domenica 19 settembre 2021

Recensione: W. Smith – L’uccello del sole


 

Dato che siamo al mare, vi segnalo questo classico libro da ombrellone, nel senso che non hai bisogno di molta concentrazione per andare avanti e anche se al tuo fianco hai qualche querulo vicino che schiamazza senza mascherina, puoi procedere nella lettura senza troppi problemi. Classico libro di avventure alla Indiana Jones, che grazie al mestiere di un maestro di questo genere di scrittura di consumo, procede speditamente con la spinta della voglia di vedere come finisce e senza troppi spunti filosofici su cui ragionare. Anche se di nullo valore letterario, il tempo te lo fa passare, ormai si trova nelle edizioni da 5 euro e dato che è la solita mappazza di 500 pagine, con 1 euro all’ora il tempo passa piacevolmente senza stare a sentire le notizie dei telegiornali. Una storia di archeologia africana, con tanto di ritrovamenti, mistero e collegamenti con i lontani cartaginesi. Noto che il libro è del 72, quindi in pratica sono passati una cinquantina d’anni e quando il nostro Wilbur lo scriveva, il Sudafrica e tutti gli altri paesi attorno erano ancora in una situazione ben diversa da quella odierna ed i bianchi della sua tribù avevano ancora in mano tutto e pensavano di averlo per sempre, anche se i segnali che qualchecosa scricchiolava si cominciavano ad intuire, cosa che si sente molto bene tra le righe del racconto, dove i negri sono ancora tali e nessuno si sogna di chiamarli neri e i bianchi si sentono ancore ben chiaramente portatori di civiltà. D’altra parte i tempi erano quelli e bisogna sempre contestualizzare. Oggi credo che lo avrebbe riscritto con maggiore attenzione.


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