lunedì 12 agosto 2019

Central India 39 - Considerazioni sul Khumba Mela

 
Sulla riva

Bisogna fermarsi per raccogliere le idee. Quando vivi emozioni forti e prolungate, ti senti un poco scombussolato dentro e comprendi bene che durante tutti i momenti nei quali stai vivendo questi avvenimenti, quando davanti ai tuoi occhi si succedono eventi, fatti, situazioni per te assolutamente inusuali, devi lasciarti avvolgere da quanto accade, entrarci dentro fisicamente, ma non lasciarti indulgere al desiderio di capire, spiegare, dare giudizi. Devi soltanto vivere il momento e assorbirlo per quanto più ti è possibile, poi verrà il momento del pensiero cognitivo e del ragionarci su. Come viene spiegato da tutti i maestri che ti accompagnano lungo il sentiero della meditazione, la mente deve essere libera e vuota di pensiero, deve solamente lasciarsi coinvolgere da quanto sta accadendo intorno. In questi due giorni di Khumb Mela ho compreso che forse questo deve essere il giusto atteggiamento. Seduto qui, davanti a questa vasta superficie di acqua, qui il Gange si allarga molto ed è quasi difficile vedere l'altra riva, apparentemente immobile; vedi soltanto un immenso numero di persone che si perdono a vista d'occhio fin verso l'ultimo ponte che appena si scorge nell'aria brumosa della sera che scolora a poco a poco avvolta in fumi lontani. Gli altri ponti, quelli costruiti per l'occasione, formati da una infinita serie di grandi serbatoi galleggianti sopra i quali corre una passatoia di assi di legno, sono gremiti di una fila di gente che sta passando di nuovo il fiume per tornare alle proprie case. Movimenti che alla vista lontana appaiono come una transumanza al rallentatore, continua e senza tempo.


Gli altri si ammassano negli accampamenti lungo la riva per le incombenze che precedono la notte in arrivo, consumare un piccolo pasto con le cose portate con sé o con quello che si è racimolato in giro nelle varie mense preparate per i questuanti durante la giornata. Non si avverte più l'eccitazione delle ore di buio che precedevano l'alba di questa mattina, quando tutti correvano alla riva per non perdere l'imminenza del grande bagno, non si sente più quel  fremito che percorreva la folla con la sua voglia di vedere, di assistere all'evento e poi di parteciparvi attivamente buttandosi nell'acqua fetida, bagnandosi, spargendosela sul capo, bevendone sorsate per poi sputarla ed immergendosi ancora per lavare il proprio corpo dalla bruttura dei peccati commessi. Oppure l'ansia della ricerca degli uomini santi, per vederne le privazioni a cui si sottopongono, le loro sofferenze benedette e quindi sottoporre alla loro attenzione, le proprie, forse ben più vive e reali, per chiedere i loro consigli, per impetrare le loro benedizioni, per assicurarsi l'esaudimento delle proprie necessità, pagando qualcosa naturalmente, ma cosa conta questo di fronte alla fede. Adesso invece c'è la calma che sopravviene quando il sentimento comune è la soddisfazione generica per un dovere fatto, compiuto totalmente. Mentre il sole calante illumina di rosa la superficie dell'acqua, puoi vedere ancora bene le sagome degli ultimi fedeli che si bagnano, con le trasparenze grondanti dei vestiti leggeri che si incollano sui corpi che già cominciano a tremare per il freddo umido della sera invernale.


Cosa ha portato questo anno quasi 125 milioni di indiani (dati finali riportati dai media) ad accalcarsi sulle rive di questo fiume durante i circa quaranta giorni di durata di questa festa? Di certo la maggioranza di loro ha impegnato oltre al tempo, ma questo spesso poco importa in queste società, una congrua somma di denaro, di certo importante anche per quelli che si sono sobbarcati lunghi tragitti a piedi e che sono vissuti in questi giorni della assistenza delle organizzazioni religiose presenti. Pochi soldi per questi, ma forse ancora più importanti per chi ne ha davvero pochissimi. Ancora hanno rischiato di subire incidenti, furti o una delle innumerevoli calamità che questi grandi eventi di folla spesso hanno provocato, proprio a causa dell'incontrollabile numero di persone e delle loro reazioni imprevedibili. Non ultimo hanno rischiato malattie anche gravi, polmoniti e altre grane respiratorie: bagnarsi nel freddo di gennaio e febbraio, rimanendo poi a lungo seminudi e con le vesti bagnate addosso, non è uno scherzo; senza poi fare cenno a tutta quella gamma di problemi gastrointestinali, che da un lato sono frequentissimi in questi assembramenti semiselvaggi con l'aggravante del metter in bocca, per fede o semplicemente per sete, liquidi della tipologia di cui vi ho parlato. Tuttavia nulla di tutto questo sembra essere in grado di fermare un popolo, una nazione, vi ricordo, quasi il doppio degli abitanti dell'Italia intera, a compiere questo pellegrinaggio. Questa è evidentemente la forza della fede, aiutata certo da un certo battage pubblicitario che quest'anno sembra sia stato particolarmenete potente da parte del BJP, il partito ultrareligioso di estremismo induista, che era in piena campagna elettorale e che forse ha approfittato anche di questo evento per accrescere ancor di più il richiamo all'appartenenza religiosa, che poi ha ben pagato alle urne.


Ma queste sono considerazioni da occidentale incallito nel suo voler per forza razionalizzare fatti e avvenimenti che invece dovrebbero essere goduti nella loro potenza naif. E qui sulle rive della madre Ganga, questo vento impetuoso della fede che spazza via tutto, ha soffiato con forza in questi due giorni nei quali siamo stati qui a subirne le folate potenti, ad ascoltare le grida di incitamento di questa gente a cui, forse in nome di un Dio si può chiedere di tutto, ad ascoltare il rumore di fondo delle preghiere che per tutto il tempo hanno sovrastato la folla come un acufene continuo di cui non riesci a liberarti. Al termine di tutto questo bisogna ammettere che questa esperienza assolutamente unica e differente da quanto ci si potesse aspettare, valeva davvero la pena di essere vissuta, per il solo fatto stesso di essere presenti e di viverla in prima persona senza la presunzione di avere capito qualche cosa, qualche motivazione particolare, men che meno di giudicare. Rimane invece il fatto di poter confrontare, assimilare, identificare situazioni e comportamenti, con tante altre manifestazioni di questo genere, certo di ben diverse dimensioni, ma spesso di uguale tematiche interne, viste in giro per il mondo. E non sto parlando solamente di eventi di natura religiosa ma mi riferisco ad esempio a certi primi maggio oceanici vissuti a Berlino Est nei primi anni '70. Ma questa è un altra storia. Adesso possiamo tornarcene al campo, dopo questa giornata intensa, stanchissimi e coi piedi fumanti, mentre una fiumana di gente ci circonda percorrendo la nostra stessa strada, guardandoci ancora una volta intorno per fissarci nella mente questi volti straordinari, segnati dalla fede e dalla fatica, ma generalmente felici e sorridenti.
Santone


Un NagaSadhu
Domani il nostro percorso virerà verso l'ultima tappa di questo nostro lungo viaggio. Lasceremo questa Allahabad, città santa, che pure ha dovuto mutare il proprio nome in Prayagrai, in spregio alla precedente intonazione islamica del toponimo, a causa della sempre maggiore pressione dell'integralismo hindu che sta montando in questa terra,  città dove si è celebrato questo colossale rito collettivo, che parla soprattutto di rinascite, di gioia e di vita, per arrivare, come traguardo finale  ad un altra città, dove al contrario si celebra continuamente, giorno dopo giorno, un altro rito di natura opposta, sebbene inscindibile rispetto al precedente, la città della celebrazione della morte, Varanasi. Nella ruota infinita delle reincarnazioni al fenomeno della nascita e della vita, si alterna, diciamo irrimediabilmente, quello della sua fine, della morte inevitabile che a sua volta aprirà la porta a quella che sarà la rinascita successiva. Shiva il Dio mutevole che soprassiede alle esistenza umane, è di volta in volta distruttore e creatore, e responsabile di questa infinita catena che tuttavia solo la nostra volontà può interrompere. Il nostro viaggio da Prayagrai e Varanasi sarà dunque un nuovo movimento del pendolo dell'esistenza che porta dalla sbocciare della vita che avviene qui sulle rive della madre Ganga, al suo necessario concludersi, nel suo atto finale, nuovamente sulle rive della stessa madre Ganga, il medesimo fiume, che la suggella, sui suoi lunghissimi gath dove ardono senza fermarsi un attimo le pire dei cadaveri che qui hanno compiuto l'ultimo passo del loro pellegrinaggio terreno.

Sfilata delle scuole religiose



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I Naga Sadhu










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