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Lago di Ohrid - Macedonia - agosto 1990 |
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Ohrid centro |
Per anni mi ero lamentato del mio vecchio camper detto il topone grigio, un 238 Fiat ultraventennale con un guscio di roulotte, molto basico e poco attrattivo alla vista, che per quattro anni mi aveva comunque portato dall'estremo di Caponord alle sabbie del Sahara Marocchino, fino ad attraversare tutta la Mitteleuropa fino al Mar Nero per quasi 40.000 chilometri, il tutto senza mai dire beh. Poi dopo l'arrivo della bambina decisi di passare a quella che pensavo fosse l'università del camper, un Hymermobil, usato certo, ma si sa che la meccanica tedesca si compra a occhi chiusi e che non tradisce mai. Ad ogni buon conto, quella estate ci avventurammo attraverso tutte le zone più nascoste della Yugoslavia, senza avere la minima idea di quello che stava per scatenarsi da quelle bande, anche se a pensarci dopo, nell'aria si avvertiva già qualche sentore di bruciato. Fatto sta che di monastero in monastero, arrivammo fino al fondo di quella regione che oggi si chiama Macedonia sulle sponde del lago di Ohrid, uno specchio d'acqua dalla bellezza serena e convincente. Dalla città omonima e soprattutto dal suo magnifico monastero affacciato da un'altura su un naturale belvedere che abbracciava tutto il vasto specchio d'acqua, stavi a guardare il panorama maestoso arricchito dai tetti rossi delle cupole della chiesa e potevi osservare con chiarezza fino all'altra sponda che allora nascondeva il misterioso mondo albanese, ultimo baluardo invalicabile del comunismo, di cui non si sapeva assolutamente nulla, precluso ad ogni tentativo di penetrazione.
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Sul lago |
Relativamente però, in quanto venni a sapere che il sabato, dal porticciolo venivano organizzate gite con permesso speciale per entrare ed avere un piccolo saggio del paese delle aquile, con un visto turistico provvisorio. Figuriamoci se mi lasciavo scappare l'opportunità! Peccato che fosse proprio domenica e rimanere lì per una settimana ad aspettare la partenza successiva non era proprio il caso, visto che per il turista, il tempo è sempre corto corto. Così rimandai quella occasione che si ripresentò solo 24 anni dopo, quando riuscii ad arrivare alle sponde di quel lago anche dall'altra parte nella città di Pogradec, dalla quale con il binocolo rividi i tetti rossi di Ohrid che tanta emozione mi avevano dato tanti anni prima. Doveva essere un passaggio rapido, perché tanta roba ancora c'era da vedere in quel giro, ma il diavolo sta nei dettagli e quando mi apprestavo a lasciare a malincuore quel lago antico, sembra sia quello geologicamente più vecchio della terra, essendosi formato almeno un milione di anni fa, risalendo le balze di un passo su strada allora sterrata per passare in quello che ora è il diventato il Kossovo, alcuni rumori meccanici piuttosto preoccupanti si levarono dalla parte anteriore del mezzo, fino a che un clangore di ferraglia e una certa quantità di fumo/vapore cominciò a fuoriuscire dalla griglia anteriore del veicolo. Fermo praticamente in mezzo alla strada, messe due pietre dietro le ruote, che non si sa mai, visto che eravamo in discesa, apro l'anteriore facendo finta di capirci qualche cosa.
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Consulto meccanico tra esperti |
Intanto dal nulla, visto che eravamo su una stradina di mezza montagna senza una casa in vista, cominciano a radunarsi dei passanti, pastori, viaggiatori (?) non si sa da dove arrivati, né dove fossero diretti o cosa facessero da quelle parti, che come di consueto in questi casi buttano la testa nel motore e cominciano a commentare, ognuno dando un suo referto della malattia e la diagnosi di come curarla. Purtroppo, nonostante la buona volontà e la competenza di tutti gli astanti convenuti, il mezzo rimase lì, praticamente morto senza possibilità di guarigione, a mezza strada tra le montagne di Macedonia e Kossovo, in attesa di aiuto improbabile. Alla fine riesco a convincere uno in bici ad andare al paese più vicino ed a chiamare qualcuno in aiuto, anche se pare che il il meccanico più prossimo fosse proprio a Ohrid da dove eravamo partiti e da cui distavamo ormai una cinquantina di chilometri. Dopo un paio d'ore di attesa sconsolata, chissà se avrà capito, chissà se sarà andato davvero a telefonare, chissà se avrà trovato un telefono, arriva un pickup scalcagnato con un tizio male in arnese, che butta anche lui un occhio nel motore, scuote la testa e mi dice che al massimo mi può trainare fino indietro in città nel cortile del meccanico (ma lui chi era?), ma che, essendo come ricorderete domenica, è chiuso, ma che il lunedì si sarebbe sicuramente preso cura dei miei problemi. Così torniamo al traino lemme lemme in città, maledicendo la meccanica tedesca e il top della camperistica, accampandoci in un cortiletto pieno di rottami di macchine incidentate. Così ci godemmo tutta una sera nella cittadina, nel parco in riva al lago che era destino mi rimanesse più a lungo sotto gli occhi, mangiandoci dei rasnici succulenti e tenerissimi che sfrigolavano su una griglia gremita che la bambina, già carnivora, apprezzò particolarmente.
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In panne nel mulla |
Li ritrovai uguali 24 anni dopo dall'altra parte del lago. Il mattino dopo, il meccanico armato di chiavi e martelli inquietanti, armeggiò a lungo tra gli ingranaggi e poi emise il suo verdetto. Pompa dell'acqua partita e mi mostrò il cuscinetto bello che andato. Pezzi introvabili, mi spiegò allargando le braccia, capirà, fosse un Fiat ci si aggiusta sempre, ma con questa roba tedesca... e porco qui, porco là, cominciavo ad essere nervoso. Il tizio però disse di stare tranquillo, che avrebbe cercato un cuscinetto quasi uguale tra le macchine demolite lì attorno, ma che non garantiva il risultato, quando guardando meglio il pezzo che continuavo a rigirarmi tra le mani, come un giocatore di carte che ha perso tutto riguarda la mano fatale che lo ha privato dei suoi averi, mi capacitai di averlo già visto da qualche parte, quel pezzo maledetto. Così mi fiondai nel ventre del mio mezzo, in un sottofondo ben nascosto sotto il pavimento del pianale, dove ricordai che il mio venditore aveva messo un po' di pezzi di ricambio, per buon peso, che lui si portava sempre dietro, non si sa mai e, miracolo, rovistando tra la ferraglia, ecco saltare fuori un pezzo uguale uguale, una pompa dell'acqua quasi nuova, vista la quale il meccanico esplose in grida di giubilo. Presala al volo, era proprio il prezioso pezzo cercato, la sostituì in un'oretta e messigli in mano alcuni milioni di dinari (era in corso da quelle parti una terrificante ipersvaluzione, quelle che precedono sempre le guerre o le seguono, tanto per ricordarlo ai deficienti che se le augurano) riprendemmo la strada verso nord, salutando Ohrid ed il suo indimenticabile lago e maledicendo la meccanica tedesca, cosa che avremmo avuto modo di fare ancora e ancora nel futuro successivo.
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In cerca di aiuto |
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