martedì 21 luglio 2020

Luoghi del cuore 34: Tra i templi di Bangkok


Monaci in preghiera

Un tempio
Anche a Bangkok sono stato diverse volte, ma non ho avuto la fortuna di poter girolare per le isole del sud che credo siano uno dei punti topici della Thailandia, ma quella prima volta nel '74, è stato il mio primo approccio all'Oriente e probabilmente mi colpì a tal punto da iniettarmi questo virus in maniera permanente, cosa che ancora oggi, dopo tanti viaggi e tanti itinerari percorsi in quella parte del mondo, non mi dà pace e continua a perseguitarmi con continue crisi di astinenza. Allora la città era decisamente vivibile e spostarsi nel suo grande centro da uno dei famosi templi ad un altro, usufruendo dei vari tuktuk era facile e rapido e per nulla dispendioso, oltre che una esperienza nuova ed esaltante. Certo molto diversa dalla mia ultima visita di qualche anno fa quando rimanemmo imbottigliati per ore in un colossale ingorgo dalle parti del palazzo reale. Ricordo il fascino inestinguibile del mercato galleggiante, vicino all'Oriental Hotel, che oggi non credo neppure più esista; le danze in costume sul prato verde smeraldo dell'albergo; i cento templi dall'architettura complessa con le innumerevoli guglie e l'oro sparso a profusione su statue, campane, colonne e baldacchini. I gruppi di monaci in preghiera; il grande fiume da percorrere su quelle lance con la lunga asta in fondo alla quale una piccola elica spingeva a velocità folle; la ressa di una città in crescita esponenziale che sarebbe diventata la capitale di una delle tante tigri rampanti dell'Asia. 

Danze
L'incontro con una cucina esotica ed inusuale per i miei parametri, provata con la curiosità del neofita e della quale mi rimase una indimenticabile immagine di un colossale granchio ripieno dal sapore delicatissimo; gli incontri di Muay tai al parco Lumbini, dove allora se le suonavano per davvero e l'indimenticabile gruppo di affannati scommettitori che si sbracciavano con mazzi di banconote in mano verso i bookmakers che raccoglievano le puntate. La visita, con una amica che aveva lavorato nel ramo, ad un tagliatore all'ingrosso di zaffiri, roba da far girare la testa, mentre sui vassoietti giravano cartine di pietre blu di una bellezza straordinaria. Tuttavia l'esperienza che mi rimase maggiormente impressa fu quella passata in un bugigattolo di Santipaph road, dove esercitava un vecchietto cinese con una bella barbetta bianca, rada rada. Io, benché neppure trentenne ero già perseguitato da una fastidiosa sciatalgia che mi indolenziva la schiena e la coscia, con la classica sindrome a banda di carabiniere. La nostra amica pratica del posto, propose di tentare, anche lei aveva qualche magagna da curare, da un vecchio agopunturista cinese, indicatoci dalla proprietaria del business degli zaffiri. Bigliettino con l'indirizzo alla mano, prendemmo il solito tuktuk che ci portò davanti alla bottega del tizio, tra i vicoletti della Chinatown. Il tizio a cui spiegai con le mie ottime qualità di mimo, il mio problema, disse che bisognava fare diverse sedute a distanza di una settimana l'una dall'altra, ma vista la nostra situazione di turisti mordi e fuggi, che ci saremmo fermati solo una settimana in città, decise che mi avrebbe fatto una applicazione tutti i giorni per i sei giorni che avevo a disposizione e chi s'è visto s'è visto. 

Royal palace
Dopo avermi messo su una sedia con la faccia allo schienale, cominciò a piantarmi gli aghi con attenzione, dopo aver accertato il punto preciso in cui ficcarli, dietro il ginocchio, nella schiena di fianco alla colonna, nella coscia, fino ai piedi, seguendo il meridiano prescritto. Devo dire che, nonostante avessi una paura del diavolo, non mi fece assolutamente male e nei giorni successivi ci tornai più tranquillo, senza che neppure mi sfiorasse il pensiero degli eventuali problemi igienici che avrebbero potuto insorgere. A quell'età non ci pensi. Teneva gli aghi che sporgevano dalla pelle per diversi centimetri, infissi per una decina di minuti, stimolandone ogni tanto la capocchia e facendoli ondeggiare qua e là, poi dopo averli tolti mi passava sul punto una moxa accesa, una sorta di sigaretto lungo di erba aromatica dal profumo simile a quello delle artemisie, fino quasi a scottarmi. Finita l'applicazione ritirava i suoi arnesi e con un sorriso seminascosto tra i radi peli della barbetta, mi dava appuntamento al giorno dopo. Devo dire che già dalla seconda applicazione il dolore era molto diminuito e sparì completamente dopo l'ultimo appuntamento. Salutandomi, mi spiegò, c'era un tizio che traduceva, che non aveva idea di come avrebbe reagito il mio corpo, data la concentrazione degli interventi, data anche la differenza di clima che il mio corpo avrebbe subito al ritorno, ma secondo lui, per un certo periodo avrei dovuto mantenere un certo beneficio. Lo salutai con rispetto, visto il primo immediato risultato e me ne andai dalla città degli angeli camminando in maniera decisamente più spedita. Per oltre vent'anni non ebbi più mal di schiena. Oggi il vecchietto non ci sarà di certo più, se no, varrebbe davvero la pena di farci di nuovo un salto.

Lungo il fiume


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