mercoledì 15 luglio 2020

Luoghi del cuore 30: La città d'oro



Le mura di Jaisalmer

Aratura tradizionale nel Tar
Ci sono stato tante volte, forse è il paese a cui più sono legato, per tanti motivi diversi naturalmente, per lavoro, per piacere, per altro ancora, eppure non mi è ancora passata la voglia di tornarci, di segnare sulla mappa itinerari nuovi, di poter vedere zone ancora a me sconosciute e tante ancora ce ne sono certo, data la vastità di quello che si chiama appunto: subcontinente. L'India ha spazi indefiniti, dalle montagne più alte del mondo, a coste oceaniche bordate di spiagge chilometriche, deserti tanto vasti, da poterci fare esplodere bombe atomiche e foreste impenetrabili popolate di tigri maestose, templi antichissimi con sacerdoti che rispondono a trecento milioni di dei e ballerine di Bolliwood, a loro volta dee osannate e tante, talmente tante cose da vedere e da assaporare che di certo non basterebbe una vita, figuriamoci rivederle. Eppure in qualcuno di questi luoghi ci sono stato addirittura due o tre volte come a Delhi o a Jaipur. Spiegare cosa ci sia di tanto speciale in questi posti è difficile, si rischia di essere banali, i sentori di spezie che ti avvolgono costantemente, la confusione allegra e colorata, la possibilità di fare comunque qualunque cosa a qualunque ora. Sempre trovi qualcuno che ti può portare in un qualunque posto tu voglia. E poi la bellezza dei luoghi, un misto tra esotismo, snobismo inglese e caos indiano. 

Il tempio dei topi a Deshnoke
Certo il Rajastan è forse lo stato indiano preferito dal turismo, specialmente per un primo approccio al paese. Le sue città sono magiche e rispondono esattamente all'idea che ci si fa dell'India, in particolar modo di quella letteraria, di Kipling o degli autori inglesi che raccontarono il paese delle cacce alla tigre e dei maharaja, dei thugs e dei guerrieri Rajput che si immolavano sulle mura delle loro città. Di tutte quelle che ho visto mi è rimasto un ricordo indelebile, ognuna straordinaria per la sua specificità, per i suoi monumenti, per l'aria che ci si respirava. Jaipur la città rosa con gli antichi forti che la circondano; Ghalta ed il suo esercito di scimmie. Kota e Bundi con i loro palazzi diroccati; Jhodpur, la città azzurra ai piedi del palazzo sulla montagna; Chittorgarh con la sua infinita cerchia di mura; Udaipur, la città bianca con la sua gemma incastonata sull'isola in mezzo al lago; Bikaner, la città rossa, col tempio dei topi e le sue folle adoranti; le città dello Shekhavati con Mandawa e le mille case dipinte e la più lontana, infine Jaisalmer, la città d'oro, alle porte del deserto del Tar. Ti appare, se arrivi al mattino, come una sorta di corona dorata di bastioni e torri tonde che sormontano una collina lontana, che spicca in mezzo ad un territorio arido e silenzioso, dove radi dromedari brucano sterpi ai bordi della strada. Come una città abbandonata a guardia del nulla, una fortezza Bastiani in attesa dell'esercito nemico che tarda ad arrivare. 

Jaisalmer
Poi quando arrivi alle pendici delle mura, devi trovare l'ingresso, la porta nascosta che conduce all'interno della città, alle sue vie strette e segrete circondate da case antiche e bellissime, le haveli, costruite dai ricchi mercanti della città, che andavano fino all'oceano a commerciare e poi tornavano a costruire palazzi per mostrare la loro ricchezza. Facciate di una raffinatezza straordinaria, ricoperte di mille sculture, dai balconi con spioventi aguzzi ed eleganti dove le loro donne si affacciavano velate di mille colori. Il sole estivo, implacabile, duro, rovente, dell'estate indiana, avvolge la pietra di una calda sfumatura dorata, più viva ancora al mattino ed alla sera quando assume in aggiunta, un lieve tono di rosa leggero. Dalle terrazze e dalle balconate dei tanti palazzi, perdi lo sguardo su tutti quelli circostanti, uno più complesso ed ardito dell'altro, fino a che l'occhio non arriva al di là delle mura merlate di arenaria, che sembrano splendere al riverbero della luce, fino a confondersi nella pianura senza confini, senza riuscire più a ravvisare la tremolante linea dell'orizzonte, offuscata dal calore meridiano. Sotto ogni torrione, davanti ad ogni porta, senti prepotente la forza dei cavalieri che ne hanno difeso l'indipendenza fino all'estremo sacrificio e la decisione delle loro donne, suicide pur di non cadere in mano al nemico. Una città carica di storia, avamposto nel deserto, popolato solo da tende di nomadi, di greggi belanti, di capre dal lungo vello. 

Hijra
Ed alla sera davanti al fuoco del campo, volti scavati a cui la luce delle fiamme mette in evidenza rughe profonde e occhi bordati dalle nere linee del kajal. Lunghi lobi da cui pendono pesanti orecchini d'oro, braccia nude ricoperte di bracciali di avorio, mentre la musica sale e invita alla danza. Quella sera, tabla e cembali, scandivano un ritmo gioioso, un flauto e la vijna si alternavano a costruire una melodia sensuale, sostenute dal basso continuo dell'armonium. Tre Hijra, bellissime e appena velate da sari di seta fine e leggera, ballavano al centro del cerchio, muovendosi lentamente, mentre le mani seguivano le onde della melodia, sottolineando il battito sordo ed ossessivo della tabla con piccoli colpi di anca. Un'arte seduttiva maturata in secoli di studio nelle corti rajput e moghul. Una delle tre, con l'occhio bistrato e le ciglia lunghissime mi gettava continue occhiate di sbieco ad ogni giravolta, ruotando le pieghe del sari mentre le cavigliere argentate suonavano ad ogni battito di tallone. Lasciai una buona mancia quella sera, a quel sorriso carico di miele. D'altra parte è d'uso farlo da sempre, diversamente, si sa, le Hijra, la potente casta delle transessuali, ti lanciano maledizioni terribili e sono temutissime proprio per questo, tanto da essere obbligatoriamente invitate ad ogni festa o manifestazione. Forse proprio per evitare il malocchio hanno ottenuto, credo unico paese del mondo, di avere nella varia modulistica, accanto alle caselle maschio e femmina, anche uno spazio aggiuntivo con la dicitura: Altro.
Una strada di Jaisalmer




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