibarci di cibi non genuini, contaminati. Stiamo creando il presupposto per malattie genetiche che potrebbero distruggere l'umanità.
Forse la risposta stà in quella sottile area grigia che strova fra il bianco ed il nero. Vale a dire che è opportuno per il bene dell'umanità sfruttare meglio le capacità della terra ma sotto stretta sorveglianza per evitare utilizzi di "materiali" che potrebbero risultare dannosi per l'uomo. E' il solito scontro fra l'egoismo umano e la disperata ricerca di sopravvivenza.
Ezio

AdriRips aka Ginevra ha detto...

Caro Enrico, credo che le cose stiano abbastanza come dici, ma che per provare a capire perché questo avviene sia utile leggere il fenomeno nel quadro del mutamento davvero epocale in atto.

Anche io come te penso che l'uomo abbia smesso di essere "naturale" molto ma molto tempo fa. Ancora prima dell'agricoltura, si potrebbe forse situare il momento di passaggio nel momento in cui un progenitore ha messo per la prima volta ad arrostire sul fuoco l'antilope appena cacciata, invece di precipitarsi ad ingozzarsene così com'era, "nature". Da lì in poi la storia dell'umanità sta praticamente tutta nell'invenzione continua di "artefatti" (la definizione è di un grande psicologo sovietico, Vigovskj)o "protesi" come le definiscono altri studiosi, che ci hanno permesso di fare via via sempre piu' cose decisamente non naturali, ma molto umane. Chessò, un sistema di segni convenzionali tracciati su tavolette d'argilla per comunicare a distanza, una carrucola per sollevare 10 o 100 volte il nostro peso, un pezzo di vetro ricurvo per vedere grandi le cose piccole, un sistema di timbri e inchiostro per stampare centinaia di tavolette alla volta... E' una storia continua e progressiva, insieme causa e conseguenza dei mutamenti culturali dell'umanità tutta. Ogni nuovo artefatto ci ha permesso di vivere, individualmente e collettivamente, esperienze nuove, e di scrivere un nuovo capitolo del nostro progressivo distacco dal naturale.

Solo che oggi questa storia è entrata in un momento di accelerazione, o che per lo meno qui ed ora avvertiamo come tale. Ogni giorno leggiamo o facciamo noi stessi esperienza di come le tecnologie, da quelle genetiche a quelle informatiche, ci stiano cambiando, davvero, la vita, il modo di agire e spesso anche quello di pensare.
Forse stiamo entrando "nell'era cyborg". C'è qualcuno che parla dell'avvicinarsi dell'avvento della "singolarità", cioè di quel momento in cui gli artefatti creati dall'uomo avranno più capacità dell'uomo stesso di continuare a scrivere la storia dell'evoluzione umana.
Più pacatamente, altri parlano di "umanità accresciuta" (è il titolo di un bel libro di Giuseppe Granieri su questi temi)

.... ora, che in questo scenario proliferino forme di devozione quasi religiosa, come dici tu, per il bio, mi sembra del tutto logico. Da che mondo è mondo l'umanità ha inventato i suoi dei prendendo a modello se stessa con tutti i desideri e le paure che in quel momento si portava appresso. Così oggi due delle nostre dee con più devoti si chiamano una "Tecnologia" e l'altra "Madre Natura" ... quest'ultima assai poco naturale come tutte le invenzioni umane, peraltro!

Anonimo ha detto...

Caro Enrico, poichè mi occupo i boschi a questi faccio riferimento. Non si trovano, se non in casi eccezionali, coperture forestali naturali. Anche quelle che lo sembrano sono assai lontane dallo stato che presenterebbero se fossero veramente conseguenti alle sole variabili della natura. Gli incendi boschivi per cause naturali, in qualche luogo lontano dall'antropizzazione, riportano la situazione a uno stato da cui parte una successione secondaria che evolve verso un stato naturale. Questa evoluzione si verifica finchè interventi antropici fanno allontanare le caratteristiche della copertura forestale da quelle naturali. Gli incendi boschivi per cause antropiche sono fattori di trasformazione che agiscono come altri interventi gestionali. Anche se in direzioni opposte. Questa è la situazione. Rimane da considerare se sia bene o male. Per la gestione del bosco credo che sia negativo immaginare una estrema semplificazione di un sistema complesso e autopoietico. Una gestione rispettosa della complessità è positiva. L'abbandono non è positivo per una visione antropocentrica. Tuttavia il bosco abbandonato vive e si evolve benissimo. Con i suoi tempi. Che non sono i nostri.
Caro saluti. Giovanni.

Anonimo ha detto...

Caro Enrico.non puoi immaginare quanto ti sia vicino e condivida il tuo pensiero. L'argomento che ai affrontato è di grande attualità ma portroppo contro l'ideologia forsennata non c'è argomento scentifico o ragionamento tecnico che possa fare breccia in chi crede cecamente. Sarebbe come cercare un dialogo sui diritti delle donne occidentali con un talebano.Comunque la natura è anche colera,peste,piante velenose,ecc.ecc.ecc.I prodotti che la chimica mette a disposizione dell'agricoltura consentono produzioni elevate e di grande qualità.Caratteristiche che i prodotti "naturali" non possono avere, a meno che il produttore biologico non bari.I consumatori di prodotti biologici sostanzialmente contestano l'uso della chimica (pesticidi) però per lavare i piatti o per fare il bucato non usano la cenere e per curare la maggior parte delle deviazioni naturali alla nostra salute"le malattie" non esitano ad utilizzare il meglio che la chimica farmaceutica offre.Ciao GLM

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Secondo Marcel Gauchet (Marcel Gauchet, Il disincanto del mondo, Einaudi, Torino, 1992), all'origine del rapporto degli uomini con il sacro vi è l'assoluta dipendenza rispetto a ciò che determina la loro esistenza, l'integrale alterità del fondamento primordiale, raccontato dai miti, rispetto al mondo terreno. Scrive lo studioso francese su quella credenza originaria: "Ciò che è non dipende da noi, per nulla. La nostra maniera di vivere, le nostre regole, i nostri costumi, ciò che sappiamo, lo dobbiamo ad altri, sono cose che hanno definito o instaurato esseri di natura diversa dalla nostra, gli Antenati, gli eroi, gli Déi. Noi non facciamo altro che seguirli, imitarli o ripetere ciò che ci hanno insegnato”. Tutto ciò che governa la vita individuale e sociale, dai piccoli gesti alle grandi imprese, deriva da un passato fondatore, che è continuamente riattivato dai riti e affermato nella sua originaria alterità dal complesso dei miti e dei simboli.
L'atteggiamento dell'uomo non è univoco. Vi è senz'altro in lui la disposizione verso la crescita della sua potenzialità e la proiezione nella realtà esterna della sua libertà, sotto forma di governo dell'ambiente di vita e di disposizione collettiva di se stesso (homo faber). Ma in lui vi è pure un altro essere (homo religiosus) che, per un tempo di decine di millenni, ha trovato, nella dipendenza assunta nei confronti del proprio universo, il mezzo per ottenere una coincidenza con se stesso di cui, in compenso, si è perso il segreto.
Secondo me il mito della Natura Madre Benigna è l’affiorare dell’homo religiosus dai livelli profondi della nostra mente. Ad esso si contrappone in modo quasi speculare e altrettanto sbagliato il mito scientista del Progresso Futuro, nato con l’era moderna e con l’affermarsi dell’homo faber.

ParkaDude ha detto...

D'accordissimo con questo post!

Del resto mi pare altresi' corretto menzionare che le multinazionali agroalimentari, non le tecniche in se', sono a mio parere criminali.

Per quanto riguarda la differenza fra naturale ed artificiale, ti sparo un esempio estremo: ad essere rigorosi, il primo cyborg e' stata la scimmia che usa il bastoncino per infilarlo nella corteccia marcia dell'albero ed estrarlo coperto di vermi succulenti.

bacillus ha detto...

Gentile Enrico, capito qui solo ora, merito di un casuale aggancio che ho colto dopo essere passato sul raffinato blog di Popinga (roba per gente di classe, non c'è niente da fare). Eppure eri intervenuto più volte in quel del Bressanini, dove da tempo imperverso (forse eccessivamente).
Mi è piaciuto il tuo post. Ho letto velocemente i commenti, ma sono reduce di tre ore faticose in vigna (di più sarebbero deleterie) e non ho la lucidità per intervenire. Mi riprometto di farlo (anche se mi rendo conto che l'umanità potrebbe anche farne a meno). A presto!

Enrico Bo ha detto...

Ringrazio tutti per i contributi, che sto meditando; in particolare un caloroso benvenuto ai nuovi intervenuti, a Parka che sento un po' troppo amaro, a Popinga, il cui blog invito tutti a leggere e a Bacillus i cui interventi da Bressanini mi danno partiocolare godimento. Mi raccomando cura la vigna e ricorda (magari a Giampaolo, ma credo che tu lo sappia già) che ci sono tre modi per perdere il proprio denaro, il gioco, il più rapido, le donne, il più piacevole, affidarsi ai consigli dei tecnici agronomici, il più sicuro.

bacillus ha detto...

ahahah! i tecnici agronomici... Com'è vero. Purtroppo. Manca in questo mestiere il rigore scientifico che esso meriterebbe.
Fissato, io, con la scienza? Mi si dimostri che non è vero...
Ciao Enrico!

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