martedì 2 giugno 2009

Contronatura.

Sono già passati un sacco di anni. Eppure quando comincia giugno, per me è come un appuntamento biologico, un ciclo spaziotemporale che mi prende pian piano, specialmente se, in auto, giro per la campagna. Tanti chili fa, facevo un altro mestiere e ai primi di giugno cominciavano le visite in campo per scegliere il grano da seme. Il segnale lo dava la definitiva sfioritura dei campi di colza che con il loro giallo limone intenso avevano cominciato a tappezzare le nostre colline e anche larghi tratti di pianura (grazie ai contributi naturalmente, lo sapete no che in Europa l'agricoltura esiste solo per i contributi). Com'è intenso il giallo dei fiori di colza. Dura a pieno regime poco più di una settimana, poi i petali cominciano a cadere ed emerge il grigio verde pallido degli steli e delle siliquette che cominciano a gonfiarsi di semi carichi di olio. Quando non c'è più traccia di giallo nei campi vicini, il grano ha ormai terminato la levata e le spighe ormai fecondate iniziano a formare le cariossidi che a poco a poco si riempiono di un liquido latteo che si raddensa mentre la spiga comincia a prendere colore. E' il momento. Per una quindicina di giorni, si usciva con un perito dell'ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette, giudicato ovviamente ente inutile e quindi in fase di soppressione, ma non è così facile come sembra, ehehehe) a vedere i campi che avrebbero dato il seme per l'anno successivo. Avete mai osservato con attenzione un campo di frumento prima della maturazione? E' un vero e propio prodigio contro natura. Poche sono le cose più innaturali di questa tavola di milioni di spighe identiche allineate con cura, quasi schiacciate le une vicino alle altre che non lasciano spazio a nulla se non a sè stesse, se non al desiderio di produrre, di massimizzare la resa, di soffocare qualunque alternativa al sè. Tutta la pianta è completamente artificiale, con le sue 60/70 cariossidi che renderanno la spiga, benchè secca, talmente pesante da farle piegare il capo come ad accettare la sua sorte finale. Con le sue molte piccole spighette soprannumerarie ottenute con paziente lavoro di anni dei miglioratori genetici, per renderla ancora più gonfia, più ipertrofica come le mammelle delle frisone così detestate dai giornalisti in cerca di scoop agrobiodinamici. Si vedeva il campo assieme al contadino, che assisteva all'esame orgoglioso della fittezza delle sue creature. "Cosa dice, dottore, se si buttano cento lire non cascano per terra, vero?". Anche più di 800 spighe per metro quadro, una densità impressionante per soffocare qualunque altra erba concorrente, ad aiutare l'uso del diserbo. Tutta opera dell'uomo, che cambia, che indirizza la natura a quello che gli serve, a tirare il massimo alzando continuamente l'asticella. E noi lì a controllare con cura le spighe, ad individuare se i fuori tipo, le spighe leggermente diverse, un po' più alte, con la cima aguzza invece che squadrata, di colore leggermente diverso, con un po' meno pruina a rendere argentate le glume, al massimo una o due al metro, se no via, scartato senza pietà, tra lo sgomento dell'agricoltore che si offriva di mondarle a mano, di entrare sacrilegamente all'interno del campo, immenso, per estirpare le estranee, rendere al prodotto la purezza voluta. La sola che, pur indebolendo la razza, avrebbe garantito ai compratori del'anno successivo una varietà dalle caratteristiche volute, resistenza, uniformità qualitativa e soprattutto produttività. Discussioni interminabili, riconteggi insistiti, tutto per la purezza della razza. Tramandare il seme, una pratica che ha creato l'agricoltura nella mezzaluna fertile e gia allora, forse 10.000 anni fa, il primo uomo che pensò di prendere quei primi semi e tenerli da parte per la stagione successiva invece di mangiarseli, già operò la prima scelta, di prendere i più belli, i più grossi nell'ansia di avere un prodotto migliore. Iniziava la forzatura della natura, nasceva l'innaturalità dell'operazione che avrebbe portato questo organismo parassita del suo corpo ospitante a moltiplicarsi più rapidamente, ad occupare sempre più pervasivamente l'ambiente che lo contiene man mano che aumentava la sua capacità di procurarsi i mezzi per il suo sviluppo e rilasciando, come logico in ogni ciclo, questo sì, naturale, le scorie che a poco a poco il pianeta non riesce più a neutralizzare con il suo potere tampone. D'altra parte, questo è il vero e reale andamento "naturale" , i virus, controllati dal corpo ospitante, quando riescono a trovare il modo di moltiplicarsi, lo fanno in modo esponenziale, fino a far collassare il loro substrato; per vivere, lo uccidono scomparendo anch'essi nel climax definitivo. Sono essi colpevoli?

3 commenti:

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Bellissimo articolo. Lo condivido al 100%. Bravo.

bacillus ha detto...

Mi associo all'amico Popinga nell'apprezzamento di questo post. Belle le tue esperienze, ti invidio.
Non condivido, tuttavia, la conclusione, in cui tu richiami concetti come la “forzatura della natura”, l'“innaturalità dell'operazione”, “le scorie che a poco a poco il pianeta non riesce più a neutralizzare con il suo potere tampone”. Volevi, richiamando la metafora del virus, dimostrare che anche questo fa parte di un andamento “naturale”. Siamo nelle conclusioni sostanzialmente d'accordo, ma l'immagine che passa è inevitabilmente quella di un uomo sfruttatore al limite del collasso. Che non è sempre vero. E tu lo sai...

Enrico Bo ha detto...

Grazie , da voi l'appezzamento è particolarmente gradito. Avrete notato come io sono un poco portato all'estremizzazione dei concetti, ma non fateci caso , tanto se non la risolviamo il 21 -12 -2012 ci penserà Apophis nel 2029 o al più tardi nel 2039, come ho già detto altrove.

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