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Ogni tanto mi interrogo sul motivo primigenio che mi ha portato a diventare un addicted, come si dice adesso, del muovermi in giro per il mondo, visto che per tutta la vita l'ho fatto per curiosità, per piacere, per lavoro o addirittura per riposo. O è una di quelle malattie genetiche, per la verità, non molto rare, che saltano fuori assolutamente per caso, ma che certo non ho preso dalla mia famiglia che, dato che in quei tempi ed in quelle condizioni di censo, non si è mai mossa da Alessandria. Il mio papà per vedere qualcosa fuori dei patri confini, ha dovuto esservi mandato con la forza alla difesa della patria, tra l'altro in uno dei pochi paesi che non ho visto. La mia mamma poi, ha fatto la sua sortita più lunga durante il viaggio di nozze a Venezia. Io, il morbo devo essermelo beccato in giro, un po' con la complicità della scuola, il Classico come si dice allarga i confini della mente, un po' per la compagnia e la complicità di mia moglie. Però poi l'infezione è esplosa con grande virulenza, forse a causa di piccoli focolai che, piccino ancora non riconoscevo e quindi non avevo curato con la necessaria attenzione. In seconda elementare, su suggerimento della cara e deamicisiana maestra Fracchia, i miei come regalo di Natale, mi avevano comperato il Novissimo vocabolario Melzi, non proprio una cosa da Gesù Bambino, pensate come potevo essere contento; io certamente avrei preferito un fortino, che avevo a lungo rimirato nella vetrina della Fata dei bambini in via Dante, il giocattolaio dei miei sogni e che invidiavo moltissimo dopo averlo visto a casa del mio compagno di scuola Gian Vito, bambino ricco che mi onorava della sua amicizia.
Tuttavia lo scartabellavo comunque, non già per cercare le parole difficili che la maestra ci faceva stilare in bella calligrafia su un quaderno dalla copertina nera, ma ci perdevo le ore a guardare quelle poche cartine geografiche che venivano mostrare nella cosiddetta parte scientifica del vocabolario suddetto. In particolare, ce n'era una estremamente affascinante che mostrava l'Africa nel suo complesso, con tutta la parte centrale più o meno corrispondente alla zona del Congo, completamente bianca e priva di riferimenti, con la scritta "zone ancora inesplorate". Pensate un po' come è mutato il mondo in soli settanta anni. Mi sembra di parlare di una preistoria incongrua, quando, dove dopo aver letto I misteri della jungla nera, stavi lì a sognare, guardando la carta geografica. E dagli atlanti sono sempre stato affascinato infatti e successivamente, già bello cresciuto, quando uscì un monumentale Atlante geografico della De Agostini, lo desiderai profondamente e anche se già lavoravo non ebbi cuore di fare quello che era comunque un robusto investimento. E poi al bar, a sentire i racconti di quei ragazzi degli anni sessanta, che partivano con una macchina scassata per andare in India o con la vespa per Nord capp o Gerusalemme. Forse proprio quei continui desideri inappagati, hanno contribuito a fare deflagrare quella flogosi inesauribile che, adesso che è tutto facile, mi ha portato a continuare a sognare, a compulsare cartine, a tracciare itinerari su google map.
La prima uscita dai patri confini, complice il fatto che, figli di ferroviere avevamo i biglietti del treno gratuiti, fu, con il mio compagno di Liceo, Andrea, a Lione. A quell'epoca si partiva con in mano il foglietto scritto a mano con l'indirizzo di una ragazzotta conosciuta in estate al paese, dove lei, figlia di emigrati, veniva a trovare i nonni, assieme alla tracotanza dei nostri sedici anni e niente altro. Adesso sono lì a consultare la cartina, a quantificare i chilometri, innervosendomi perché l'albergo ben prenotato, non mi ha ancora confermato il transfert dall'aeroporto, per non parlare dell'assicurazione medica e del rientro della salma. Bisogna pensare a tutto. Calcolo le distanze, le ore di percorso, i tempi da dedicare alle varie cose interessanti da vedere e avanti con la programmazione dei dettagli. Con Syreet view, ti puoi anche guardare con attenzione la strada da percorrere, insomma direte voi, ma allora ti togli anche il piacere della scoperta, della meraviglia del disvelarsi di un luogo imprevisto e già di per sé magnifico proprio per questo. Il déjà vu, ti toglie parte del piacere oppure non fa che aumentarti l'ansia prepartenza ed il desiderio di esserci materialmente in quel luogo, di girare attorno lo sguardo per abbracciarlo tutto, per carità puoi certamente girare a 360° la telecamera virtuale, ma vuoi mettere sentire gli odori, avvertire il suono di quel mondo, in cui sudare, camminare, toccare la pietra viva! Non ci sono scuse, partire è uno status irrinunciabile a cui non posso e soprattutto non voglio sottrarmi. Per cui lasciatemi lavorare che il tempo passa e bisogna profittare almeno fin che non scade il passaporto che poi saran dolori. Tic, tac, tic, tac.
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