venerdì 26 febbraio 2010

I sacrifici dei Desia Khondh.

Addentrandosi attraverso piste sempre più fangose, nel fitto della foresta, raggiungemmo dei gruppi di capanne più isolati alla base di una serie di colline scoscese e ricoperte di verde. Questo vasto areale è abitato da un sottogruppo dei Khondh, i Desia, le cui donne hanno perduto la consuetudine al tatuaggio e conducono una vita di agricoltura di sussistenza basata sulla coltivazione del riso e degli ortaggi. Nel villaggio principale composto da una trentina di capanne c'era anche una piccola scuola composta da una sola aula con una trentina di bambini ed una maestra Hindu. Questo è uno dei pochi servizi che il governo fornisce a questa popolazioni. La maestra aveva un salario di un cinquantina di dollari al mese e dormiva nel villaggio tutta la settimana in una capanna che le veniva messa a disposizione e le attrezzature scolastiche fornite, consistevano in una scolorita e datatissima carta geografica dell'India, una lavagna scheggiata sul muro e alcune lavagnette che i ragazzi si litigavano. I bambini, chiassosi come i loro compagni di tutte le parti del mondo, ci mostrarono i progressi fatti nella lingua Oriya ed ottennero la prevista fornitura di caramelle, mentre la dotazione di ordinanza di biro, fu appannaggio della maestra, anche perchè i bimbi non avevano quaderni su cui utilizzarle al momento. Uscimmo seguiti dal coro dell'inno nazionale indiano cantato a squarciagola e una ragazza con un bimbo in braccio ci portò a salutare la sciamana che stava in una capanna ai margini del villaggio. Era seduta a terra all'ombra dello spiovente di paglia e ci accorgemmo subito che era cieca. Teneva anche lei in braccio un bambino piccolo che sembrava dormire tranquillo ed aveva il volto coperto dei tatuaggi della tigre. Era molto vecchia o così almeno sembrava e di una magrezza fragile e consunta, eppure mostrava una voce sorprendentemente chiara e acuta. Con l'aiuto di Prakash che masticava diversi dialetti Khondh, ci raccontò del sacrificio che aveva fatto il giorno prima, una capra per ingraziarsi la buona sorte ad una ragazza incinta. I sacrifici sono fondamentali nella cultura Khondh, il sangue delle vittime irrora la Terra, la dea madre, che in una recente commistione sincretistica viene assimilata al culto Hindu di Durga, e la feconda placandola e portando benessere. Certo un tempo le vittime erano umane, costituite da una specifica casta, i Meriah, come ho già raccontato qui; adesso in casi gravi si provvede con un bufalo, che è poi anche un'ottima scusa per consumare un po' di proteine animali, in una dieta piuttosto povera. D'altra parte la puepera aveva certamente bisogno di buona sorte, considerando che più o meno il venti per cento dei bambini non arriva al quinto anno di vita. Ce ne andammo dopo poco, mentre il cielo si preparava ad una nuova razione di pioggia monsonica. La pista si inoltrava più contorta verso i monti Nyamgiri, lontani e all'apparenza inaccessibili.





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1 commento:

MilleOrienti ha detto...

Belli i tuoi reportage sull'Orissa, Enrico! Li sto leggendo con piacere. Fai sentire le emozioni provate sul campo...

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