venerdì 7 agosto 2020

Luoghi del cuore 42: Le bocche di Cattaro


Paesi del Montenegro

Dubrovnik
Avevamo lasciato alle nostre spalle la bellezza di Dubrovnik, l'antica Ragusa; ancora negli occhi la vista dell'isola dall'alto, occupata interamente dai tetti rossi della città racchiusa tra le mura che la tengono insieme come uno scrigno di pietra e si proseguiva per un bel tratto lungo una costa tormentata e bellissima, fino a che questa non si interruppe improvvisamente dando respiro ad uno spazio nuovo, dove la terra finiva ed il mare entrava dentro di lei all'improvviso come prendendola di soppiatto e invadendone i suoi lati più intimi e segreti, scavando nel suo interno profondamente, riempiendone le mille pieghe successive, i cento anfratti e debordando senza fine in quello spazio chiamato le Bocche di Cattaro, luogo dalle memorie storiche importanti. Le insenature successive nascondono spazi e paesaggi sempre nuovi ad ogni curva, ad ogni avvallamento, le colline dietro formano uno sfondo naturale, ma allo stesso tempo inaspettato, di dolce panorama di entroterra, mentre il mare è ancora appena alle tue spalle. Questo è davvero il benvenuto migliore che ti può dare il verde Montenegro, nell'attesa di salire verso il suo interno, montuoso e ricoperto di  boschi spessi, di un verde cupo ed intensissimo. Proseguimmo lungo la strada tortuosa che bordeggiava come un lungolago le insenature complicate e continue punteggiate di piccoli paesi. Appena sembrava di essere arrivati alla fine della rientranza ecco che oltre se ne apriva un'altra ancora più grande e molta strada mancava ancora prima di raggiungere Kotor, Cattaro appunto, che avrebbe segnato il punto più interno del golfo. 

Bocche di Cattaro
L'intenzione era di farci un giretto e poi proseguire per Podgorica, la capitale, che per la verità allora si chiamava ancora Titograd e non era captale di niente, una città di palazzoni socialisti che si allungavano in una periferia anonima, ma di nuovo l'imprevisto ci mise la sua, costringendoci a rimanere ancora sulle rive di quello spazio magnifico. Infatti, dopo un certo numero di chilometri su quelle strade che, allora erano piuttosto malandate, spesso sterrate o ancora peggio con un asfalto talmente rovinato da fare rimpiangere la sua completa assenza, la gomma posteriore del mio camper immaginifico e paralussuoso, si afflosciò miseramente, come giusto ad una certa distanza da un centro abitato. La cambiai con una certa difficoltà, come sapete ho un disagio abbastanza pronunciato per le cose pratiche e mi avviai quindi verso Kotor alla ricerca di un gommista. Lo trovai a fatica, dopo aver inutilmente seguito una serie di indicazioni poco chiare. Per fortuna, la vista di un enorme montagna di pneumatici semidistrutti al lato della strada, mi indicò la giusta via e procedemmo quindi alle operazioni del caso. La camera d'aria fu riparata con cura ed il tutto rimontato con altrettanta perizia. La cosa sembrava risolta senza troppi danni, ma uscito baldanzoso, dopo un paio di chilometri mi ritrovo di nuovo con la stessa gomma a terra. Tornato indietro, il tizio, evidentemente grande esperto, rismonta il tutto e si accorge che è il pneumatico ad essere irrimediabilmente rovinato, con rottura nella parte interna delle maglie metalliche che costituiscono la carcassa, insomma un difetto ab origine, tanto perché avevo tra le mani il miglior mezzo del mondo e bisognoso quindi di sostituzione totale. 

La montagna
La cosa mi sarebbe costata almeno 4 milioni di svanziche o dinari che dir si vogliano, ricordo sempre che la Yugoslavia era nel pieno di una svalutazione terrificante in cui si stampavano soldi a manetta, prodromo della totale rovina economica in arrivo e conseguente guerra civile e comunque era meglio decidere subito, anziché andarsene via con il pneumatico di scorta, ancorché non molto in buono stato, col pericolo di doverlo cambiare magari il giorno dopo a 4,5 milioni delle stesse svanziche, visto che i prezzi lievitavano almeno del 10% al giorno. Anzi il tizio, che adesso era seduto su uno sdraio mezzo sfondato, con le mani sulla abbondante panza, mi fece capire di non richiedergli una seconda volta il prezzo perché se no me lo avrebbe aumentato di nuovo, men che mai lo sconto che in epoca di svalutazia era inconcepibile, anzi in pratica a lui sarebbe senza dubbio convenuto tenersi la gomma lasciandomi i miei inutili soldi, insomma mi faceva un piacere assoluto, da vero benefattore dell'umanità. Purtroppo la gomma non era subito disponibile, ma doveva andarla a prendere in città, noi eravamo in un paesetto un po' fuori e quindi ci apprestammo a passare la sera in riva a quello che ormai sembrava un lago, aspettando che la griglia sfrigolante che un vecchietto gestiva in fondo al prato sfornasse qualche piatto di cevapcici  bollenti, una sorta di polpettine molto speziate ma piuttosto appetitose che mia figlia si sbaffò velocemente. La sera, seduti nel prato del gommista, sulle nostre comode seggiole davanti al camper azzoppato, fu davvero magnifica. Il sole si abbassò a poco a poco incuneandosi tra i due lembi di terra che chiudevano il golfo, mentre le colline che lo abbracciavano diventavano verde scuro, poi viola, poi ancora nere, mentre il cielo striato di nubi alte, si incendiava di colpo. Quasi quasi la foratura era arrivata apposta per farci apprezzare quel tramonto spettacolare. Il giorno dopo arrivò la gomma che occupava quasi tutto il cassoncino dell'Ape del tizio, che era andato in città a prenderla la mattina presto. Costava un po' di più del previsto ma capirà. la svalutazia... Partimmo dopo un'oretta, dirigendoci verso il passo che portava a Podgorica. Subito dopo, imboccata la discesa la gomma era di nuovo a terra, porco su e porco giù. Arrivammo fino ad un gommista serio, dove si scoprì che il panzone me l'aveva montata pizzicando la camera d'aria nel cerchione, successivo esborso e poi via, felici, verso la meta.

Montenegro

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