Prolifico giallista, noto anche in ambiente televisivo, vi ricordo per gli amatori, l'ispettore Coliandro, procede per serie. Questo era il suo secondo lavoro, pubblicato nel 1990, della serie del Commissario De Luca, costituita dai suoi primi tre romanzi e ripresa recentemente con altri tre. Il merito del libro risiede soprattutto nell'ambientazione, il fosco e violento dopoguerra in cui si regolavano i conti di un passato recente e doloroso, ben tratteggiata, nelle situazioni e nei personaggi del periodo. Per il resto niente di particolare da segnalare, una vicenda di misteri ingarbugliati da dipanare, che si risolve rapidamente in un centinaio di paginette che leggerete velocemente in questo periodo di isolamento. La storia lascia poco dietro di sé se non la voglia di sapere cosa succede poi al commissario, al di là della conclusione della vicenda. De Luca è uomo probo e laico, invischiato nella melmosa situazione di violenza tra i residuati repubblichini e quelli partigiani che ancora è lontana dal risolversi, trascinato in una contesto dal quale vorrebbe essere fuori e che probabilmente era stata realtà per molta gente comune a quei tempi. Senza infamia e senza lodo.
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