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Yangon - La grande pagoda |
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Ragazza Birmana |
Da quando son tornato, tanto per riappropriarmi di un pezzo di vita sociale, ho ricominciato a frequentare qualche locale. Circondato da facce lugubri convinte che tutte le cose vadano male, che parlano solo di politici corrotti e disonesti e intanto vigliacco se mi fanno uno scontrino. Tutti a lamentarsi degli altri, onesti solo quando non si ha la possibilità di rubare. Il paese è così, bisogna farsene una ragione ed esprime la classe politica che si merita. Io temo che il problema non sia da ricercarsi nella congenita disonestà, questa è una cancrena millenaria che forse, azzardo, è insita nella genetica dell'uomo e non vi illudete c'è da tutte le parti del mondo, ma nello scivolare di un paese verso quell'area dove ci si adagia nella neghittosità accidiosa senza più premiare la capacità e la voglia di fare. Ecco allora che si seguono quelle sirene politiche che sbandierano la propria voglia di onestà assoluta e poi non sono capaci a fare nulla, la realtà è che il disonesto ruba un pezzo di formaggio, mentre l'incapace fa andare a male l'intera forma. Trionfano gli imprenditori che sperano solo sulle svalutazioni competitive o sulle delocalizzazioni per sfruttare momentaneamente un basso costo della manodopera, situazione illusoria e passeggera, invece di farlo per conquistare nuovi mercati, incapaci di innovare e di rischiare, allignano i sindacalisti legati ad un passato fatto di slogan e disinteressati a collaborare alla creazione di condizioni efficaci, gigioneggiano e pontificano gli anziani abbarbicati ai loro privilegi, pronti a criticare tutto, delirando sulle meraviglie di un passato meraviglioso quanto inesistente, bramosi di lavorare fino ad 80 anni mantenendo i loro ragazzi, criticandoli, al bar a giocare alla playstation, molti dei quali, pur molto più preparati della generazione precedente trovano tutto sommato comodo questo stato di cose.
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Per le vie di Yangon |
Accidenti che pistolotto! In realtà voleva solo essere una premessa generica al raccontarvi una storia, perché girando qua e là, incontri persone che lo sconfessano completamente questo quadro un po' triste e melanconico. Ho incontrato Checco a Yangon. Sorriso largo e simpatico, comunicativa che ti fa capire subito che la persona si trova a suo agio in ogni situazione. Anche lui era uno dei tanti ragazzi italiani che qualche anno fa si guardava in giro per capire come poteva indirizzare la sua vita. Mezzo napoletano ma cresciuto in Veneto, certo, tanta buona volontà e determinazione, mica star lì a girarsi i pollici, si guardava intorno e intanto faceva tre lavori senza riuscire a mettere insieme uno stipendio decente. Convintosi che bisognava allargare un poco l'orizzonte ha colto la prima occasione che ha intravisto e se ne è andato da un conoscente a Santo Domingo. Ha imparato a fare le pizze, mica a costruire pile nucleari o a trovare la cura per il cancro e ha cominciato a lavorare. Ma forse il suo segreto non sta nell'essere capaci a fare bene le pizze, per quello forse non è necessaria laurea e master bocconiano, ma nel modo in cui si rapporta con quello che fa e con le persone che gli stanno intorno. Perché le cose vengono meglio se ti ci confronti con positività e convinzione, cosa che è contagiosissima e conquista anche chi ti circonda, che in questo modo alla fine ti apprezza e ti aiuta per il meglio. Fatto sta che il nostro Checco in una dozzina di anni ha girato una decina di paesi, Thailandia, Giappone, Dubai, Kuwait, Turchia e via cantando, sempre avviando ristoranti di successo, addestrandone lo staff. Ha collaborato all'apertura di Eataly negli Emirati tanto per dirne una. Già, perché nel frattempo che migliorava la qualità della sua pasta da pizza, forse perché se ci credi tutto si impara, o forse perché è una sua dote naturale, è diventato molto bravo ad organizzare ed addestrare un team di gestione, tratta tutti i suoi collaboratori innanzitutto come persone, li sa motivare, sa come far loro amare quello che fanno e come creare una squadra e dopo un po' guarda caso, tutti vogliono collaborare solo con lui e seguirlo nelle sue decisioni.
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Ecco la pagina del Daily eleven di Yangon |
Ha provato a tornarci n Italia, che in fondo casa è sempre casa, ha resistito un mese, poi è scappato. Adesso da quasi un anno ha avuto l'incarico di lanciare un ristorante a Yangon e lui per primo è rimasto affascinato dalle opportunità che questa città, in grande sviluppo è pronta a concedere a chi ha voglia di buttarcisi e diciamola tutta, fa i soldi con la pala. In nove mesi il locale è diventato uno dei più frequentati da tutta una clientela facoltosa di locali e di stranieri stanziali o di passaggio. Un mese fa il quotidiano di Yangon ne ha fatto un lungo articolo citandolo come la miglior pizza del paese, scusate se è poco. Ed è davvero buona, così come le paste che tanti occhi a mandorla ormai ordinano con golosità. E' soddisfatto Checco, lo si vede da come sorride e da come gli fa piacere venire a sedersi vicino a te per chiacchierare un po'. Certo guadagna un sacco di soldi, lo chiamano per consulenze da tutte le parti, per aprire nuovi ristoranti, per addestrare personale. L'altro giorno uno yankee di passaggio, proprietario di una decina di pizzerie nel New Jersey, forse abituato alle mappazze che gli americani chiamano pizza, gli ha chiesto come facesse a fare una pasta "so soft and crispy" e quando lui gli ha detto quanto gli offrono come consulente per risolvere queste situazioni, è quasi svenuto. Adesso i proprietari del Parami Pizza, gli fanno aprire altri due ristoranti a Yangon, siamo proprio in pieno boom. Intanto lo chiamano dagli Emirati, da Istambul, dall'Arabia Saudita, si sa la cucina italiana è molto popolare nel mondo. E lo chiamano continuamente anche qui, i clienti per complimentarsi, dalla cucina, per il tocco finale e tutte le ragazze in sala, che per la verità lo guardano con quell'occhio languido che significa tante cose. Ma il suo sogno è quello di aprire un locale tutto suo, magari proprio qui in questa città così difficile da vivere, ma dalle gigantesche opportunità, oppure in qualunque altra parte del mondo che poi alla fine è così piccolo. Andatelo a trovare Checco se passate da Yangon, una pizza così la mangerete raramente, ma soprattutto conoscerete lui, uno dei tanti ragazzi che ti fanno sentire orgoglioso di essere italiano. Ciao Checco, buona fortuna e facci sognare.
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SURVIVAL KIT
Parami Pizza Restaurant - 11/C, corner Malikha st. - Parami Road- 7th quarter, Mayangone, Yangon- Proprio sul lago Inya. Ristorante di pregio, anche piuttosto costoso secondo i parametri birmani (sui 20 $) Pizze fantastiche, paste e altri piatti italiani con qualche occhieggiamento alle cucine d'oriente, obbligate, data la clientela. Aperto 7 gg dalle 7 a mezzanotte. Se ci andate in taxi da downtown cercate di evitare l'ora di punta, perché la strada da 10 minuti si allunga di almeno un'ora. (taxi 5000K)
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1 commento:
Anche la tua, di pizza — non fraintendere, prego; e dove emerge il piacere del fare —, è squisitezza
Un saluto
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