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Fontana nel parco |
In tutte le costruzioni successive alla rivoluzione d'ottobre, si è persa, non si sa come, la capacità di fare le scale con i gradini tutti uguali, cosa che si ottiene con una facile formuletta in possesso di ogni geometra e semplice capomastro, senza scomodare progettisti e architetti. Dappertutto dalla Russia alla Cina, nella pletora dei palazzi, dalle ormai fatiscenti
kruschiove moscovite, alle periferie centro asiatiche, ai palazzi del potere sorti negli sventrati antichi quartieri degli
hutong pechinesi, quando salite una qualunque rampetta di scale arriverete all'ultimo gradino che ha un'altezza differente da tutti gli altri, sempre ed invariabilmente, in quanto si è sbagliato il calcolo della pedata. Questo mi sembra un dato curioso che ho riscontrato anche qui in Moldavia. Insomma quando sei dentro ad una casa capisci subito se è stata fatta prima del '900 o dopo, basta salire le scale. L'altra cosa che colpisce a Chisinau, è la forte percentuale di verde pubblico, parchi e giardini, ben tenuti e in questa stagione ricoperte di fiori che forniscono una piacevolissima cartolina della città. Il parco Stefan cel Mare è molto grande e popolato di ragazzi, mamme coi passeggini e anziani che si godono il sole sulle panchine tra busti bronzei di letterati famosi sotto alberi secolari, un passaggio chiamato anche il viale dei classici. La statua del sovrano osserva severo il corso sempre a lui intitolato, dove passano i filobus di antica memoria.
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Una venditrice ambulante |
Bisogna dire che l'orgoglio nazionalistico moldavo ha fatto spostare la statua qui all'angolo esterno del parco dopo che gli era stata innalzata una gigantesca statua di Lenin, oggi ovviamente scomparsa, proprio di fronte. L'altro parco attiguo, quello della cattedrale dedicata alla Natività, è quello dedicato allo spazio pubblico delle manifestazioni dello stato, essendo proprio davanti al palazzo del governo, ha spazi ancora più larghi, con il bell'arco di trionfo, il centro ufficiale della capitale, quasi di fronte al Teatro dell'Opera. Il suo orologio meccanico inserito successivamente e illuminato di notte è uno dei pezzi più famosi e conosciuti. La grande cattedrale poco più indietro, più volte rimaneggiata e restaurata presenta una imponente facciata vagamente neoclassica con le sue sei grandi colonne e relativo frontone. All'interno tre imponenti altari, fuori il campanile distaccato. Di fronte un mercatino di paccottiglia turistica, che presenta tanti rimasugli di nostalgie sovietiche, dai (finti) tesserini del KGB, ai colbacchi e dell'esercito, alle onnipresenti matrioske oggi aggiornate con le facce degli attuali politici. Qui c'è poco da mordere, se non il piacere della nostalgia di un tempo perduto, per chi questi mercatini ha frequentato per anni, cercando curiosità tra le centinaia di sigilli, medaglie, targhette, distintivi, onorificenze di manifestazioni o premi dell'operaio del mese. Una vecchina piuttosto arzilla, mi vede con la macchina fotografica al collo e ovviamente mi identifica come turista, attaccandomi subito bottone, visto che riesco a spiaccicare qualche timida frasetta nel mio russo elementare.
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Hotel Chisinau |
E' di origine polacca e come molti ha una figlia, Corina, che lavora in Italia, a Roma, chissà se la conosco. Ride ed ha un sorriso tenero; che bello sarebbe conoscere la sua storia, come è stato il suo passato, che lavoro faceva, è sola con la figlia lontana o sta in qualche casetta col giardino in periferia ad allevare un nipotino, aspettando che una volta l'anno torni la mamma lontana. Se ne va costeggiando una aiuola piena di fiori rossi, gialli e blu, i colori della bandiera, i passi corti ed attenti degli anziani, sempre velati di una malinconia lieve. Sono tante le chiese che vedi lungo le strade, quasi tutte riconsacrate dopo la parentesi comunista, che le aveva trasformate nei locali più strani, da luoghi di riunioni per il ballo degli studenti di medicina, a magazzini per le merci più varie. C'è anche la cattedrale cattolica della Divina Provvidenza, in un'area che essendo sotto la giurisdizione della Santa Sede e sede vescovile, gode di una sorta di extraterritorialità. Mi siedo a godermi un po' di sole sulla panchina del sagrato accanto alla statua di bronzo a grandezza naturale di Papa Giovanni Paolo II. Un pretino nero cammina veloce verso una porta secondaria. Due mamme si raccontano pettegolezzi con le borse della spesa attaccate ai passeggini. Basta però attraversare un paio di strade e si arriva in uno dei punti più vivaci della capitale, il mercato all'aperto, chiamato Piata Centrala, che ricorda un po' i vecchi mercati colcosiani, con le donne appollaiate dietro i banchi ricolmi di merci un tempo non disponibili nei negozi statali e ricercatissime.
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La stazione |
I prezzi di frutta e verdura sono molto elevati, sarà per la stagione non ancora sbocciata, ma con gli stipendi che girano qui, mi sembra dura comprare pomodori a un euro al chilo. Il resto è il solito bailamme dei mercatini affollati di tutte le città, del tipo occhio al portafoglio. Se prosegui lungo il corso principale, i palazzi antichi si alternano alle odierne costruzioni fino alla parte terminale dove sorge un altro dei simboli del passato regime, il grande hotel Chisinau, esempio degli alberghi sovietici dedicati agli stranieri, oggi restaurato, ma che mantiene ovviamente la struttura di quei tempi. Non posso non buttare un occhio nella hall per espirare un soffio di quell'aria di passato, qui sembra che ci sia la potentissima figura della
dejurnaia, la responsabile di ogni piano che sorvegliava gli andirivieni sospetti, distribuendo le chiavi. Anche il ristorante, sotto, è stato ristrutturato con sembianze di grotte di pietra, ci butto un occhio, somiglia un po' al georgiano Aragvi di Mosca sulla Tvieskaja, senza i mosaici però. Ci butto un occhiata umida, subito rincorso dall'addetta in divisa che mi spinge via, non si può, non si può, è solo per gli ospiti. Poco più in giù la stazione ferroviaria, moderna e lucida di marmi scuri, ma poverissima di treni. Qui ne partono una decina al giorno o poco più, con destinazione verso le varie frontiere, tre o quattro al giorno verso Mosca. Fa un poco impressione camminare in queste sale deserte e lungo le banchine coperte da alte pensiline.
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In filobus |
Una stazione è luogo per definizione sinonimo di affollamento, questa sembra un posto spopolato in attesa di convogli che forse non arriveranno mai. Su un binario lontano, noti subito lo scartamento maggiorato dell'Europa orientale, un treno fermo, forse quello che stasera partirà per Bucarest, i finestrini ancora scuri, le tendine sovietiche tirate, in attesa di rivivere, la responsabile del vagone non ancora arrivata. Fuori saliamo sul filobus per riattraversare la città vedendola da un altro punto di vista. Si può dire che non ci si stanca a passeggiare in questa città gradevole e tranquilla. Ti fermi a mangiare un boccone, ma l'ora della partenza si avvicina. Rimane il tempo per vedere la chiesa forse più bella della città, in un complesso monastico spazioso che conserva bellissime icone antiche e i reliquiari di San Nicola, l'unico in città, il Manastirea Ciuflea. Le cupole blu spiccano alte confondendosi nel blu del cielo, le croci dorate brillano al sole, archi fioriti raccontano di qualche matrimonio da festeggiare. E' questo il mese e l'ultima tappa, sulla strada dell'aeroporto te lo dimostra in tutta evidenza. Qui in un grande e verdissimo parco vicino ad un boschetto, c'è una famosa chiesa di legno che proviene dalla campagna moldava, smontata tronco per tronco e rimontata qui in mezzo ad un prato verde smeraldo. Sulle assi si vede ancora la numerazione dei pezzi per non sbagliare l'operazione di ripristino, un Lego gigantesco, tenuto insieme solo da incastri senza un solo chiodo, che rappresenta un piccolo gioiello odoroso di quercia e circondato di fiori, non a caso scelto per la celebrazione dei matrimoni.
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La chiesa in legno |
Mentre cerchiamo di parcheggiare l'auto in un sentiero gremito all'inverosimile, notiamo che ce ne sono già cinque che girano per il prato tra le aiuole, i pozzi e gli alberi a fare foto, in attesa che si liberi la cappella da cui escono i canti e le litanie di preghiere dei pope e dei vari celebranti che sostengono messali antichi e miniati in ogni pagina. I vestiti bianchi sono sfarzosi, le spose raggianti e i futuri mariti impacciati negli abiti da cerimonia come si conviene ad ogni matrimonio. Frotte di parenti e amici circondano la festeggiata, le amiche aggiustano l'orlo del vestito bianco coperto di pizzi fastosi, fanno volteggiare il velo perché sembri alzato dal vento per la foto perfetta, i bambini si rincorrono. La sposa è l'unica sempre a suo agio ed espone la sua bellezza agli astanti ammirati. Qualche gruppo è già in un prato lontano sotto gli alberi, a cerimonia evidentemente già finita, davanti ai tavoli del rinfresco. Poco lontano il nastro d'argento del fiume finisce di dipingere la cartolina di questo luogo idillico, mentre la campana segna con rintocchi delicati che la cerimonia è finita, avanti un altro, che il tempo passa. Presto che è tardi. Già, anche se siamo vicini, bisogna affrettarsi se non vogliamo arrivare in ritardo all'aeroporto, dove certo troveremo il solito macello in attesa dell'imbarco.
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La chiesa di San Nicola |
Almeno che rimanga il tempo per comprare un paio di bottiglie di
Divin, il brandy moldavo, al Duty free, visto che non ho potuto acquistarlo direttamente in fabbrica, dove avrei potuto acquistarlo a prezzi assolutamente ridicoli, causa l'impossibilità di introdurre liquidi a mano, accidenti; ma non si può lasciare il paese senza questa squisitezza. Una coppia di italiani impresentabili fanno un tale macello tra lamentele, contestazioni e proteste, con la peggiore spocchia di chi ha quattro soldi da esibire. Non capiscono assolutamente nulla di quanto viene loro cortesemente spiegato e pretendono di avere ragione parlando unicamente in italiano, una arroganza da padroni del vapore davvero imbarazzante. Ce li troviamo davanti in diversi punti dell'aeroporto sempre in piena azione; se non devo mostrare il passaporto cerco di parlare in inglese per non essere accomunato, un vero fastidio, ovviamente li avremo a pochi sedili di distanza anche in volo, sempre a protestare e a lamentarsi senza capire un cavolo. Da alcune frasi si evidenzia anche per chi hanno votato, tutto in linea, naturalmente. Via, si parte ormai, diceva un amico russo, la cosa più bella della visita della
delegazja, è il rumore delle ruote dell'aereo che se la porta via, ma per chi parte per tornarsene a casa non è così. Forse valeva la pena di stare qualche giorno in più. Grazie Alfredo per quello che sei riuscito a farci conoscere e a cercare di farci capire di questa realtà in così pochi giorni.
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