Raggiungere Pramollo è assai semplice, infatti, non appena
arrivati, seguendo la statale del Sestriere, a San Germano Chisone, si prende
la strada che dopo il paese si inerpica per qualche chilometro per una valletta
laterale dall’aspetto selvaggio e solitario. Si sale subito e decisamente tra
borgate isolate fino a raggiungere dopo poco il poggio, dove Pramollo è
mirabilmente esposto su una balconata naturale rivolta verso il piano. Ilristorante albergo Gran Truc è in posizione dominante sul borgo, con una terrazza
protetta, disposta per apprezzare i raggi del sole che pennellano i
contrafforti verde cupo della valle, posti come quinte naturali al confine
della pianura. Dietro quella di destra, occhieggia lontana la rocca di Cavour,
sul fondo ti par di indovinare, nel tremolio dell’umidità dell’aria, una Torino
estiva sonnacchiosa e semideserta. Il locale non è scevro da una certa eleganza
che ben ti dispone ad accomodarti con piacere nella sala con la colonna in
pietra e le travi di legno antico a vista. C’eravamo già stati una decina di
anni fa e si voleva controllare se l’ottima impressione di allora, sarebbe stata
ripetuta. Il menù, elencato a voce, proporrebbe una buona varietà di antipasti tipici
piemontesi, dai salumi, alla carne all’albese, al vitello tonnato, ai tomini al
verde e così via, mentre per i primi potete scegliere tra gnocchetti alla toma,
lasagnette ai porcini, crepelle tradizionali ed altre piacevolezze, il tutto in
porzioni generose, ma noi che non siamo del tutto sprovveduti e che eravamo qui
giunti, sull’onda della precedente esperienza, abbiamo subito chiarito
all’amabile anfitrione, prenotandolo il giorno prima, che il nostro target era
una strafogata di fritto alla piemontese, di cui ci erano state narrate
meraviglie e che se volete la qualità assoluta, va preparato al momento.
Ecco
dunque che, siamo stati destinatari di un ragguardevole vassoio ricolmo di
bistecchine tenerissime, salciccette croccanti, bocconcini di pollo, zucchine e
poi le classiche cervella dorate, il tutto così leggero ed aereo e senza alcuna
traccia della sgradevole untuosità spesso frequente in questo piatto, da
invogliarvi a tentare di finire tutto anche se il vostro fisico ed il buon
senso vi consiglierebbero di trattenervi. Infatti ecco arrivare il secondo
vassoio, tutto dedicato alla frittura dolce, dall’amaretto, ai piccoli e
voluttuosi baci di dama, ai biscottini ripieni di marmellata e alle rondelle di
mele, per terminare con i dadini di semolino e da quadrotti di zabaione in
croccante e dorata panatura, assolutamente deliziosi che ti obbligano a
finirli, l’un dopo l’altro come le ciliegie. Questi son la vera spia della
qualità del fritto misto e del valore dell’olio adoperato; nessuna pesantezza,
nessun gusto sgradevole a sfiorare, turbandola, la delicata dolcezza del
cubetto. Non siamo riusciti a finire tutto e ci siamo quindi concessi solo un
monumentale gelato alla crema con Grand Marnier, che come di dice in Piemonte,
disnàusia. Il caffè ci ha quindi rimesso definitivamente in pace con il mondo.
Alla richiesta del conto, in questi casi si teme sempre la sorpresa, anche se
non si può non ammettere che la qualità va pagata ed in effetti sorpresa c’è
stata. La gentile incaricata infatti ci chiede 54 Euro, che mi sono di buon
grado disposto a pagare, dopo che l’amico preparava i suoi, alla romana come
giustamente si usa. Ma la signora con sguardo interrogativo, precisa: - No, fa 54
in tre.- Siamo rimasti basiti, constatando che evidentemente è possibile,
fornire una qualità eccellente ad un prezzo decisamente allettante, unito alla
piacevolezza del posto. Io, fossi in voi mi affretterei a studiare la cartina
per programmare una visita conoscitiva, tenendo conto, se vi pare, che al
venerdì, prenotando, si può avere un menù tutto di pesce, ma dovrete rinunciare
al fritto misto alla piemontese, perché, qualità pretende che se si frigge il pesce,
non si frigga altro. Vedete voi.
P.S. L'amico Giulio commosso sottoscrive
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