lunedì 22 dicembre 2014

I villaggi Chin



Lavori di aratura lungo il fiume 




Ragazze al bagno
Se lo stato di Rakhine è davvero poco frequentato dal turismo regolare e si incrociano soltanto pochi viaggiatori fai da te, il confinante stato Chin, è ancora più isolato. Fino allo scorso anno ne era addirittura vietato l'accesso, se non attraverso la richiesta di permessi speciali che la burocrazia governativa rendeva di fatto non ottenibili. Ora pare che tutto sia libero e nulla è più soggetto a particolari restrizioni, qualcuno ha capito alla fine che turismo vuol dire grano per tutti e quindi la nuova proposta è: basta che paghi. Il baracchino che deve fare la ventina di chilometri per andare fino alla riva del fiume Lemro è puntualissimo e alle 7 in punto è già lì fuori dell'albergo che aspetta. Il tipo alla guida, essendo il mezzo abbastanza nuovo, sembra avere una sola preoccupazione, quella di non distruggere le balestre messe a dura prova dalle colossali buche che si aprono su quello che rimane dell'asfalto della strada. Forse è quello il motivo per cui bisogna partire presto. Ogni tanto devi fermarti e uscire dalla carreggiata e procedere su di un ondulato percorso parallelo, sollevando nuvole di polvere gialla. La via è occupata da mucchi di pietre che gruppi di ragazze dal volto coperto, raccolgono in ceste di vimini, facendone mucchi più piccoli, dove altre donne le spaccano una ad una fino a renderle minuta ghiaietta. Più avanti, in un gran pentolone sopra un fuoco di legna, sta bollendo il bitume. Uomini magri con braghette e camicie sdrucite lo prendono sciolto in pentolini più piccoli e vanno a spargerlo con scope di saggina sul pietrisco che un minuscolo schiacciasassi, l'unico mezzo meccanico visibile, ha malamente livellato.

Ragazza Chin 
Dopo pochi metri riprende il purgatorio delle buche. Nei campi è un'andirivieni di gente che falcia, stende covoni a seccare o li sbatte a terra ritmicamente per sgranare il risone, prima di ammucchiarlo e spargerlo al sole sulla strada. Le donne sono velate e gli uomini magri e macilenti. Quasi tutti ostentano una barbetta spelacchiata su una pelle scura e rugosa. Sono mussulmani bengalesi, dice con una velatura appena percettibile di disprezzo, chi ci accompagna, vivono isolati nei loro villaggi, i contatti tra le comunità sono pochi, ma assolutamente pacifici, ci assicura, tranne un paio di anni fa quando c'è stata un po' di tensione, ma li abbiamo subito messi al loro posto e sogghigna il mite buddhista, sgranando il suo rosario da polso. Adesso non ci sono problemi. E' curioso il mondo e la facilità con cui si passa da emarginato ad emarginante e da torturato a torturatore, è spesso confine labile che si oltrepassa solo con un piccolo passo, quasi inavvertibile. Ma il fiume è vicino. L'imbarcadero son quattro assi mal messe dopo montagne di pietre che vengono scaricate qui dopo essere state pescate ad una ad una a forza di braccia nel fiume. Una barchetta ci aspetta per risalire la corrente.E' uno dei tanti fiumi che scivolano verso sud dai monti dello stato Chin, dopo essersi precipitati in forre e dirupi, scavando valli profonde e che trovano finalmente, qui nella pianura tra le basse colline, la pace di una lenta corrente che li porterà fino al mare.

Donna Chin
Le rive intorno sono di terra gialla fine, fertile ed umido materiale alluvionale. Sui bordi digradanti nell'acqua vedi gruppi di capanne isolate e intorno campi dove pariglie di magri buoi bianchi titano aratri di legno per dissodare questo terreno tenero. Più in là già vedi spuntare i fili verdi di campi di cipolle o già ben formate schiere di verdi cavoli, con file di donne che sarchiano con foga, a colpi di zappa sotto i cappelli a cono. Incroci barche di pescatori che procedono lente raccogliendo le reti, mentre sulle rive, ragazze giovani si immergono vestite per la toeletta mattutina ed i bambini sguazzano nudi lanciando grida e saluti al tuo passare. Risalire il fiume con le sua acque a volte gialle, a volte verde pallido, è come guardare un film della vita di campagna che scorre, sempre uguale da millenni. Il tempo è fermo, appare assolutamente statico secondo i tuoi parametri, senza rumori forti, sciabordii, qualche grido lontano, l'acqua che scivola via piano. I contadini hanno i ritmi antichi e lenti dell'autosufficienza. Dopo qualche ora i primi villaggi Chin compaiono negli anfratti laterali della riva. Il fiume qui si è ristretto un po', forse abbiamo preso un affluente laterale che risale una lunga valle affiancata da colline coperte di boschi fitti. Scendiamo sulla riva e risalendo la ripa lungo un sentiero che evidentemente le piene del fiume rimodellano ogni anno, incrociamo ragazze che scendono a riva con fasci di canna da zucchero in precario equilibrio sulla testa. La necessità del trasporto rende il camminare in questo modo, elegante e apparentemente facile, bello da vedere.

Donna Chin
Le prime case del villaggio cominciano poco più in su. A prima vista non sono molto dissimili da quelle del vicino Rakhine. Fatte di stuoie e bambù su palafitte, sono costituite generalmente da una grande stanza comune, con qualche spazio separato da stuoie per dare privacy ai genitori e ricoperte di un tetto di foglie di palma. I cortili sono recintati da graticci più o meno fitti con la cucina e le relative stoviglie in un angolo e gli animali che razzolano liberi qua e là. Qualcuno in un angolo scoperto tra gli alberi, espone un pannello solare. Lo smartphone bisogna pure ricaricarlo ogni tanto. Sotto la palafitta alta un paio di metri, al riparo, quasi ogni capanna ha un telaio per tessere larghe strisce di stoffa dai colori smaglianti. Donne e uomini sono quasi tutti a lavorare nei campi e tra le capanne rimangono solo donne anziane e bambini. Un gruppetto di tre nonne è fermo in un cortile, sono sedute a chiacchierare su una panca di legno. Non si sono messe lì a caso, certo, ma le grida dei ragazzini lungo la riva hanno fatto loro capire che qualcuno stava arrivando e si sono subito piazzate in posizione di lavoro. Hanno orecchie ornate di fiori o di grandi anelli di legno a dilatare il lobo tagliato da bimbe, ma è il viso soprattutto, che esibiscono con orgoglioso e interessato movimento del collo. Ogni più minuta parte della pelle è ricoperta da una fittissima rete di tatuaggi blu, una tela di ragno che le avvolge anche su palpebre e sopracciglia senza lasciare spazi liberi.

Donna Chin
Ognuna ha il suo particolare disegno, così come le era stato studiato quando, bambina, era  stata sottoposta alle cura della sciamana del suo villaggio d'origine; ma questa abitudine è ormai finita. Da anni ormai le pratiche dei tatuaggi si sono interrotte, le ragazze non vogliono più usare questa forma di ornamento per aumentare la loro bellezza o desiderabilità e anche le donne di mezza età ormai ne sono prive, mentre rimangono bene attente a ricoprirsi le guance con la crema di tanakha, per evitare rughe e abbronzatura. Queste anziane sono dunque le ultime di un'epoca e hanno velocemente capito che questa loro particolarità assolutamente unica, può diventare una fonte insperata per incrementare un poco del loro reddito. Qualche turista comincia ad arrivare, ben contento di pagare una tariffa fissa per mitragliare un po' di foto da portarsi a casa. Non fate i puristi scandalizzati. In fondo questi pochi soldi servono anche per mantenere in piedi la scuola in fondo al villaggio, una capanna di frasche, quattro panche di legno, un paio di lavagne e soprattutto la possibilità di dare un magro, ma comunque necessario stipendio a due insegnanti che arrivano da Mrauk U e alla fine non è poi così poco. Più in su nella valle, un altro villaggio. Qui si sta preparando una festa, tutti sono attorno all'albero secolare che segna il centro del paese. Le donne a preparare cibi, grandi recipienti di thè, due vasconi di riso bollito e tante pentole con sughi di vari colori che continuano a sobbollire.

Nel villaggio Chin
Gli uomini sono accoccolati in fondo al cortile a guardare. I bambini corrono tutto intorno sentendo più degli altri il clima della festa. Le anziane tatuate sono anche loro impegnatissime, chi a badare ai nipoti più piccoli, chi ad aiutare nelle faccende e sono meno disponibili, con le loro retinature blu scuro sul volto, alla sfilata per il fotografo, ma l'atmosfera è molto gioiosa comunque e c'è una gran confusione tutto attorno, anzi direi che così sei meno notato. Altra gente arriva dalle capanne vicine, qualcuno suona dei cembali, i grigi maiali setolosi scappano grufolando sotto le capanne a mettersi al riparo e la festa comincia con la distribuzione del cibo. Una vecchia ride mentre si fuma un gigantesco cheerot, una sorta di sigarone fatto di foglie succedanee del tabacco, in gran voga da queste parti, altre battono ritmicamente i pestelli nei mortai di legno per sminuzzare chili di chilly rosso sangue. Se stai lì vicino subito ti pizzicano gli occhi, tanto è potente. Comminiamo attraverso il villaggio fino al suo bordo estremo, una letamaia che dà su un rivo asciutto che ha scavato una scarpata prima di gettarsi nel fiume vicino. Al di là, un altro villaggio di capanne uguali, solo all'apparenza un po' più povero e meno popoloso. Non ci sono maiali in giro. E' un villaggio islamico di etnia bengali. La separazione è netta. Pochi metri e i due mondi non si parlano, isolati e distanti come se fossero chilometri. Eppure i bambini sembrano uguali, corrono seminudi qua e là e prendono le caramelle ridendo se gliele porgi. Loro non hanno ancora capito che il mondo è fatto di etichette. Poi la barca ridiscende lungo il grande fiume, lasciandosi andare alla corrente prima che il sole scenda dietro le colline.

Zattera di Bambù lungo il fiume


SURVIVAL KIT

Donna Chin
Villaggi Chin - Escursioni da Mruak U organizzabili facilmente dall'albergo, con circa 20.000K, macchina, guida e barca per tutto il giorno. Nei villaggi si preveda 500 K, tariffa fissa per ogni donna da fotografare ad libitum. I soldi rimangono comunque nel villaggio. Si possono organizzare giri di una settimana nello stato Chin che prevedono fuoristrada (ci sono solo piste), escludendo la stagione delle piogge, guide, vitto e alloggio attorno ai 100$ al giorno.

L'agenzia a cui mi sono rivolto io e che consiglio caldamente (anche dopo aver confrontato prezzi e servizi ) è: Mutu Suresh -Myanmar Expert Travel & Tours.
www.myanmarexperttours.com
    009 59 431 68 442
Disponibile a fare tour su richiesta e su misura, si è dimostrato estremamente efficiente, affidabile e onesto, risolvendomi anche un problema di biglietto aereo che richiedeva una certa attenzione. Organizza tour in qualunque parte del Myanmar. 

Ristorante Happy garden - Sulla via centrale, Cucina burma e cinese, piatti molto buoni ed economici, direi meglio del suo concorrente Moe, anche se un po' più ruspante. Piatti tra 2000 e 3000K. Ottimo il pollo agli anacardi. Giardino. Portarsi la pila alla sera per ritrovare la strada di casa. Aperto a tutte le ore. Direi la migliore ed economica soluzione a Mrauk U
Villaggio Rakhaing

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