mercoledì 3 dicembre 2014

Yangon - First impact

All'aeroporto


Yangon
Arrivare alla meta è ancora lunga, ma dopo Bangkok le cose si fanno più spedite. Sono su un aereino piuttosto piccolo se paragonato al gigantismo degli opulenti Emirati, un ATR mi pare, pieno zeppo di salafiti che rientrano dal viaggio alla Mecca e fanno un casino del diavolo. Le donne tutte nere, gli uomini per contrasto tutti bianchi, con le barbette incolte e l'aria soddisfatta di chi ha compiuto il proprio dovere. Sarà un po' la costante di questo viaggio, il Pellegrinaggio a luoghi santi, quel misterioso richiamo che attira le folle da lontano, vero punto in comune delle fedi di tutto il mondo, un topos classico che dura dall'antichità. Forse è un comportamento insito nella natura umana, questo andare, andare verso una meta salvifica in una comunione spirituale di tanti altri come te; mescolarti alla massa adorante e annullarti in essa, tutti uguali di fronte al divino, tutti alla ricerca dello stesso fine salvifico, anche se la partenza aveva magari motivazioni diverse. Tutto con lo scopo realistico di mantenere in piedi economicamente una baracca fondata sulla fede o sulla credulità a seconda dal lato da cui la guardi. I volti sono soddisfatti, qualcuno mostra ai vicini gli acquisti fatti, borse e fagotti rigonfi di masserizie ingombrano le cappelliere, qualche berretto pashtun, qualche zuccotto bianco traforato, una incongrua testa di un innaturale rosso fuoco che si agita più degli altri, dando disposizioni a tutti, forse il capogruppo, forse l'imam. 

Yango - una moschea
All'arrivo a Yangon una vera folla ad attenderli, è il costume per chi ha fatto l'haji, la comunità che abbraccia coloro che tornano a casa con qualche cosa in più dentro di sé. In fondo un po' un'anomalia questa intrusione islamica in un paese quasi completamente e dichiaratamente buddhista, ma anche questa realtà minore va considerata, è presente e in qualche modo ci tiene a farsi identificare. Comunque nonostante la terrificante confusione si riesce ad arrivare all'uscita, anche grazie alla condiscendenza ed alla cortesia quasi innaturale che da questo momento in poi diventerà la caratteristica comune di tutti i contatti con i birmani. Da ogni parte sorrisi, nessuno che grida, offerte di aiuto spontanee e così via, addirittura, cosa che raramente mi è capitato di constatare, anche da parte dei doganieri o degli addetti all'immigrazione, inclusi impiegati che ti offrono il loro telefonino personale per chiamare se hai bisogno di risolvere una qualche difficoltà. Tutti parlano a bassa voce e sorridono con un moto grazioso inclinando la testa da un lato, cosa che ti mette istantaneamente di buon umore. Poi l'abbraccio tentacolare della grande città asiatica ti prende, uguale come dappertutto, con il suo traffico esagerato frutto di un nuovo modo di vivere calato in luoghi non predisposti per questa novità. Tuttavia, qui anche i clacson degli ingorghi paiono più gentili, urlano meno insomma, sembra quasi che dicano, devo suonare per tradizione, ma scusate. 

Yangon - Traffico
Così hai tempo per osservare le incongruenze e tutte quelle piccole differenze che contraddistinguono questa dalle altre metropoli asiatiche. Si guida a destra, ma la quasi totalità delle auto ha anche il volante a destra, cosa che obbliga gli autisti alle stesse contorsioni di collo che abbiamo noi quando ci troviamo a guidare con la nostra macchina in Inghilterra. I maligni dicono che è a causa del fatto che la persona, tra le 7 od 8 che hanno in mano tutta l'economia del paese, aveva convenienza a farle importare così, ci guadagnava di più insomma, dato che sono per la maggior parte auto giapponesi che nascono con la guida a destra. Saranno malignità, certamente come quella che dice che la ragione per cui in tutta Yangon è vietato il transito di moto e motorini, sia dovuta al fatto che uno di questi potenti sia stato investito proprio da una motoretta e così dal giorno dopo pare sia scattato l'editto bulgaro. Mah, se ne dicono tante, qualcuna sarà anche vera. Intanto stai fermo molto tempo in coda e hai tutto il tempo di guardarti intorno, di valutare tutti questi muri scrostati e corrosi dalla muffa nera che lascia l'umidità del monsone, dai formicai delle case di abitazione, dei tanti palazzi nuovi in costruzione, dove i cinesi la fanno da padrone, tutti vetri azzurrati e piastrelle, la passione dell'east Asia. I locali nuovi appena aperti, tutto luci e colori e le innumerevoli bancarelle, coi mercatini di strada, le cucine improvvisate dello street food, i ristoranti sul marciapiedi con gli sgabellini microscopici, le lastre di cemento che ricoprono le fogne sconnesse coi buchi pronti per fartici cadere dentro. 

Yangon - Night market
E la gente, tanta gente che cammina, che si muove, che vive. Intanto cala la notte e tutto si fa più buio, perché il paese ha questa costante. La luce è poca, forse preziosa e manca spesso. Le lampadine tremolano di lampi giallastri come a volerti lasciare da un momento all'altro, mentre dietro, nei vicoli, senti il borbottio dei generatori di chi se li può permettere. Ma il buio domina tutto, devi fare attenzione a dove metti i piedi, perché nella maggior parte dei casi non vedi dove li posi. L'attività cala di colpo eppure non hai mai la sensazione del pericolo che dà generalmente il buio in un paese sconosciuto. Questa Birmania concede sempre una sensazione di rilassatezza non colpevole che ti fa camminare tranquillo anche se devi stare attento a non inciampare e se qualcuno ti rivolge la parola è per chiederti se sai dove devi andare e se hai bisogno di indicazioni. Sì, ho detto Birmania e non Myanmar come correttamente si dovrebbe, perché io sono all'antica e sono abituato a conoscerla così, fatevene una ragione. Adesso fatemi andare in albergo, che sono in giro da quasi due giorni, piove fitto fitto e io non ho più il fisico per queste cose, ne parliamo domani.


SURVIVAL KIT

New Yangon Hotel 830, Corner of 9th street, Lanmadaw Township,  Maha Bandula, Yangon 11131- Posizione in downtown, nel quartiere cinese, abbastanza comodo per girare anche a piedi questa parte della città. Camere lillipuzione. Dichiarato 3* ma piuttosto modesto. Prezzo esagerato 50 $ per una cameretta senza finestre, ma questi pare siano i prezzi in città. Colazione alla cinese all'ultimo piano, vista sul quartiere. Personale come sempre gentilissimo.

Cambio - All'aeroporto arrivando è molto comodo e il cambio è conveniente come un tutti gli altri posti.
1 $ = 1010 Kyat       1€ = 1250 Kyat Vengono accettate solo banconote perfette non sporche, non piegate e per i Dollari solo quelli di tipo nuovo posteriori al 2006.


Yangon -  Monumento all'indipendenza

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5 commenti:

Simona ha detto...

Anch'io mi ostino a chiamarla Birmania.
L'impatto mi sembra abbastanza caotico, ti sei ambientato subito?

Enrico Bo ha detto...

Sì, direi che comunque è alla pari delle sue omoloche del sud est asiatico (Hanoi, Phnom Penh, Vientiane e così via).

Mimì ha detto...

Caro Enrico, mi ritrovo ne tuo primo impatto. ..ma anche nella grande voglia di tornare in questa terra meravigliosa fra la sua gente!
Sempre splendidi i tuoi avvincenti racconti..
Stasera lo ho riletto con una grande Voglia di rivivere quelle Emozioni infinite..
Un caro saluto..da Mimì. ..
Sciucran su TripAdvisor!

Mimì ha detto...

Caro Enrico, mi ritrovo ne tuo primo impatto. ..ma anche nella grande voglia di tornare in questa terra meravigliosa fra la sua gente!
Sempre splendidi i tuoi avvincenti racconti..
Stasera lo ho riletto con una grande Voglia di rivivere quelle Emozioni infinite..
Un caro saluto..da Mimì. ..
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Enrico Bo ha detto...

Grazie Dome, è questa terra così bella che nonpuò non rimanerti nel cuore!

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