mercoledì 27 febbraio 2019

Bangla Desh 11 - Le colline di Bandarban


Al mercato



Frutti esotici
Vista di giorno Bandarban è una cittadina piuttosto grande che si stende lungo la riva sinistra del Sangu. La zona che scende verso il fiume, al mattino presto si anima improvvisamente per la presenza di un grande mercato tribale, con gente di diverse etnie che calano dalle colline circostanti per scambiare le merci prodotte dalla loro agricoltura di villaggio e per procurarsi a loro volta quelle derrate che arrivano da fuori ormai necessarie alla vita di ogni giorno assieme agli strumenti la cui produzione è diventata ormai troppo complessa per gli artigiani dei villaggi stessi. E' il consueto ma sempre divertente bailamme dei mercati d'oriente con i loro colori, la loro confusione e soprattutto con i loro odori, la sfilata di ortaggi strani e mai visti, l'esposizione delle carni macellate all'aperto, incipriate dalla polvere e ricoperte dalle mosche, il puzzo nauseabondo dei pesci secchi. Ma soprattutto, qui hai la possibilità di vedere una sfilata di volti interessanti, dai costumi particolari che caratterizzano queste etnie di confine. Puoi osservare le barbacce salafite magari color carota per gli effetti dell'henné, così come la pasta proteggi epidermide che ricopre la faccia delle ragazze, i costumi ed i lonji colorati, tessuti ogni giorno nelle capanne e le collane e gli orecchini tribali che danno alle donne la loro impronta etnica che subito ne identifica la provenienza.

Street food
Una passeggiata piacevole dove molti venditori, sorpresi per la nostra inusuale presenza, ti offrono di continuo assaggi, non appena ti fermi un po' di più per capire di cosa si componga la loro offerta. Questo è il regno del cibo di strada, dei fritti e degli impasti misteriosi. Nella maggior parte dei casi la voglia di provare è forte, poi, generalmente riesci a trattenerti anche pensando ad una cautela minima che prevede un rispetto di base nei confronti del tuo tubo digerente, conscio delle tipiche conseguenze che questo genere di debolezze generano. Poi si scende uno dei tanti vicoli maleodoranti sino al fiume che scorre verso il mare. Quando è gonfio per le piogge si tratta di un'azione benedetta dal cielo, in quanto la corrente impetuosa riesce a portarsi via con sé tutto quanto l'umanità varia produce, una sorta di lavacro purificatore che serve a mondare ogni cosa ed a consentire che altri arrivino a produrre altre scorie a far scomparire le quali penserà la natura. E' la solita storia che accompagna l'esistenza della nostra specie, che si moltiplica all'infinito con costante perseveranza, ma lo fa all'interno di un sistema chiuso e che produce scorie e monnezza per il solo fatto di esistere e con buona pace di tutti, anche con un correttissimo ed auspicabile, risparmio, riciclo e sostenibilità, riesce solamente a procrastinare più in avanti il problema, che consiste in primis nel numero. 

Tagliodel varano
Tranquilli, ci penserà una bella epidemia senza rimedio, che ci spazzi via per metà, lasciandoci ancor più forti e resistenti, più ancora delle guerre a cui riusciamo comunque a resistere abbastanza bene, più degli scarafaggi, credo, anche se loro hanno un trecento milioni di anni di storia più di noi da far valere. Vedremo. Il greto del fiume intanto è quasi completamente scoperto in questa stagione e vasti strati di sabbia sono attraversati soltanto da rivoli di acqua bassa. Intorno varie attività e, sparso dappertutto, l'immondezzaio del mercato in crescita costante. Intanto intorno qualcuno ammassa ceste di pesce, altri lo puliscono delle interiora prima di disporlo sui tralicci a seccarlo. Vengo attirato da un gruppetto di uomini che danno gran colpi di machete su un ceppo. Avvicinandomi vedo che stanno macellando un gigantesco varano di un paio di metri, facendolo a pezzi minuti, diciamo dei bei bocconi, bene identificati dal grasso giallo che fuoriesce tra pelle e carne, che poi andranno a fare bella mostra di sé su qualcuno dei banchi in paese. Dovrebbe essere, mi dicono gli operatori, una  squisitezza assoluta, non c'è dubbio che andrà a ruba in un attimo. Poi, risaliamo in paese e sazi di colori e di odori, schivati risciò a pedali e carretti carichi dei masserizie, ripartiamo verso le colline in cerca di altri villaggi nascosti. 

Suonando il flauto
Qualche chilometro dopo la strada è solo una striscia di asfalto malandato dalla quale di tanto in tanto si staccano sentieri di terra che subito scompaiono tra gli alberi. Basta fermarsi a qualche posto di sosta dei vari mezzi collettivi che la percorrono ed aver voglia di incamminarsi giù per la collina. Eccone uno dove si sono fermati anche un paio di uomini che costruiscono cesti e borse di vimini. Mangiamo qualcosa e poi prendiamo un viottolo alle loro spalle che scende a precipizio sul fianco della collina. Andare giù è facile, basta non pensare che la stessa strada bisognerà poi rifarsela in salita. Dopo un po' compaiono le prime capanne. Dalle finestre o sui terrazzini, alti sulle palafitte, fanno capolino i volti di qualche donna, i bambini invece sono i primi a correre intorno con la consueta curiosità. Entriamo in un paio di  capanne, in una, la più grande, probabilmente quella del capo villaggio, rimaniamo un po' a chiacchierare con la famiglia, bevendo un the nero, scuro e profumato. Dietro le stuoie hanno dei particolari flauti di bambù, con molte canne di lunghezza diversa, che vengono suonati durante le cerimonie. L'anziano di casa me ne mostra l'uso, non è semplice, il gioco di dita necessario per trarne una scala di nota appare subito decisamente complesso e rinuncio a proseguire la lezione, d'altra parte non so neppure suonare il piffero di canna, che pretendi? 

Lezione di agricoltura
Dietro una capanna malandata incontriamo una vecchia che dichiara di avere 101 anni ed è considerata come una assoluta rarità dai suoi vicini di casa. Difficile dire se i calcoli corrispondono alla realtà, spesso i mesi lunari vengono confusi col calendario solare, da queste parti non è che ci siano registri di nascita o similari. Risalire la china, comunque appare subito faticosissimo, tanto che io rinuncio ad un secondo villaggio per raggiungere il quale bisogna scavallare un'altra collina. In uno spazio aperto tra le capanne ci sono stesi a terra grandi teli di plastica. E' in corso una riunione di villaggio nella quale un gruppo di tecnici di una organizzazione internazionale, affiliata alla FAO, sta tenendo alle donne una lezione di agricoltura volta a migliorare le tecniche di coltivazione. L'attenzione delle allieve mi sembra assolutamente minima e svagata, essendo le donne più impegnate a badare ai bimbi che hanno attaccati al collo. Ce ne andiamo velocemente per non essere di ulteriore distrazione agli insegnanti e non venire poi additati come causa di un crollo della produzione. Dai cestai compriamo qualche papaya matura e provvediamo a sbafarcele seduta stante a morsi come fossero angurie del cocomeraro infradiciandoci tutti, ma che soddisfazione e soprattutto che dolcezza!

Donna Kimi
Uomo Marma
Proseguiamo tra le montagne per tutto il giorno in un paesaggio idilliaco, tra foreste e dirupi, sovente fermi ai posti di blocco, ce ne sono molti in queste aree non lontane dalla frontiera, fermandoci di continuo tra villaggi e piccoli gruppi di capanne al limitare della foresta. Registri polverosi da compilare, occhi assonnati da aprire. Su uno di questi vedo che l'ultima registrazione risale a quindici giorni prima. Un gran lavoro per questi soldati in mimetica verde blu. Ogni tanto ci si ferma ad un bar per bere un thé, sempre al centro dell'attenzione. Sono forse più le foto che vengono scattate a noi dai vari cellulari che compaiono in mano a tutti come per magia, che non quelle che riusciamo a fare noi. Da un viottolo laterale arrivano intanto tre donne di etnia Kimi, con le gerle cariche di masserizie e di prodotti, che stanno andando ad un vicino mercato. Hanno orecchini grandi di metallo, bellissimi, che caratterizzano la loro appartenenza. Come mettiamo mano all'attrezzatura, invece di filarsela, si fermano subito e depongono i pesi per meglio mostrarsi ed esporsi ai clik clak obbligati. Sono visi molto belli ma, non so come spiegarmelo, intrisi di una vena triste. Poi, ricaricati armi e bagagli, leggermente curve sotto il peso del loro destino, se ne vanno senza una parola, in tutto il tempo che sono state con noi, non hanno mai sorriso. Ce ne andiamo anche noi in silenzio. Tra gli alberi si avverte un chiocciare di uccelli. Un gruppo di scimmie cappuccine, lanciano sguardi interrogativi con le piccole facce nere, arrotolando su se stesse le lunghe code. 


Andando al mercato




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