lunedì 30 novembre 2009

Giallo oro.

Sono figlio di questa terra di nebbie ed umidità, terra tra i due fiumi, ahimè sempre più povera di denaro e di idee, che pare destinata ad un inarrestabile declino. Per storia e propensione naturale dei suoi abitanti, pochissime sono le cose degne di menzione di questa landa, sempre vissuta come terra di confine e indifesa, percorsa da eserciti. Oggi vorrei parlare di una di queste, nota come bellecalda, culmine difficilmente raggiungibile in altro modo, del piacere della papilla e della mente per soprannumero. Ne è grande estimatore anche Umberto Eco, che qui ha frequentato il mio stesso Liceo, traendone evidente maggiore costrutto e la leggenda metropolitana narra che nelle sue, ormai sempre più rare incursioni da noi, oltre che ad assistere alla rappresentazione della divota cumedia Gelindo al teatro dei frati, non rinunci ad alcune porzioni di questa delizia. Anche se il negozio storico è ormai chiuso, sembra che gli anziani gestori, vengano richiamati appositamente per preparare alcune teglie per lui e per i suoi amici. Per la verità questo prodotto, noto anche come farinata, è diffuso in Liguria fino all'alta Toscana (lì detto cecina), ma raggiunge il suo acme gastronomico nel basso alessandrino, tra Ovada e la nostra città. Certo è prodotto poverissimo, ma estremamente difficile da produrre nel modo perfetto, diversamente è una immonda e pesantissima schiacciata oleosa che ingozzerebbe un pollo ingordo. Ieri l'amico Carlo, ci ha dato la dimostrazione di come l'arte e la conoscenza possano costituire le basi del Paradiso. Lui, grande conoscitore delle profondità umane, che indaga con abilità e sagacia, spingendosi fino in fondo all'oscuro dedalo fisico e mentale di chi a lui si rivolge; lui che, seguendo la retta via sa discernere il bene dal male, senza farsi sporcare dalle scorie che la nostra umanità produce in continuo dentro di sè, lui che, all'ingegno del sapere, sa unire la capacità manuale dell'artigiano per insinuarsi fin nei punti più segreti dell'uomo, come tutti i grandi sapienti, ha voluto per diletto misurarsi in questa difficile sfida. Così ieri, nella sua tavernetta, attrezzata alla bisogna con un capace forno, tra la tacita meraviglia di noi ospiti interessati, il demiurgo ha tratto tratto dal vaso di Pandora ricolmo dell'ambrato liquido, preparato con cura ore prima con una ricetta segretissima (3 parti di acqua, una di farina di ceci, un bicchiere di olio, sale q.b.), un boccale ricolmo che ha versato delicatamente, per non farlo strabordare, nella apposita padella perfettamente piatta per non creare differenze di spessore e debitamente unta, di rame stagnato, dai bordi bassi e l'ha spinta nella bocca ingorda del forno che aspettava caldissimo, mentre la legna continuava a bruciare costante e la fiamma viva risaliva rossa, lungo le pareti per accarezzare, lieve, la superficie della pasta che subito cominciava a crepitare, rapprendendosi con timidezza mentre il calore forte ma gentile, la lambiva. E qui stanno gli altri segreti. Con nessuna altra padella si possono ottenere questi risultati e senza il fuoco vivo (ma che la fiamma non crepiti, mi raccomando) e l'alta temperatura si otterrebbe una pastaccia mal cotta e pesantissima. Con occhio attento, ne ha seguito la cottura e a questo punto interviene l'intuito artistico che non si insegna e non si impara. Come il fuoco sacro di Aura Mazda illuminava i sacedoti di Zoroastro ai segreti della divinazione, ecco il momento topico in cui, dopo aver più volte rigirato la padella, per esporre in modo uniforme la pasta al calore, l'artista capisce che è giunto il momento di sfornare. L'interno è cotto e la superficie è ormai una delicata e fragrante crosticina, cosparsa sapientemente di polvere di pepe nero, che si frangerà nella bocca, che la ingoierà con rispetto per non scottarsi, spargendo un aroma inarrivabile, leggerissimo, croccante e profumato, oleoso e sapido al punto giusto per scivolare lungo le mucose trepide. Basta un attimo in più o in meno per rovinare tutto, per trasformare il paradiso in inferno, per ridurre l'opera d'arte ad un infame e pesante lordura. Carlo ha superato sé stesso, ha raggiunto la vetta inarrivabile e forse neppur sognata, l'Everest senza ossigeno, la fossa delle Marianne in apnea. Noi, adepti umili e devoti, in attesa fremente, abbiamo officiato a questa eucaristia pagana con la giusta attenzione ed apprezzamento; chierici attenti e critici, ma decisi a saziare la nostra brama di trascendente. Bravo Carlo, che la nostra riconoscenza ti sia compagna nella dura e pesante fatica di oggi, nella ricerca impegnativa che tra materia e sentori di spezia, ti impegnerà a lungo, sereno e su un diverso piano mentale, anche se, per avventura, dovessi sguazzare nella lordura dell'umanità dolente. Per noi oggi, invece, è il momento del contrappasso, ché la natura nemica dell'uomo, improvvidamente trasforma l'eterea leggerezza della bellecalda in un pesante bolo che la nostra ormai deficitaria macchina umana faticherà a trasformare. Ma passerà 'a nuttata.

5 commenti:

Angelo azzurro ha detto...

Bellecalda, eh? Mai assaggiata, ma mi tenta. Se passo da quelle parti, proverò a chiederla

Enrico Bo ha detto...

mio caro angelo, non son più molti i posti dove la fanno, direi se ti capiterà in via Bergamo.

nina ha detto...

Il tuo amico è un maestro della Bell'e calda. Tu sei stato grande a descriverla, tanto che mi è venuta una incontenibile voglia di provare (a farla)nel mio grande forno a legna (di quelli di pietra a cupola) che ho voluto caparbiamente per poterci fare il pane, come ogni tanto facevo con mia mamma, in quell'epoca lontana delle fotografie in bianco e nero...

Enrico Bo ha detto...

@Nina - Gurda che se hai il forno a legna puoi farla davvero alla grande . Segreti sono la teglia di rame perfettamente piatta, filo d'olio e riscaldarla prima. Un quarto farina , 3/4 acqua , sale olio (3 cucchiai ogni litro). Preparare la pastella almeno 6 ore prima , meglio dodici. Quando la versi , appena messa dentro, mentre è ancora liquida devi dare qualche colpetto , fargli fare un po' di onda, se vuoi impazzire aggiungi cipolle di tropea tagliate fine e ben imbiondite (quasi nere).

nina ha detto...

grazie delle maggiori indicazioni (che acquolina l'aggiunta di cipolle di tropea). Ti farò sapere se ci avrò provato e con che risultati

Nina

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