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mercoledì 9 novembre 2022

São Tomé 13 - Monte Cafè


São Tomé - La bottega del caffè


Madì sta sulla porta della bottega come un ragno inattesa delle mosche che pur svolazzando per un po' intorno alla tela, alla fine verranno inevitabilmente qui ad impigliarsi. Ti aspetta con un sorriso radioso, il viso largo e il cappellino blu, in attesa che tu ti decida ad entrare nel negozio della cooperativa della Roça di Monte Cafè. La pioggerella è diventata meno fastidiosa ed è servita comunque a pulire le pietre del selciato davanti alle costruzioni che circondano la grande piazza centrale. Il museo del caffè, che per la verità era proprio lo scopo della nostra sosta, è racchiuso nel lungo edificio bianco a cui si accede da una pomposa scalinata che le roças solevano utilizzare per gli accessi a queste costruzioni, proprio per magnificarne l'importanza, ma siccome imprevidentemente siamo venuti di domenica, è chiuso. Bisognerà rimandarne la visita ad un'altra volta, ma dato che siamo venuti, non c'è ragione per non approfittare appunto della bottega di Madì, la vetrina della cooperativa che in questo momento gestisce la roça, l'ultima che produce in quantità consistente il caffè, dopo che la concorrenza dei paesi forti produttori, aveva messo São Tomé fuori mercato. I circa 400 produttori resistono proprio grazie al fatto che ha puntato tutto sul nuovo vento dell'organico bio, che consente di vendere un prodotto certo di ottima qualità e prodotto ancora con metodologie tradizionali, ma soprattutto ad un prezzo sostenuto da quell'aura di santità che questo tipo di produzione ha assunto ormai in tutto il mondo. Negli spazi davanti ai magazzini di lavorazione ci sono diverse piante di caffè a scopo didascalico, dalle quali puoi distinguere i diversi stadi di maturazione delle bacche e le differenze tra le specie Arabica e Robusta, che conferiscono al prodotto finale caratteristiche diverse e spesso complementari. 

Il raccoglitore

La specie Robusta dà un caffè più "forte" che produce una schiuma spessa e persistente, mentre l'Arabica è caratterizzata soprattutto per un aroma delicato e ricco di sfumature morbide. La ricerca dei cultori va sempre (come per i thé) nella ricerca delle miscele che riescano a contenere il maggior numero di sensazioni organolettiche naturalmente, anche se la torrefazione ha poi una sua importanza fondamentale. Di certo se parti da un prodotto iniziale di grande qualità, molto è fatto, si tratta solo di non rovinare nulla dei presupposti positivi del prodotto iniziale. Entriamo negli edifici che erano adibiti all'essiccazione dei grani subito dopo la raccolta. L'aria di cupo abbandono che respiri, la penombra umida, i carretti sulle rotaie rugginose che servivano al trasporto del caffè fino a qui dalle piantagioni, conferiscono all'interno dei capannoni un aria di dolorosi ricordi, di file di lavoratori che scaricano le loro gerle piene sugli immensi graticci dove i grani seccheranno al calore del sole prima di essere poi lavorati per liberarsi delle bucce e produrre i grani verdognoli pronti per essere tostati. Di certo doveva essere un lavoro durissimo, propriamente da schiavi e il fatto che con l'abolizione ufficiale, questa pratica orrenda fosse stata sostituita da un sistema ancora più sottilmente perverso, rende il tutto ancora più doloroso. Infatti la concessione ai serviçais di una sorta di piccolo salario, li rendeva ancora più dipendenti dal sistema, di fatto impossibilitati a scegliere alternative che non esistevano; questa gente cercava quindi in tutti i modi di rendersi adatta al lavoro, per poter comunque avere una possibilità di sopravvivenza, un po' come sembra succedere nella moderna gig-economy, non vi pare? 

Ecco una grande gerla posata sui graticci, Madì me la mette in testa, dopo avermi accomodato un pannicello aggiustato a cerchio per aumentare la superficie di contatto (anche se ho la testa abbastanza grossa) al fine, evidentemente, di ottenere un maggior equilibrio. Ecco, bisogna tenerla su, senza toccarla con le mani e senza farla cadere per almeno una trentina di secondi. Nella realtà la prova effettiva a cui venivano sottoposti gli aspiranti serviçais prevedeva che la cesta fosse piena di cento chili di chicchi di caffè e che il candidato percorresse appunto la scalinata di cui vi ho parlato prima fino al magazzino. Quindi stipendio sì, ma solo a coloro che presentavano quelli che oggi si direbbero i giusti skills per essere assunti, forza ed equilibrio. Non soltanto tu scegli di essere schiavo, ma devi anche dimostrare di poterlo fare in modo efficiente. Eseguo il mio compito, anche se il mio equilibrio di anziano è piuttosto precario, pur essendo la cesta vuota, tra le risate di Madì che sembra divertirsi da matti in questo suo compito di cicerona. Così anche Tiziana viene bardata da raccoglitrice con tanto di grembialone legato dietro la schiena, al momento di polietilene, beh la verità storica non è sempre facile da riprodurre! Nello stanzone dietro la bottega infine, possiamo fare una degustazione del caffè prodotto attualmente, una miscela di 75% di robusta e 25 % di arabica, che appare come una buona mediazione tra aromaticità e gusto. Non si può mancare anche una bella tazza di tisana Mikoko, depurativa e calmante che come dicono in Piemonte, 'a fà tan bìn. La visita è stata interessante, inclusa l'esposizione dei vecchi strumenti di lavorazione e qualche vecchia foto d'epoca. 

Cerco però di farmi raccontare un po' di più sulla situazione attuale, insomma come se la sfanga la cooperativa. Secondo me le cose non vanno a gonfie vele; il mercato è difficile e anche se i prezzi si sono un poco ripresi, vendere un prodotto, per quanto titolato a prezzi elevati per consentire una gestione tradizionale è più facile da dire che da conseguire. Sembra che una grossa ditta francese volesse acquistare la piantagione per avere una sorta di fiore all'occhiello, soprattutto per ragioni di immagine, cosa che in effetti oggigiorno potrebbe pagare, ma poi la cosa è sfumata. Qui nella Roça la vita rimane difficile, certo, ci sono le scuole e a ricordo del vecchio ospedale, c'è una specie di ambulatorio dove tre volte alla settimana viene qualcuno a fare visite e a distribuire medicinali. Sulla carta la sanità nazionale è gratuita per tutti, ma se vuoi fare un esame specifico, una lastra, una ecografia, ti prenotano dopo mesi e le medicine migliori non ci sono mai, salvo che tu possa fare tutto a pagamento. Vi ricorda qualcosa? Nelle vecchie costruzioni sono state ricavate le scuole e tutti i bambini ci vanno, ma il futuro non è così rosa come si dovrebbe sperare. Forse il turismo, goloso di queste realtà, potrebbe aiutare, ma di strada ce n'è ancora molta da fare. Madì e la sua amica Maria, bellissima col suo turbante giallo, vogliono fare qualche foto assieme, a loro piace chiacchierare con chi arriva e si interessa al loro mondo e ci regalano un conchiglia colorata, il loro modo di ringraziarci per la visita. Per il museo, torneremo un'altra volta. E' ripreso a piovere e riattraversiamo il cortile cercando di evitare le pozzanghere fangose più grosse. Una truppa di maialini corre disperata attraverso la strada per sfuggire ad un pulmino collettivo pieno di ragazzini che arrivano per la scuola, Tra un po' comincia il turno del pomeriggio e scendono tutti di corsa, con le loro divise azzurre pulite. Noi scendiamo verso la città, il profumo di caffè ancora nel naso.


Bacche di caffè


SURVIVAL KIT

Roça Monte Cafè - A 15 km dal centro città con la R3 subito dopo Trinidade. (taxi collettivo 10 Dobra). E' la più grande piantagione di caffè ancora operativa. Alla fine del 1800 dava lavoro a 3500 persone. Oggi produce caffè biologico che esporta. Si possono, con visita guidata, vedere i magazzini e il processo di lavorazione, oltre alla parte botanica in un apposito giardino. Dà bene l'idea di come era disposta una grande Roçacidade ottocentesca. Alla sinistra nel piazzale c'è anche il ristorantino Efraim se volete fermarvi per un boccone (comunque a prezzo da turisti). Per la visita e la degustazione viene richiesto un contributo di 3 € a persona. Se poi comprate qualche pacchetto di caffè, confezioni sottovuoto da 2,5 hg a 4 € è ancora meglio. Il vicino museo del caffè è chiuso la domenica.

Il capannone di essiccazione


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martedì 8 novembre 2022

São Tomé 12 - Le Roças

São Tomé - Un comboios di una antica roça - Foto T.Sofi


 La foresta primaria ha un suo fascino primordiale. Anche se qui siamo ai margini della grande estensione che ricopre l'isola verso sudovest fino ad arrivare al mare, ti senti ugualmente circondato da un ambiente intonso, con una massa verde in perenne evoluzione che a poco a poco si mangia tutto quello a cui arriva, lo avvolge, lo assimila e lo ricopre di fogliame, di tronchi caduti, di marcescenze vitali sulle quali si sviluppa altra vita in un ciclo vorticoso ed inarrestabile. L'umidità è costante come la temperatura, una serra in cui tutto si sviluppa a velocità doppia o tripla del consueto e la sensazione costante è che dall'alto goccioli continuamente qualcosa, una specie di linfa vitale che ne nutre la crescita. Quando scendi verso la strada invece, tutto questo muta, sei sempre circondato dal verde, ma anche nel disordinato susseguirsi di alberi e cespugli diversi, avverti la mano dell'uomo, che è intervenuto pesantemente a suo favore; la specie che domina il pianeta e, nella sua ansia di sopravvivere, lo muta implacabilmente e irrimediabilmente, aggredendone i fondamentali. Il pianeta cerca di  difendersi, ma il numero irresistibilmente in crescita di parassiti, ne erode via via il potere tampone e costringe un ambiente per sua natura finito. a consumarsi almeno fino a quando il parassita non consumerà se stesso. La strada, la R3, quindi ti riporta nel mondo degli uomini, lasciandoti alle spalle quella natura, madre o matrigna o semplicemente attore indifferente alla tua presenza come piaceva pensare al nostro Leopardi e riprende a Montecafè, una delle roças più famose e storicamente importanti. 

A questo punto bisogna spendere due parole su questa caratteristica peculiare che rappresenta anche un elemento distintivo dell'arcipelago. Cosa sono le Roças, che punteggiano le isole e quale è stata ed è la loro funzione attuale? Riprendendo un po' la storia del paese, dobbiamo ricordare che subito dopo la fase iniziale del XVI secolo in cui l'area fungeva esclusivamente da magazzino di sosta per gli schiavi che imprigionati sulla costa, venivano portati nelle Americhe, subito si sviluppò l'economia delle piantagioni e in particolare quelle della canna da zucchero che prosperò per circa un secolo e andò poi in crisi a causa della concorrenza proprio di quelle americane. Dopo quasi due secoli di abbandono, alla fine del '700, arrivò a São Tomé il caffè, seguito subito dopo dal cacao che ebbe immediatamente una grande fortuna, tanto da far diventare l'arcipelago, il primo produttore mondiale al suo culmine nel 1913. Il meccanismo delle Roças attraverso le quali si sviluppò questo sistema è proprio di São Tomé. La Roça è decisamente diversa dalle grandi fazendas brasiliane o dai ranch nordamericani; il nome deriva dal portoghese roçar che significa "ripulire i boschi", in sostanza bonificare aree per impiantare coltivazioni e qui il termine è passato ad indicare una specifica struttura per entrare e vincere una natura ostile ed impenetrabile, per abbatterne la ferocia e domarla. Questo è il concetto che ha caratterizzato la cultura coloniale fino al '900, non per nulla non appena questi progetti, a causa di crisi o del cessare della motivazione economica, cessavano il loro sviluppo, in pochissimo tempo queste aree venivano rimangiate e ricoperte dalla foresta. 

L'altro fattore basilare è stato che queste strutture funzionavano solo grazie al sistema della schiavitù e quando questa fu ufficialmente abolita, nella realtà quaggiù continuò attraverso il sistema dei serviçais, lavoratori a contratto fatti arrivare dall'Angola, da Capo Verde e da altri paesi del continente, che avevano certo un piccolissimo salario, ma nella pratica sono legati indissolubilmente alla Roça di appartenenza, senza possibilità di fare altro. La Roça ha una struttura ben precisa, sviluppata secondo tre modelli a seconda delle sue dimensioni. La Terreira, la realtà più piccola che si sviluppa attorno ad una piazza centrale, la Avenida, le cui costruzioni si allungano lungo una strada che la taglia in due e la Citade che consiste in un vero e proprio paesino con case sparse e altre costruzioni. Tutte sono organizzate in piccole comunità che tendono all'autosufficienza e dispongono normalmente di una Casa principal dove viveva la famiglia del proprietario o se questo, come spesso accadeva risiedeva in Portogallo, fungeva da ufficio amministrativo ed era costruita in stile coloniale, anche con una certa ricercatezza, con riferimenti lusitani, ampi porticati, guglie, ricorso agli azulejos e sale di rappresentanza. L'altro edificio di grande rilevanza era l'ospedale, reso obbligatorio da una certa pressione internazionale che vedeva di mal occhio questo sistema di schiavitù mascherata e che voleva mostrare al mondo come ci si prendeva cura dei lavoratori addetti e delle loro famiglie. Si tratta di costruzioni importanti, con ampie scale di accesso, quasi si volesse mostrarli come tratti distintivi, non a caso alcuni sono posti su alture in modo che si vedessero anche dal mare, per mostrarli alle navi di passaggio.

 Infine le sanzalas, serie di baracche prive di ogni servizio, costituite da una stanza in cui viveva una intera famiglia di serviçais, poste in serie lunghe e strette, chiamati anche comboios in quanto ricordano una lunga fila di vagoni ferroviari. Poi naturalmente c'erano i magazzini per la lavorazione e la essiccazione del caffè o delle fave di cacao ed il loro stoccaggio. Da qui partivano binari di piccole ferrovie che trasportavano il  prodotto finito fino ai porticcioli della costa dove arrivavano a caricare le navi. Nel periodo d'oro, alla fine dell''800 c'erano a São Tomé più di 200 Roças molte delle quali con più di 500 serviçais. Agli inizi del '900 addirittura alcune aziende europee decretarono un boicottaggio del prodotto saotomense, a causa proprio della brutalità di trattamento che subivano questi lavoratori. Nel 1950 quando cominciarono le prime sanguinose rivolte, culminate nel cosiddetto massacro di Trinidade, la metà dei circa 50.000 abitanti erano serviçais immigrati. Dopo l'indipendenza, con l'instaurarsi di un regime di tipo marxista, come accadde in molti stati africani, la maggioranza delle Roças venne nazionalizzato, i portoghesi residenti abbandonarono in massa l'isola e, complice la crisi dei prezzi del cacao, la maggior parte delle Roças cadde in rovina e gli edifici abbandonati cominciarono una inarrestabile decadenza, alcuni riconquistati dalla foresta, altri diventati piccole comunità degli ex-lavoratori. Questo patrimonio architettonico si sta rapidamente deteriorando preda della forza della natura circostante, delle piogge, dello sviluppo di funghi, insetti mangialegno e non ultimo l'azione disgregatrice degli stessi abitanti che cercano in qualche modo di riutilizzare materiali vari. 

Tutta la parte di costruzioni ancora visibile, è ormai quasi completamente fatiscente, colpita da un inarrestabile degrado, ma rappresenta tuttavia un interessantissimo aspetto di quello che potremmo definire archeologia agricolo-industriale, che può fornire spunti interessanti all'eventuale sviluppo turistico prevedibile date le caratteristiche di interesse naturalistico di questa terra. Una sorta di inversione di tendenza è avvenuto dopo il '90, quando nel mondo ha cominciato a soffiare l'ideologia del biologico e del naturale. E qui diciamo che il paese ha saputo in parte sfruttare questa opportunità di marketing che si prestava molto bene alle situazioni locali, assolutamente sovrapponibili al consenso che accompagna questa ideologia. Intanto, oltre a tutto questo, c'era stata una distribuzione di terre agli abitanti, in appezzamenti di 2,5 ettari a famiglia, anche se la cosa non ebbe un grande successo a causa della avversione naturale che la gente aveva ormai verso il lavoro della terra, dati i passati trascorsi, ma grazie anche a questo si sono formate grandi cooperative di piccoli produttori e qualche azienda di privati che hanno investito, proprio pensando alle opportunità derivanti dall'aspetto della naturalità e del biologico che poteva essere opportunamente sfruttato. Così alcune Roças hanno ripreso vita, unendo all'aspetto della produzione di alta qualità, anche le opportunità turistiche, sono sorti ecolodge e ristoranti che puntano su questo e alcuni edifici sono stati ripresi e risistemati. 

Gli esempi più eclatanti sono la cooperativa Cecab, che riunisce oltre 2000 produttori ed esporta cacao biologico dalla  Roça di Monte Forte e il già citato italiano Claudio Corallo che, a metà degli anni '90, già proprietario della Roça di Nova Moca dove produceva caffè, ha cominciato con una produzione di cacao di altissima qualità, su un terreno di oltre 20 ha, che controlla dalla coltivazione alla produzione del cioccolato e che esporta in tutto il mondo. Le sue tavolette da 100 gr. da cacao biologico costano 7€ cadauna e la visita della sua fabbrica, dove si svolgono anche assaggi di diversi tipi di cioccolati, costerebbe, ma solo per sentito dire 40 € a persona su prenotazione, ma non ho riscontri, per cui aspetto conferma da chi ci sia andato. Insomma una rinascita su basi diverse e attualizzate all'andamento ed alle mode dei tempi, che potrebbe pagare bene e contemporaneamente contribuire ad uno sviluppo interessante anche per il paese. In ogni caso alcune delle costruzioni di queste Roças come quella di S. João dos Angulares o di Belo Monte o di Sundy a Principe sono state trasformate in hotel internazionali di lusso estremo. La visita delle Roças con il loro fascino di decadenza inarrestabile, i muri corrosi e le testimonianze di un antico splendore, rappresentano comunque un punto di grande interesse per chi visita l'arcipelago e molte sono le opportunità a piedi o in auto di effettuare giri, alla ricerca delle più belle o delle più nascoste e dimenticate. Noi intanto che siamo qui ci fermiamo appunto sulla grande piazza di Monte Cafè che ci offrirà l'opportunità di vederne una delle più famose. 

Semi di cacao

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Fabbrica di cioccolato Sundy
11 - Jardim botanico

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