Quando arrivi in una casa che hai lasciato chiusa per quasi un anno, c’è sempre una sensazione un po’ desolata. L’odore di chiuso, un poco di umidità, polvere e quell’ordine desolato di quando l’hai chiusa l’ultima volta. Posi le mille masserizie in ordine sparso, puoi mica mettere subito a posto e tutto si dispone subito in quel felice disordine di una vita che ricomincia. Però, una dopo l’altra, saltano fuori le magagne inevitabili del tempo che è passato, come se la casa ti dicesse: “Ah, mi hai abbandonato e io te la faccio pagare, mi sono rotta di aspettarti!” Appunto, ecco saltar fuori la crepa nuova, la perdita inattesa. Oh che bello, quest’anno non è neanche scoppiato nessun tubo. Però, stavolta non andiamo male. Accidenti il frigo non parte. Irrimediabilmente morto. Qualcosa ci voleva pure. Ma il paese è sempre lì, con un anno in più sulle spalle, qualche anima spersa che si aggira nell’unica via. Oramai non c’è più la villeggiatura con le sue orde di mamme che curavano la prole per tre mesi d’estate, se va bene si va una settimana al villaggio turistico o in crociera e questi paesotti di mezza montagna, l’ideale per i bambini, a l’è veira madamin, muoiono lentamente di inedia, tentando qualche sprazzo di vita, la festa del paese, la sagra gastronomica, qualche spettacolino estivo, gli ultimi sprazzi di vita nella lunga agonia letargica che si spalmerà poi durante il corso di tutto l’anno.
Incontri qualche vecchia faccia conosciuta e comincia il rito consueto a partire dall’elenco dei morti dell’annata, però era ancor giovane, ma dai chi l’avrebbe detto, eppure l’anno scorso stava così bene. La sagoma frastagliata del Forte dipinge il crinale della montagna sempre uguale, imponente, immenso, il vero custode della valle. Il bar della Rosa Rossa, raccontato da De Amicis ai tempi del suo massimo fulgore, quando accoglieva nel suo salone gli esponenti della casa reale di passaggio, è ancora aperto, speriamo che duri, sembrano dirsi i quattro avventori locali che spiano con un po’ di fastidio l’affluire sempre più magro dei davalìn (i villeggianti che arrivano dalla pianura in fondo alla valle) estivali, che dovrebbero servire a portare un poco di ossigeno alle casse esauste. Ma sono sempre di meno e alle finestre è tutto un fiorire di cartelli affittasi e vendesi, su cui ormai si è già formata una patina di ruggine. Poi quest’anno fa anche freddo. Però come sono verdi i fianchi del monte, un verde scuro, cupo, grasso e ricco di vita e quando arriva il sole, filtrando tra i cumuli bianchi, brucia tanto è forte e illumina la valle così intensamente da farti stringere gli occhi. Così è più vivo il verde dei pini, più acceso il bianco delle case e del campanile, più intenso il blu della forra che taglia in mezzo il paese. E il vento fresco, ancora pungente, promette altre giornate chiare. Penso che si potrà resistere.
5 commenti:
Malgrado tutto ami la tua casa, il luogo dove si trova e gli amioci di swempre con i quali scambiare le solite chiacchiere, ma che importa.
La casa, il luogo, le persone che sono stati protagonisti della nostra infanzia e della vita della famiglia d'origine, hanno plasmato il nostro sentire e il nostro essere. Sono troppo importanti e vanno conservati il più a lungo possibile. Per vari motivi ho perso la mia casa e ho fatto l'esperienza della tristezza e solitudine nel distacco. Per questo sono alla perenne ricerca della mia tana. Forse l'ho trovata! E' stata costruita da sconosciuti che me la vogliono cedere. Io ho accettato con tutto il rispetto, perché penso che le case siano abitate da tutti coloro che le hanno amate e io mi sento matura di abitare con amore assieme a tutti coloro che hanno preceduto e a quelli che verranno: la casa di cui parlo è soggetta a vincolo architettonico e questo mi lascia tranquilla rispetto a coloro che verranno.
@monty - Infatti, alla fine contano le piccole cose.
@Nou - Goditela a fondo fin che non la sentirai completamente tua incluse le storie che sono rimaste tra quelle mura.
Cambia lo sfondo (il mio, per esempio, e' quello dei monti azzurri di leopardi) ma la storia e' un po' uguale in tutta Italia... purtroppo. Dalle mie parti non manca solo la vita estiva che c'era anni fa, ma anche la vita di sempre
@Maal - Guarda che qui d'inverno ci saranno sì e no 100 abitanti, in un paese (che si chiamava città di Fenestrelle) che alla fine della guerra aveva oltre 3000 abitanti e 11 ristoranti.
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