L'estate sta finendo, come recitavano i Righeira nel lontano '85, per lo meno qui nella mezza montagna dove la trascorro, sognando futuri, spero probabili lunghi voli (pindarici o reali staremo a vedere), regalandomi però ancora giornate bellissime di sole e di azzurro. La maggior parte dei pochi vacanzieri di questi luoghi secondari del diletto non lavorativo, se ne sono già andati, chi per tornare alla dura fatica, come lo definiscono sostanzialmente alcuni dialetti, la maledizione che obbliga l'uomo a vendere il suo corpo e la sua mente per fare cose che mai farebbe se non fosse pagato per farle, chi per i vari impegni a cui la vita ti obbliga. Io, ramo secco della società industriale, costretto mio malgrado alla forzata inattività, adatto solo al più al lavoro non retribuito, ho ancora qualche giorno per gustare questi scampoli di cielo che profuma di resina e che comincia a far sentire attorno anche un vago sentore di porcini, che, fritti, sono sempre una bella soddisfazione per chi li raccoglie e soprattutto per chi li mangia; d'altra parte qualcuno dovrà pur farlo. Ieri sera abbiamo avuto un'ultima cerimonia di addio, col solito gruppo di amici, a strafogarci di gofri, la mitica specialità culinaria povera della valle, per carità, si tratta poi solo di acqua, farina, latte e lievito. So già che qualcuno di voi più acuto o maligno, dirà, certo certo, dipende poi dalla quantità di lardo, pancetta, gorgonzola, nutella e marmellata con cui li farcisci. Sì, sì, state sempre a spaccare il capello in quattro, tanto poi chi deve andare a misurare la glicemia sono io.
Però fa un poco di malinconia vedere, al mattino, il paese semideserto e che solo qualche giorno fa ancora brulicava di "villeggianti" ( ma ancora qualcuno li chiamerà così?) che si assiepavano per vedere passare il gruppo degli "spadonari" con i loro tamburi malandati che battevano il consueto tututùn tututùn tututùn tuntùn, visto e rivisto così tante volte. Stamattina nel dehor della mitica Rosa Rossa, citata pure dal De Amicis, non fo' per dire, ero completamente solo a buttare un occhio agli sgradevoli titoli della "büsiarda", come ancora la chiamano i vetero comunisti posto che ancora ne esistano. Poi sono arrivati due anziani, una coppia di lungo corso e dall'affiatamento invidiabile, che ogni giorno vengono a bersi il caffè, con un cornetto da dividere in due, forse anche loro hanno problemi di glicemia. Lui legge il giornale, anzi ne scorre i titoli e poi li enumera a lei che lo ascolta in adorazione, mentre gira il cucchiaino nella tazzina. Dal tono amaro o entusiastico con cui glieli declama o li condisce con un breve e lapidario commento, capisci subito il suo orientamento politico; lei fa un cenno di assenso addolorato con la testa oppure una piccola esclamazione stupita, come se non si aspettasse tanto, poi beve un piccolo sorso e posa la tazzina, che porta con sé una piccola traccia di rossetto, che nonostante l'età rimane evidentemente un vezzo da conservare per sentirsi viva. Poi chiuso il giornale, le due teste dai capelli ingrigiti dalle tante estati trascorse insieme, si levano e se ne vanno a braccetto a piccoli passi lungo il paese. Il tempo del'estate sta finendo, speriamo di passare l'inverno.
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