Oggi voglio portare alla vostra attenzione un libro particolare, la cui lettura attenta mi ha dato una grande soddisfazione, non solo perché conosco personalmente l'autore, che stimo e di cui conosco bene la conoscenza approfondita dell'argomento, sia per motivi di vita vissuta, che per la sua esperienza lavorativa che lo ha portato ad occuparsi in modo professionale dei temi trattati. Attraverso il racconto dei suoi ricordi personali di bambino e di una attenta descrizione dei vari aspetti storici, geografici, etnografici e soprattutto agronomici, l'autore ci presenta uno spaccato poetico e nostalgico di questo meraviglioso territorio, un tempo terra difficile di miseria e sofferenza, oggi assurto ad una certa notorietà e conseguente benessere, grazie ad un capillare lavoro di comunicazione di tanti, che ne hanno valorizzato le sue peculiarità agroalimentari, oltre che alla bellezza paesaggistica. Come dice infatti anche il pluricitato Farinetti, l'anatra quando fa l'uovo resta muta, la gallina fa coccodè e lo dice a tutti, per questo mangiamo tutti le uova di gallina. Ma il libro, oltre ad essere godibilissimo per la grande serie di aneddoti, racconti e descrizioni della vita di quei tempi, è anche un testo estremamente preciso che molto interesserà gli specialisti, per la sua accuratissima esposizione di termini dialettali ormai desueti, elencazione di lavori scomparsi, di lavorazioni agricole e riferimenti etnografici preziosi.
Gli elenchi puntuali delle denominazioni dialettali di strumenti, di situazioni delle attività agricole, dei proverbi ormai dimenticati saranno una inesauribile fonte di ricerca per chi è interessato a questi argomenti. Puntuale l'elencazione degli strumenti agricoli e dei vari mestieri, del susseguirsi dei lavori dei campi e dello stile di allevamento di quei tempi di cui l'autore è un approfondito conoscitore. Magnifici i capitoli che raccontano le storie del bue grasso, quelle delle masche, le veglie nelle stalle e tutto il susseguirsi dei lavori nelle campagne. Interessantissimo, almeno per me, la visione che gli abitanti della Alta Langa avevano dei cosiddetti Alessandrini, considerati ricconi di pianura che arrivavano al tempo delle fiere coi portafogli pieni a comprare le bestie migliori, dei furbacchioni dai quali guardarsi, i Mandrogni insomma, fotografia che ha sempre accompagnato e identificato noi, gente di marca. Dunque un libro che piacerà ai nostalgici dei tempi che furono, anche solo per ricordarli attraverso il caleidoscopio della nostra giovinezza e la poesia delle cose ormai scomparse e che appassionerà gli specialisti dei dialetti e delle ricerche di etnografia. Bravo Vittorio!
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