martedì 8 novembre 2022

São Tomé 12 - Le Roças

São Tomé - Un comboios di una antica roça - Foto T.Sofi


 La foresta primaria ha un suo fascino primordiale. Anche se qui siamo ai margini della grande estensione che ricopre l'isola verso sudovest fino ad arrivare al mare, ti senti ugualmente circondato da un ambiente intonso, con una massa verde in perenne evoluzione che a poco a poco si mangia tutto quello a cui arriva, lo avvolge, lo assimila e lo ricopre di fogliame, di tronchi caduti, di marcescenze vitali sulle quali si sviluppa altra vita in un ciclo vorticoso ed inarrestabile. L'umidità è costante come la temperatura, una serra in cui tutto si sviluppa a velocità doppia o tripla del consueto e la sensazione costante è che dall'alto goccioli continuamente qualcosa, una specie di linfa vitale che ne nutre la crescita. Quando scendi verso la strada invece, tutto questo muta, sei sempre circondato dal verde, ma anche nel disordinato susseguirsi di alberi e cespugli diversi, avverti la mano dell'uomo, che è intervenuto pesantemente a suo favore; la specie che domina il pianeta e, nella sua ansia di sopravvivere, lo muta implacabilmente e irrimediabilmente, aggredendone i fondamentali. Il pianeta cerca di  difendersi, ma il numero irresistibilmente in crescita di parassiti, ne erode via via il potere tampone e costringe un ambiente per sua natura finito. a consumarsi almeno fino a quando il parassita non consumerà se stesso. La strada, la R3, quindi ti riporta nel mondo degli uomini, lasciandoti alle spalle quella natura, madre o matrigna o semplicemente attore indifferente alla tua presenza come piaceva pensare al nostro Leopardi e riprende a Montecafè, una delle roças più famose e storicamente importanti. 

A questo punto bisogna spendere due parole su questa caratteristica peculiare che rappresenta anche un elemento distintivo dell'arcipelago. Cosa sono le Roças, che punteggiano le isole e quale è stata ed è la loro funzione attuale? Riprendendo un po' la storia del paese, dobbiamo ricordare che subito dopo la fase iniziale del XVI secolo in cui l'area fungeva esclusivamente da magazzino di sosta per gli schiavi che imprigionati sulla costa, venivano portati nelle Americhe, subito si sviluppò l'economia delle piantagioni e in particolare quelle della canna da zucchero che prosperò per circa un secolo e andò poi in crisi a causa della concorrenza proprio di quelle americane. Dopo quasi due secoli di abbandono, alla fine del '700, arrivò a São Tomé il caffè, seguito subito dopo dal cacao che ebbe immediatamente una grande fortuna, tanto da far diventare l'arcipelago, il primo produttore mondiale al suo culmine nel 1913. Il meccanismo delle Roças attraverso le quali si sviluppò questo sistema è proprio di São Tomé. La Roça è decisamente diversa dalle grandi fazendas brasiliane o dai ranch nordamericani; il nome deriva dal portoghese roçar che significa "ripulire i boschi", in sostanza bonificare aree per impiantare coltivazioni e qui il termine è passato ad indicare una specifica struttura per entrare e vincere una natura ostile ed impenetrabile, per abbatterne la ferocia e domarla. Questo è il concetto che ha caratterizzato la cultura coloniale fino al '900, non per nulla non appena questi progetti, a causa di crisi o del cessare della motivazione economica, cessavano il loro sviluppo, in pochissimo tempo queste aree venivano rimangiate e ricoperte dalla foresta. 

L'altro fattore basilare è stato che queste strutture funzionavano solo grazie al sistema della schiavitù e quando questa fu ufficialmente abolita, nella realtà quaggiù continuò attraverso il sistema dei serviçais, lavoratori a contratto fatti arrivare dall'Angola, da Capo Verde e da altri paesi del continente, che avevano certo un piccolissimo salario, ma nella pratica sono legati indissolubilmente alla Roça di appartenenza, senza possibilità di fare altro. La Roça ha una struttura ben precisa, sviluppata secondo tre modelli a seconda delle sue dimensioni. La Terreira, la realtà più piccola che si sviluppa attorno ad una piazza centrale, la Avenida, le cui costruzioni si allungano lungo una strada che la taglia in due e la Citade che consiste in un vero e proprio paesino con case sparse e altre costruzioni. Tutte sono organizzate in piccole comunità che tendono all'autosufficienza e dispongono normalmente di una Casa principal dove viveva la famiglia del proprietario o se questo, come spesso accadeva risiedeva in Portogallo, fungeva da ufficio amministrativo ed era costruita in stile coloniale, anche con una certa ricercatezza, con riferimenti lusitani, ampi porticati, guglie, ricorso agli azulejos e sale di rappresentanza. L'altro edificio di grande rilevanza era l'ospedale, reso obbligatorio da una certa pressione internazionale che vedeva di mal occhio questo sistema di schiavitù mascherata e che voleva mostrare al mondo come ci si prendeva cura dei lavoratori addetti e delle loro famiglie. Si tratta di costruzioni importanti, con ampie scale di accesso, quasi si volesse mostrarli come tratti distintivi, non a caso alcuni sono posti su alture in modo che si vedessero anche dal mare, per mostrarli alle navi di passaggio.

 Infine le sanzalas, serie di baracche prive di ogni servizio, costituite da una stanza in cui viveva una intera famiglia di serviçais, poste in serie lunghe e strette, chiamati anche comboios in quanto ricordano una lunga fila di vagoni ferroviari. Poi naturalmente c'erano i magazzini per la lavorazione e la essiccazione del caffè o delle fave di cacao ed il loro stoccaggio. Da qui partivano binari di piccole ferrovie che trasportavano il  prodotto finito fino ai porticcioli della costa dove arrivavano a caricare le navi. Nel periodo d'oro, alla fine dell''800 c'erano a São Tomé più di 200 Roças molte delle quali con più di 500 serviçais. Agli inizi del '900 addirittura alcune aziende europee decretarono un boicottaggio del prodotto saotomense, a causa proprio della brutalità di trattamento che subivano questi lavoratori. Nel 1950 quando cominciarono le prime sanguinose rivolte, culminate nel cosiddetto massacro di Trinidade, la metà dei circa 50.000 abitanti erano serviçais immigrati. Dopo l'indipendenza, con l'instaurarsi di un regime di tipo marxista, come accadde in molti stati africani, la maggioranza delle Roças venne nazionalizzato, i portoghesi residenti abbandonarono in massa l'isola e, complice la crisi dei prezzi del cacao, la maggior parte delle Roças cadde in rovina e gli edifici abbandonati cominciarono una inarrestabile decadenza, alcuni riconquistati dalla foresta, altri diventati piccole comunità degli ex-lavoratori. Questo patrimonio architettonico si sta rapidamente deteriorando preda della forza della natura circostante, delle piogge, dello sviluppo di funghi, insetti mangialegno e non ultimo l'azione disgregatrice degli stessi abitanti che cercano in qualche modo di riutilizzare materiali vari. 

Tutta la parte di costruzioni ancora visibile, è ormai quasi completamente fatiscente, colpita da un inarrestabile degrado, ma rappresenta tuttavia un interessantissimo aspetto di quello che potremmo definire archeologia agricolo-industriale, che può fornire spunti interessanti all'eventuale sviluppo turistico prevedibile date le caratteristiche di interesse naturalistico di questa terra. Una sorta di inversione di tendenza è avvenuto dopo il '90, quando nel mondo ha cominciato a soffiare l'ideologia del biologico e del naturale. E qui diciamo che il paese ha saputo in parte sfruttare questa opportunità di marketing che si prestava molto bene alle situazioni locali, assolutamente sovrapponibili al consenso che accompagna questa ideologia. Intanto, oltre a tutto questo, c'era stata una distribuzione di terre agli abitanti, in appezzamenti di 2,5 ettari a famiglia, anche se la cosa non ebbe un grande successo a causa della avversione naturale che la gente aveva ormai verso il lavoro della terra, dati i passati trascorsi, ma grazie anche a questo si sono formate grandi cooperative di piccoli produttori e qualche azienda di privati che hanno investito, proprio pensando alle opportunità derivanti dall'aspetto della naturalità e del biologico che poteva essere opportunamente sfruttato. Così alcune Roças hanno ripreso vita, unendo all'aspetto della produzione di alta qualità, anche le opportunità turistiche, sono sorti ecolodge e ristoranti che puntano su questo e alcuni edifici sono stati ripresi e risistemati. 

Gli esempi più eclatanti sono la cooperativa Cecab, che riunisce oltre 2000 produttori ed esporta cacao biologico dalla  Roça di Monte Forte e il già citato italiano Claudio Corallo che, a metà degli anni '90, già proprietario della Roça di Nova Moca dove produceva caffè, ha cominciato con una produzione di cacao di altissima qualità, su un terreno di oltre 20 ha, che controlla dalla coltivazione alla produzione del cioccolato e che esporta in tutto il mondo. Le sue tavolette da 100 gr. da cacao biologico costano 7€ cadauna e la visita della sua fabbrica, dove si svolgono anche assaggi di diversi tipi di cioccolati, costerebbe, ma solo per sentito dire 40 € a persona su prenotazione, ma non ho riscontri, per cui aspetto conferma da chi ci sia andato. Insomma una rinascita su basi diverse e attualizzate all'andamento ed alle mode dei tempi, che potrebbe pagare bene e contemporaneamente contribuire ad uno sviluppo interessante anche per il paese. In ogni caso alcune delle costruzioni di queste Roças come quella di S. João dos Angulares o di Belo Monte o di Sundy a Principe sono state trasformate in hotel internazionali di lusso estremo. La visita delle Roças con il loro fascino di decadenza inarrestabile, i muri corrosi e le testimonianze di un antico splendore, rappresentano comunque un punto di grande interesse per chi visita l'arcipelago e molte sono le opportunità a piedi o in auto di effettuare giri, alla ricerca delle più belle o delle più nascoste e dimenticate. Noi intanto che siamo qui ci fermiamo appunto sulla grande piazza di Monte Cafè che ci offrirà l'opportunità di vederne una delle più famose. 

Semi di cacao

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