venerdì 19 novembre 2021

Ecologia facile 6: La triste storia degli imballi

dal web


 Ieri sono stato ad una riunione di ex-compagni di scuola di università e assieme abbiamo visitato l'attuale facoltà di Agraria nel Campus di Grugliasco. Davvero una realtà interessante di cui abbiamo potuto valutare diversi aspetti, la parte agronomica, l'entomologica, l'apicoltura, la meccanica agraria ed abbiamo discusso dei diversi aspetti degli studi riguardanti l'agricoltura di oggi e del prossimo futuro col Prof. Grignani, direttore del dipartimento, che ci ha chiarito molto bene assieme ai suoi collaboratori, la direzione verso cui sta andando questo mondo. La facoltà, mi è sembrato, sta lavorando molto bene per portare il senso di una agricoltura moderna verso la strada giusta, che, a mio parere, non può essere che quella di risolvere il problema di sfamare il mondo senza perdere di vista la sua "sostenibilità". Ovviamente l'uso di questa parola che appositamente ho messo tra virgolette, va intesa non nel senso becero di etichetta d'obbligo senza la quale ormai non si può più neppure introdurre questi argomenti (assieme a "green" e a diverse altre) ma nella sua reale accezione, ciòe al fatto che quando si pensa all'avanzamento tecnologico necessario che deve essere forzatamente ricercato per far fronte al numero degli individui che popolano e popoleranno il pianeta in numero sempre maggiore, bisogna esaminare tutti gli aspetti che devono essere messi in atto per ridurre al massimo possibile ed in maniera globalmente utile, le diverse facce del problema, quello della produzione delle quantità necessarie, riducendo al massimo emissioni, consumo di suolo, inquinamento e così via. 

Per esempio ci si aspetta molto dalla produzione di insetti da trasformare in sostanza nutritiva per gli allevamenti (anche per l'alimentazione umana, per quanto credo che nella nostra cultura rimarrà sempre un aspetto marginale). L'affermazione di questa linea, se esaminata nel suo aspetto circolare, è davvero interessante anche per l'utilizzo di frazioni importanti di scarti dell'agricoltura stessa, che spesso rappresentano essi stessi un problema da risolvere. Stessa cosa per l'uso di molti scarti agricoli nella produzione di energia. Infatti, come avevamo detto all'inizio di queste chiacchierate, una cosa è rappresentata dalle problematiche del global warming, un'altra, spesso in contrasto, sono quelle degli scarti prodotti dalle nostre necessità, che sono inevitabilmente connaturate con l'esistenza della nostra specie. Vivere produce scarti. Deiezioni fisiologiche, parti di cibo che per cause diverse (deterioramento, parassiti, semplice spreco) non sono più consumabili, imballaggi, fondamentali perché aumentano in maniera sostanziale la resistenza al deterioramento diminuendone di conseguenza lo spreco. Da sempre l'uomo, che non è una specie stupida, ha cercato di ridurre lo spreco di nutienti, dato che il procurarseli era assai faticoso e impegnativo in termini di consumi energetici. 

Via via sono stati messi a punto molti sistemi per aumentare i tempi di conservazione che, favorendo anche il trasporto, permettevano alle derrate la fruizione in luoghi e tempi lontani dalla produzione, migliorando di molto la disponibilità di cibo, alla faccia della religione del kilometro 0. Salagione, affumicatura, essiccazione, trasformazione in prodotti più conservabili come i formaggi dal latte. Il consumo del'alimento fresco, di certo più appetibile e apportatore di migliori nutrienti, corrisponde purtroppo ad una sua scarsità di utilizzo e ad una fortissima percentuale di spreco. Sopravvenendo i metodi più moderni e innovativi, inscatolamento, liofilizzazione, surgelamento, sotto vuoto, senza citare neppure i più moderni e sofisticati, si è potuto diminuire considerevolmente lo spreco che attualmente, nei paesi più avanzati, è inferiore al 30% e ogni nuova tecnologia contribuirà a diminuirlo sempre di più senza illudersi di poterlo azzerare, per tutta una serie di motivi che necessiterebbero di altre analisi, che al momento non è il caso di fare. Tutto il settore dell'imballaggio è parte fondamentale in questo processo, carta, alluminio, vetro, ma soprattutto plastica, sono la chiave di questi processi, creando a loro volta un problema di scarti da smaltire. Dunque un cane che si morde la coda? Certamente no, in quanto dobbiamo capire che lo scarto, qualunque esso sia, in un sistema circolare, in luogo di essere un problema di cui liberarsi, deve essere considerato una preziosa risorsa da utilizzare. Gli scarti devono essere la nostra futura miniera d'oro. 

Intanto considerate che già al momento attuale qualunque materiale necessario a questi scopi è perfettamente riciclabile e riutilizzabile, anche in due o tre modi diversi, con le tecnologie già esistenti, basta che le filiere si organizzino e vengano alimentate con continuità. Le possibilità di scelta già oggi sono tecnicamente molte e bisognerebbe sempre dare la precedenza a quelle più "sostenibili" appunto, valutando bene ogni punto del processo, dalla nascita dell'imballo al suo completo riciclo, calcolando quali sistemi siano più efficienti. E' inutile pensare di risparmare nell'utilizzo di un certo tipo di imballo, se poi questo mi produce una maggiore perdita e spreco di prodotto, ad esempio. Ricordo sul web la presentazione di frutti a rapido deterioramento in vaschette avvolte di pellicola, con i commenti di un deficiente che lanciava maledizioni all'indirizzo della plastika e dei suoi utilizzatori colpevoli di uccidere tartarughe e delfini (questo fa sempre colpo sulle anime semplici). Naturalmente non aveva considerato di quanto in questo modo, di prolungasse la conservazione di quei frutti con relativa diminuzione di spreco del prodotto stesso, mentre qualcuno più furbo di lui lo aveva invece calcolato ritenendo quindi più conveniente metterlo lì in atmsfera controllata di azoto, invece di lasciarlo nudo e crudosul bancone in attesa che marcisse e fosse gettato. 

Poi si possono sbagliare i conti, per carità, ma il sistema di procedura è corretto. E per le isole di rumenta di plastica grosse ormai come il Pacifico, come la mettiamo? Sento una voce dal fondo. Ma benedetta zucca vuota, se tu il sacchetto di plastica lo butti per terra invece di riciclarlo, sei tu il maiale a cui piacerotolarsi nel brago, non la plastika, che è la più importante scoperta del secolo scorso, che ha permesso una infinità di processi applicativi, con una popolarizzazione di consumi infinita, riducendo i costi a tal punto che moltissime cose esclusive potessero diventare accessibili a tutti ed allo stesso tempo è la sostanza più facilmente riciclabile oggi conosciuta, con l'ecobalance (il consumo in TEP- tonnellate-petrolio equivalenti, dalla sua creazione al suo completo riciclo) più favorevole tra tutti gli altri materiali che siano vetro, plastica o alluminio. Bisogna sempre avere l'umiltà di fare i conti prima di triciare giudizi (magari inconsapevolmente guidati dalle lobbies delle sostanze concorrenti). Ricordatevi dunque che il problema della pollution, al contrario del global warming, che come abbiamo visto nei giorni precedenti potrebbe essere una grana non risolvibile con i sistemi oggi conosciuti, è al contrario, tecnicamente affrontabile con le tecnologie attuali e gestibile con la dovuta organizzazione. I rifiuti dovranno sempre di più essere considerati una ricchezza, una miniera insostituibile, da utilizzare completamente e non da seppellire stupidamente. Questo si può fare, basta volerlo.


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