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Pronti a partire |
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I fiumi del Borneo |
L'aereo rolla stancamente sulla pista. Sembra che anche lui senta la fatica di muoversi nell'aria densa e calda e non abbia tutta questa voglia di alzarsi fino a penetrare lo spesso strato di nuvoloni gonfi e grigi che riempiono il cielo. L'esperienza della low cost asiatica in fondo non toglie niente alla solita sensazione del lasciare un luogo che ormai ti era diventato familiare per andare incontro al mistero del nuovo, della terra incognita che muove la fantasia e genera aspettativa. Air Asia è un po' lo specchio del futuro che aspetta l'umanità, minimizzare i costi per poter allargare al massimo la platea di chi può usufruire di un servizio. Più cose ti fai da solo e meno spendi, anche se l'aeroporto dedicato completamente alla compagnia è più o meno come gli altri asiatici quanto a gigantismo, forse solo un po' meno per quanto riguarda l'opulenza ed il fasto. In pratica ti fai il checkin da solo, ti stampi le fascette delle valigie e te le applichi, però la cosa curiosa è che tutto funziona bene lo stesso. Le macchinette non sono guaste, se metti il tuo numero che hai sulla mail, miracolosamente compare sul display il tuo nome ed il posto che hai prenotato e gli addetti sorridono anche se saranno pagati meno degli schiavi. In questo modo uno stuolo infinito di persone si sposta e vola via al costo di un giro in autobus. Aerei zeppi e senza un posto libero che decollano uno dietro l'altro, il posto in mezzo non rimane mai libero, anzi di sicuro a me toccherà quella cicciona enorme che muoveva la sua carne tremula nella fila dietro, accidenti.
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Fiori del Borneo |
Le hostess corrono avanti e indietro cercando di vendere qualche cosa su cui avranno qualche sorta di provvigione ad incrementare il loro magro stipendio. A te tocca addirittura un panino di plastica che era incluso obbligatoriamente col sovrapprezzo incremento peso bagaglio. Insomma il mondo continua a girare e sotto di te scorre il tappeto verde di palma da olio che ricopre senza soluzione di continuità tutta la penisola. Sto lasciando un paese tutto sommato moderno ed efficiente, ragionevolmente "occidentale" insomma, secondo i nostri parametri, per arrivare in una terra nuova e sulla carta misteriosa, il Borneo, l'immensa isola, addirittura la terza del mondo come superficie, ma che su una superficie quasi tre volte quella italiana ospita soltanto una ventina di milioni di persone. Una terra completamente ricoperta di una vegetazione rigogliosa ed apparentemente impenetrabile che da sola la rende luogo selvatico e a lungo inesplorato, popolata da tribù adattate alla difficoltà di un clima e di un ambiente avverso all'uomo sulla carta e nell'immaginario di chi arriva da lontano alla scoperta di un mondo nuovo. Neppure Marco Polo ci è arrivato, almeno così pare, e ne parla solo per sentito dire, se pure era bene a conoscenza di queste isole ricche di spezie con le quali si svolgevano da sempre importanti commerci e dove da tempo era arrivato l'Islam. Il Borneo Malese occupa tutta la parte nord dell'isola, ma differisce assai poco dal punto di vista naturale dalla parte indonesiana a sud, sicuramente però più povera e dalla quale, guarda caso, la gente ha la tendenza di spostarsi in cerca di occasioni di vita migliore.
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La moschea di Kuching |
I nomi che avevi letto sull'atlante prima di partire, sembrano fatti apposta per eccitare la fantasia del viaggiatore, Sarawak, Sabah, Labuan, Sandakan, Kota Kinabalu, toponimi esotici che ti fanno ritornare bambino davanti ai libri che raccontavano le gesta dei tigrotti di Mompracem, di pirati sanguinari, di pallidi inglesi che sulla carta dominavano il mondo e imponevano la loro way of life, cappellini con velette, fatta di prati rasati e thé delle cinque in luoghi assolutamente incongrui a queste abitudini. Questo rimane comunque uno degli ultimi luoghi dove è arrivato l'occidente, imponendosi al sultano del Brunei che le governava, ma limitandosi al controllo delle coste, strategicamente importanti per il commercio. Nessuno si interessava di certo di tentare di penetrare una terra difficile e tutto sommato ostile che così è riuscita a conservare al suo interno una importante diversità assieme alla sua alea di mistero. Questa nell'immaginario rimane la terra dei tagliatori di teste, delle tribù selvagge nascoste lungo i fiumi, uniche via di accesso alle foreste inestricabili dell'interno, in perenne guerra tra di loro, mai dome perché in fondo nessuno è mai andato a cercarli in quanto non nascondevano ricchezze di sorta.
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Una via di Kuching |
Gli affari si facevono solo sulla costa ed è qui che si svolgeva la storia, fatta di avventurieri che potevano diventare pirati o re a seconda dei punti di vista, come il leggendario James Brooke, autoproclamatosi sovrano del Sarawak e che ancora oggi è ricordato dalle popolazioni locali per avere istituito la legge. Insomma la costa si avvicina, una striscia verde dietro il blu scuro del Mar cinese meridionale e l'aspettativa è tanta. Kuching, la capitale aspetta sorniona col suo clima nemico e faticoso. Certo intorno alla città ci sono strade e case, ma cosa c'è appena al di là della prima cerchia di alberi? Tribù selvatiche, animali strani e mai visti, vegetazione aggressiva, piante carnivore, serpenti, ragni e coccodrilli? Magari la realtà sarà molto più "normale" dell'immaginifico sperato. L'aereo si abbassa ed estrae il carrello, baracche di lamiera all'orizzonte mentre varchi di verde chiaro si aprono nel verde più cupo. Le ruote sbattono l'asfalto della pista come in ogni altro posto del mondo e i motori ruggiscono nella frenata. La costruzione bassa del piccolo aeroporto si avvicina. Grazie di aver volato con Air Asia che si augura di avervi ancora presto a bordo dei suoi aeromobili. E l'ora di scendere.
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Il fiume di Kuching |
KL- Kuching 83 Ringit - 1h 45 min.
Sandakan - Tawau 81 R. - 50 min.
A questi costi vanno aggiunti 50R se volete il panino e i 20 kg di bagaglio in stiva oltre
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