Scorrendo il numero dei capitoli che nel Milione sono dedicati all’India si capisce facilmente che questo paese ha destato in Marco Polo lo stesso senso di grande stupore per i tanti punti di interesse che ancora oggi affascinano il moderno viaggiatore del subcontinente. Animali esotici, frutti sconosciuti e popoli con abitudini e culture così diverse da quelle a cui si è abituati da far nascere una forma naturale di curiosità. La descrizione puntuale del libro potrebbe servire da guida per il turista in visita all inclusive in tutta la costa del Malabar che oggi coincide grosso modo con il Kerala che è la parte più ricca e sviluppata dell’India e anche allora veniva visitata da navi provenienti da oriente ed occidente.
Cap. 176
Coilun (è Quilon, il grande porto del Kerala) è uno grande reame verso garbino e son tutti idolatri, ma v’à di cristiani e giudei. Questa gente son tutti neri, maschi e femmine e van tutti ignudi, se no se tanto che si ricuopre loro natura con uno bianco panno. Qui nasce di mirabolani embraci e gli àlbori che fanno il pepe sono domestici e ànno d’ogni frutte e di uccelli divisati (diversi) dai nostri salvo la quaglia; li pipistrelli vi sono grandi come astori e tutti neri come corvi. Qui àvvi bestie divisate dalle nostre , ch’egli ànno lioni tutti neri e pappagalli di più fatte e molto belli a vedere ; e vi à paoni e galline più belli e più grandi de’ nostri.
Per quanto riguarda i pipistrelli, può confermare anche la mia bambina che rimase terrorizzata al vederne l’enorme numero in una immensa caverna, appesi in alto come galletti spennati in una polleria, mentre per quanto riguarda la grandezza dei polli veri, devo invece rimandare ad una serata trascorsa in un vecchio hotel coloniale vicino a Mahabalipuram nel Tamil Nadu, dove, unici ospiti ad un tavolo su un prato all’inglese apparecchiato nel patio, ci parve esagerata la proposta di un pollo Tandoori a testa. In effetti erano gli unici animali praticamente privi di petto mai visti e dopo aver succhiato le magre coscette non rimase che concentrarci sul dal di lenticchie che lo accompagnava, servito con compunzione da camerieri vestiti da maharaja (per un piatto di lenticchie e cocco alla Tamil, guardate la ricetta da Acquaviva). Un altro punto che colpì Marco fu la strana mescolanza di sesso e religione che ammicca al turista da molte pareti, sotto forma delle sensuali sculture che adornano molti degli antichi templi induisti.
Cap. 176
Costoro non ànno per peccato veruna lussuria e tolgono per moglie la cugina e la matrigna e cotale è il loro costume. E il re come vede una bella femmina o donzella, incoltamente la vuole per sé e si ne fa quello che vole. E molte pulcelle sono offerte agli idoli e per loro ballano, cantano e fanno feste.
La danza certo, è un altro dei patrimoni culturali di questo paese. Una danza che è allo stesso tempo, preghiera, racconto, festa e divertimento, sia che si assista alle storie sacre del Katakhali a Cochin o ai codificati movimenti del Baratha Natayam nel Tamil Nadu al ritmo delle tabla e dei vinah, oppure ai suoi eredi naturali, i film musicali di Bolliwood, passione sfrenata sia delle moltitudini nelle megalopoli, che dei cinema improvvisati all’aperto nei villaggi più sperduti tra le risaie del sud. Villaggi dove ancora oggi, se ci si ferma per mangiare qualche cosa nelle baracche lungo la strada che li attraversa, si devono utilizzare foglie invece dei piatti su cui posare le vivande cucinate nei grandi pentoloni nere delle cucine sul retro, in cui è meglio non buttare l’occhio.
Cap. 173
E non mangiano né in taglieri né in iscodelle, ma in su le foglie di certi àlbori, larghe, secche e non verdi, ché dicono che le verdi ànno l’anima, sicché sarebbe peccato.
Chissà se una bis-bisnonna della signora che ho fotografato qui a lato, nella sua capanna dove aveva la sua impresa familiare di produzione di piatti di foglia per il vicino ristorante, produceva le stesse forme per il nostro Marco? In otto secoli, la tecnologia non è cambiata, così almeno pare, anche se, a poche decine di chilometri di distanza, sorge una delle più importanti università che sforna ogni anno migliaia di ingegneri e di informatici tra i più reputati al mondo.
Refoli spiranti da: Marco Polo - Milione - Ed.Garzanti S.p.A. 1982
Un indovino
Dytiscus.
Tibet misterioso.
L'IVA della porcellana.
4 commenti:
Sempre insuperabili i tuoi racconti,tanto variegati e appetitosi.
Cristiana
Sai che c'è Enrico? A parte tutto quello scrivi nel post mi piace al 100%, ancora di più mi hanno colpito la lingua italiana così come viene adoperata da Marco Polo: Cap.176 e Cap.173. Mi risuonano bene nelle orecchie.
Sai, Enrico, forse dovresti ricordare che Marco dettò le sue memorie a Rustichello che le trascrisse in lingua d'Oil, sostanzialmente il francese arcaico nella versione del Nord della Francia.
Traduzioni in lingua d'Oc ed in "italiano" comparvero però quasi immediatamente, ovviamente manoscritte data l'epoca.
@ Cri - Certo, vedendo poi le ricette di Acquaviva!
@Monty - Per essere una lingua di sette secoli fa, bisogna dire che oltre ad essere ben comprensibile è anche molto intrigante, in effetti.
@Marty - Non c'è dubbio, la versione su cui lavoro è detta "versione F" ed è una delle prime in lingua italiana e contiene anche molti svarioni di traduzione, per esempio nel pezzo citato, si parla di pipistrelli neri come carbone, quando nell'originale è scritto "corbiaus" che in lingua d'oil significa invece corvi.
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