sabato 25 ottobre 2008

L'occasione

Il nostro camper piuttosto datato sbuffava lungo le rampe dell'Atlante per la strada tortuosa che portava ai 2.168 metri del passo di Tizi n'test. Avevamo lasciato da tre giorni la valle del Dra e l'avamposto di Zagora nel deserto, non prima di aver scattato la foto di rito sotto al cartello "Timbouctou 55 jours". Dopo tre ore di calore insopportabile, verso mezzogiorno (l'ora classica del turista maledetto), arrivammo in cima. Ci fermammo nella piazzola per far riposare il mezzo e per godere della vista spettacolare dei contrafforti aridi della montagna che scendevano rapidi verso Taroudant. Fummo subito circondati da un nugolo di ragazzini vocianti, il giusto pedaggio da pagare al privilegio di stare in quel posto magico. Uno in particolare ci trascinò alla sua bancarella, uno straccio steso per terra ricoperto di fossili di tutte le dimensioni e di geodi di ametista viola aperte. Ce n'erano di bellissime, enormi e Joussouf (così si chiamava) cominciò a magnificarne i pregi e soprattutto il prezzo particolarmente conveniente. Ne ero attratto, ma fatto acuto dai consigli che mi aveva dato il mio amico Tiziano, grande esperto di mineralogia, presi la bottiglia di acqua tiepidina con cui tentavo di calmare la sete (su quel camper non abbiamo mai avuto il piacere di avere acqua fresca da quel malefico frigo) e gli chiesi il permesso di lavare i cristalli della grande geode che mi interessava. Infatti, pare sia costume di questi birbi il colorare in viola dei quarzi di poco valore e spacciarli per ametiste. Il ragazzo preoccupatissimo, mi fermò immediatamente cercando di stornare la mia decisione in altre direzioni, poi vistomi deciso, se ne uscì con un impagabile: - Monsieur, je vous garantie que si vous la mettrez dans votre salon elle ne perdra pas sa couleur dans un million d'annéees.- Ridemmo a lungo poi gli comperai una trilobite e qualche piccola e lucida belemnite prima di lasciarci andare nella lunga discesa. Sono passati solo 25 anni e me ne sarebbero rimasti ancora più di 900.000 se avessi voluto mettere sulla mia scrivania quella geode per mantenere viva nella mia memoria il volto di quel ragazzo. Che occasione perduta.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono d'accordo; come per i tappeti si vede se sono opere autentiche o brutte copie, così i minerali fasulli saltano all'occhio e non fanno nessuna bella mostra sullo scaffale. Adoro i minerali, quegli oggetti straordinari in cui la natura ha versato i suoi colori più incredibili. Anni fa i miei genitori, di ritorno da un giro in Marocco, mi portarono due minerali, probabilmente acquistati in quello stesso luogo (ci sono passata anch'io e ho avuto un'aspra discussione con l'immancabile venditore disonesto); loro poverini erano contentissimi del loro acquisto e di avermi portato un oggetto che avrei certo apprezzato. Purtroppo al mio occhio fu subito evidente che quei bellissimi colori, fin troppo belli appunto, non erano autentici; si trattava solo di banali quarzetti bianchi dipinti. Non gliel'ho mai detto...

Enrico Bo ha detto...

Sono assolutamente d'accordo sul discorso epistemologico della copia, quando riguarda un fatto di sostanza, come appunto in questo caso (vedi il mio pst di ieri sui tappeti). Ma la mia saudade nel caso specifico, si riferiva al rapporto col piccolo taroccatore e con il luogo, più che all'oggetto.

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