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Hong Kong - giugno 1986 |
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Mercato degli uccelli |
Se c'è una città assolutamente imperdibile, a mio parere, questa è sicuramente Hong Kong. Per cento implicazione diverse. E' una delle porte dell'Asia; un innesto di mentalità britannica in un supporto cinese; un esperimento politico che fatica a durare; la quintessenza del denaro e dello spirito commerciale; una delle baie più belle del mondo (per me assieme a S. Francisco, Sidney e Rio); la possibilità, attraversando al strada di passare dal mondo antico a quello ultramoderno e ugualmente, anche se non sembra possibile, di essere nel massimo dei grattacieli più tecnologici e a poca distanza potersi immergere nella natura più selvatica. Ci sono stato molte volte, anche grazie o a causa del mio lavoro, che mi portava spesso da quelle bande. Posso dire che avendola gustata la prima volta nel '74 e capisco che 46 anni sono tanti, di avere visto nel tempo, passarmi davanti molte città diverse, tanto che moltissime delle cose viste allora, oggi non esistono assolutamente più a partire dallo straordinario quartiere di Aberdeen, dove erano stati girati Il mondo di Suzie Wong e L'amore è una cosa meravigliosa, con le sue giunche di pescatori, le barche con le donne coi grandi cappelli di bambù e le meravigliose vie degli antiquari a Wan Chai. Quella prima volta ci rimanemmo una settimana, girovagando per tutta l'isola e quelle vicine, percorrendo giri inconsueti nei nuovi territori tra il vecchio villaggio di Kam Tin e vecchi templi al confine con la Cina, allora invalicabile.
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Da Victoria Pick |
Il mercato degli uccelli, con le meravigliose gabbiette e la rutilante Nathan road, coi negozi pieni di tecnologia ante litteram, allora non avevano ancora inventato il computer o i cellulari, ma era il regno delle reflex giapponesi a prezzi scontatissimi. Correvamo di quartiere in quartiere sperimentando per la prima volta quella cucina esotica, facendoci insegnare dai tavoli vicini l'uso delle bacchette e dimenticando le macchine fotografiche sulle sedie di un ristorante, conservateci dal cameriere quando ore dopo andammo a ricercarle, dandole ormai per perdute; visitando antichi templi e provando per la prima volto lo schifo del tofu e del latte di soya, esperienza che me lo fece odiare per sempre; cercando rimedi tradizionali nelle vecchie farmacie, chiedendo scatole di supposte alla glicerina con azione mimata, vista la mia quasi nulla, allora, conoscenza dell'inglese e mangiando fritti nel Tiger Balm Garden. Ne rimasi assolutamente affascinato, l'esotico abbinato al massimo del tecnologico del tempo. Nell'86 si atterrava ancora a Tsim Sha Tsui, facendo la barba alla sfilata dei palazzi, ma già si parlava del nuovo avveniristico aeroporto che sarebbe sorto su un isola artificiale in mezzo al mare e potevi girare a Central col naso all'insù per ammirare gli strepitosi grattacieli che avevano cambiato lo skyline della città. Qualche anno dopo eravamo a ridosso del passaggio alla Cina e c'era la grande paura ed il fuggi fuggi generale per il timore della morte della città che stava per cadere in mano ai comunisti.
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Aberdeen |
Poi, dal '98 in poi ci andavo un paio di volte all'anno, accompagnandomi con l'amico Nunzio a girare per aziende, tra sottoscala e nuove costruzioni avveniristiche, peregrinando tra i falansteri di Mong Kok, dove un milione di persone vive all'incirca in un chilometro quadrato oppure scendendo al mattino presto prima di colazione a seguire gli insegnanti di Tai chi a Victoria park, o alla sera su un tetto di un grattacielo. E poi ancora passeggiare nei boschi di Lang Tao o ammirare da Victoria pick le sagome di Lamma Island e delle altre isolette all'orizzonte, con lo spettacolo della baia sottostante e la selva dei grattacieli che si levano proprio sotto di te, facendoti credere, se c'è un poco di nebbia bassa, di guardare il mondo dal paradiso; percorrerla tutta nel sottosuolo con le sue metro affollate e riprendere dopo 25 anni lo Star ferry che traversava la baia solo per i pochi turisti, mentre prima lo usavano 4 milioni di pendolari al giorno. E poi diciamola tutta, Hong Kong ha un respiro profondo e ruggente di una città in movimento perenne, in crescita travolgente, che tenta sempre di correre avanti e che senti venire su dal profondo e ti smuove le budella incitandoti a correre per fare soldi, per creare attività, per adattarti a vivere in spazi microscopici; il mio amico ad esempio, viveva in una casa di 5 locali (22 m2, però). Niente a che vedere insomma con la vicina, sonnolenta e gaudente Macau, patria del gioco e del vizio e neppure con la Shenzhen, tecnologica e operosissima, che stava sorgendo dirimpetto nella Cina del futuro. Insomma una città straordinaria dove ho trascorso giorni esaltanti e indimenticabili, imparando molto della Cina vista da vicino prima di immergermici completamente. Una città che ha visto tanti cambiamenti epocali ed è oggi, alla vigilia del prossimo, speriamo non fatale.
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Nathan road |
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Tsim Sha Tsui |
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