domenica 7 novembre 2021

XVIII giornata di istruzione dell'AMAP. Cellamonte e Rosignano Monferrato

 

Paesaggio Monferrino da Rosignano

Che giornate ci regala novembre, mese bigio e triste in generale, che quando fa uscire il sole, fa anche esplodere i colori dell'autunno. Ecco dunque un'altra giornata fortunata, quella scelta per la XVIII giornata di istruzione dell'Amap, che questa volta ci ha portato a percorrere strade e paesaggi dell'Alto Monferrato per farci constatare quanto sia meritato il riconoscimento Unesco. I rossi carichi delle vigne che disegnano i versanti dolci delle colline, sono al loro massimo splendore ed i paesini che ne coronano le sommità sembrano messi lì apposta per renderle complete e bellissime. Molti di questi offrono centri antichi, che forse proprio a causa dello spopolamento che li ha interessati negli ultimi anni, li caricano di fascino, quasi che il lento abbandono li abbia rivestiti di una solitaria malia che ti invita a percorrere le stradine in salita, per scoprirne angoli sempre più nascosti. Per questa visita sono stati scelti due tra i più famosi tra i tanti, Cellamonte e Rosignano, posti nell'area dove erano numerose fino al secolo scorso le cave della cosiddetta pietra da cantone, una marna giallastra, tenera e facilmente lavorabile che servì per secoli alla costruzione delle case di questi borghi. Ricordiamo che tutta questa zona in periodo miocenico era coperta dal mare che aveva formato grandi depositi sui fondali attorno ai 15 milioni di anni fa e quando emersero questa serie di atolli, che oggi sono il Monferrato, e di seguito il mare si ritirò completamente, produssero degli affioramenti di questa roccia sedimentaria a disposizione per essere estratta ed utilizzata. 

Con questo materiale a disposizione, la cosiddetta pietra da cantone, sorsero i tanti paesi di questo territorio e la sua facilità di lavorazione permise agli abitanti di scavare facilmente anche al di sotto delle case costruite direttamente su queste rocce, dei locali sotterranei dalle caratteristiche particolari, i cosiddetti infernòt che arricchiscono moltissime delle abitazioni dell'area e che sono stati utilizzati nei secoli passati come luogo perfetto per la conservazione dei vini, grazie ad una temperatura immutabile tra i 12 ed i 14°C, che consente un invecchiamento di decenni, mantenendo e aumentando le caratteristiche di grande pregio della vinicoltura di questa zona. Oggi possiamo immaginare questi locali come luoghi di comunità oltre alle stalle, dove gli abitanti passavano anche le serate fredde di inverno o quelle calde dell'estate, grazie alla temperatura immutata, circondati dalle bottiglie nelle nicchie scavate nelle pareti, aprendone di tanto in tanto qualcuna sul tavolo di pietra, a sua volta ricavato dal pavimento, per commentarne la qualità e la riuscita. Questa era la vita di quei tempi, stretta attorno alla chiesa e circondata dalle vigne circostanti, lunghe sere a raccontare storie di masche e fantasmi o semplicemente a spettegolare su qualche vicina chiacchierata da tutto il paese o sulla propensione del Curato a servirsi con abbondanza del vino da messa. 

Durante il nostro giro, ne abbiamo visti diversi di questi infernòt, a Cellamonte, quello all'interno del Museo della pietra da cantone, elegante e a suo modo ricercato e altri a Rosignano, nei sotterranei del palazzo del comune, esempi tra i molti anche privati, aperti al pubblico in molte occasioni e che ormai fanno parte di un circuito teso ad arricchire l'offerta turistica che da queste parti ormai unisce la bellezza delle architetture rurali, i richiami socioculturali e tutto l'aspetto enogastronomico che qui è sempre stato preminente e di assoluta eccellenza, a cominciare dal pregiato tartufo bianco della vicina valle Ghenza, dai vini di qualità e da una cucina monferrina che rimane un caposaldo non trascurabile, come abbiamo avuto modo di constatare nell'Agriturismo La Fontanella di Cellamonte. Qui abbiamo avuto salumi della zona (famosa tra l'altro per un pregevole salame cotto), peperoni in bagna càuda e carne cruda, tajarin alle verdure seguiti dai più classici agnolotti al sugo d'arrosto e tre assaggi di dolcetti, tutto fatto in azienda, vini inclusi. Siccome non guasta ricordo che l'azienda agricola ha avuto importanti riconoscimenti anche alla fiera del bue grasso, come dire non so se mi spiego. E tanto per dare uno schiaffo a chi ci vuol male, tartufo come se piovesse. Lo consiglio. Se ci aggiungete gli spettacolari paesaggi delle colline circostanti con le vigne vermiglie magnificate dal tramonto del sole dietro le creste lontane e le Alpi sullo sfondo con le cime già coperte di neve, direi che la giornata è stata spesa bene. 


L'infernot del Museo della pietra da cantone


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3 commenti:

Unknown ha detto...

Sei bravissimo nei tuoi appunti di viaggio. Fai viaggiare anche i pigri come me. Sembra di essere lì a partecipare alle tue "missioni" in posti sempre interessanti. Come essere un ospite invisibile, che viaggia con te... Sei bravissimo. Ciao.

Pierangelo ha detto...

Complimenti, sia per il tuo modo di descrivere posti bellissimi e anche per farci venire l'acquolina in bocca. Un saluto ed un abbraccio.

Enrico Bo ha detto...

Grazie amici mi fate arrossire

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