domenica 8 luglio 2018

Etiopia 21 - Una cena tra amici


Pastori Hamer al mercato

Dalle colline di Jinka
Le genti incontrate oggi, Mursi e Bodi ci hanno abbastanza scossi, vuoi per la abbondante presenza di armi, e come diceva John Ford, se all'inizio di un film vedi un fucile, prima della fine quello deve sparare, sia per gli sguardi assolutamente poco sorridenti di coloro che abbiamo incontrato, facce cupe e indagatrici, volti che forse hanno tanto subito e che pensano soprattutto a difendersi da quanto arriva da fuori, anche se sanno essere occasione di reddito, che fanno pensare, forse a torto, a popoli, che un progresso, generalmente predatore e poco amichevole, ha confinato in spazi sempre più ristretti, quasi spingendo in una direzione, niente affatto gradita, per omologare il più velocemente possibile, ritenendo queste diversità, un generale disturbo, solo un po' mitigato dal fatto che comunque tutto questo rappresenta un'opportunità per il settore turistico. E' probabile che questi popoli non si sentano "amati" dall'autorità e rivendichino una autonomia decisionale forte, ma nel contempo siano morbosamente attirati da quanto c'è oltre la collina e che ormai conoscono abbastanza bene, in un continuo contrasto tra il richiamo alle tradizioni della parte anziana (e non solo anagraficamente) dell'etnia e la voglia di approfittare delle comodità del nuovo mondo che è alle porte, dalla parte più giovane e aperta. 

Vicini di casa
Questo magari provoca contrasti non solo interni ai gruppi, ma anche verso coloro che arrivano da fuori, siano governativi, accolti magari con le armi spianate, nel timore che vengano ad imporre dictat o inganni, che già in passato hanno condotto a perdita di terre e di potere decisionale,sfruttando magari l'ignoranza di chi le carte non le sa neppure leggere, altro che apporre delle firme, oppure siano visitatori, in fondo fastidiose vacche da mungere, che certo vengano pure se devono portare gli attesi soldi, ma che più presto se ne vanno meglio è. Un po' l'atteggiamento dei Liguri verso la transumanza dei vacanzieri lombardo piemontesi, insomma. Sia come sia, è difficile capire quale sia la realtà vera di queste tribù, che però apparentemente rimangono attaccate saldamente al loro stile di vita ancestrale anche estetico, forse per convinzione forte o forse per il grado di isolamento che rimane ancora molto pesante. Tuttavia propendo più per la prima ipotesi, in quanto, altri modi di vita tradizionali, in giro per il mondo, per quanto ne so e ne ho visto direttamente, si sono sgretolati con molta maggiore rapidità, alcuni in meno di un decennio dai loro primi avvicinamenti, mentre qui, i turisti e le loro lusinghe percorrono queste piste da oltre cinquanta anni ed è inutile parlare di turismi più o meno responsabile. Bisogna rendersi conto che il contatto anche minimo con un mondo così diverso e lontano, inquina, cambia e distrugge la cultura più "primitiva" con l'ineluttabile e violenta rapidità delle malattie portate dai primi scambi tra civiltà lontane e diverse. Il resto sono chiacchiere. 

Venditrice di injera
Noi intanto, meditando su questi fatti, rientriamo a Jinka all'imbrunire. Questa sera siamo invitati a cena nel locale gestito dalla mamma di Lalo, una donna delle tribù, che evidentemente, il richiamo del nuovo mondo lo aveva già sentito da tempo, almeno da quando, un paio di decenni fa si è trasferita qui, nella capitale della regione. Siamo nella piazza grande di terra battuta dove si svolge il mercato. Attorno, una serie di basse costruzioni in lamiera ed in muratura dove si allineano, qualche negozio, ma soprattutto locali di ristoro dedicati ai frequentatori del mercato stesso. Si tratta di ambienti scuri, fumosi ed affollati, con un fuoco e qualche fornello sul retro e un paio di ambienti di cui il primo si affaccia con una piccola tettoia sulla piazza stessa. Al'interno un tavolino basso e dei sedili di fortuna, c'è anche un vecchio salotto di recupero con poltrone e sofà che occupiamo subito circondati dall'affetto della famiglia di Lalo. Sui sedili esterni ci sono diversi Mursi che bevono birra di sorgo, evidentemente il mercato è finito e sono tutti piuttosto alticci ed allegrotti, anche le donne che, essendo nell'occasione, prive di piattello, ridono, mostrando le gengive rosse prive degli incisivi superiori e col il labbro sformato e pendulo che sballonzola ad ogni risata. La mamma di Lalo, con sorella e nipote, si dà da fare in cucina, mentre il locale, molto frequentato di giorno, ormai ha più pochi avventori, che alla sera tendono a rientrare nei villaggi vicini. 

A cena in famiglia
Hanno tirato fuori il servizio di bicchieri migliore mentre aspettiamo si bevono bibite e pop corn. Poi arriva il piatto forte, una grande injera con uno dei piatti classici etiopi, il doro wot, pollo in umido in una salsa molto pepata con uova sode, che per la verità è davvero gustoso. Si ride e si fanno grandi cenni di apprezzamento, ci si capisce benissimo anche se manca qualunque traccia di lingua in cui comunicare. Gli astanti apprezzano che ce lo stiamo mangiando di gusto. Insomma tutti si danno un gran da fare per accogliere al meglio gli amici del figlio, che comunque qui è un po' un autorità, da quanto si capisce. Lui si gode la scena facendoci da chaperon, orgoglioso dimostrare alla sua famiglia gli amici e viceversa. Bisogna ammettere che il nostro Lalo è un personaggio piuttosto in gamba; ha studiato nella capitale ed ha subito pensato che il mondo del turismo possa essere una opportunità in potente sviluppo per il suo paese e di riflesso anche per lui. Con diversi aiuti ha messo in piedi la sua agenzia che sta crescendo poco per volta nel tempo e per la verità ha un sacco di idee da sviluppare. Intanto noti subito che anche dove arriva in zone che conosce meno cerca di approfittare al massimo, intesse nuovi contatti, annota tutto, amplia le conoscenze, cerca di mettere basi per il futuro, per fare evidentemente nuove e più allettanti proposte a futuri clienti. Ma, anche se ha una base ad Addis Abeba, Jinka, la capitale dell'Omo valley, rimane il suo centro di azione, quello che intende più sviluppare in futuro. 

La casa in costruzione
Proprio per questo è diventato proprietario di un bel pezzo di terreno appena fuori città, una bella posizione panoramica sulla collina, tra il verde e qui ha cominciato a costruire la sua nuova casa, in stile tradizionale, grande ed evidentemente pronta per accogliere una famiglia, una moglie. Ma qui il discorso si fa difficile. Il nostro amico, a questo riguardo, è piuttosto diffidente, anche se piuttosto sensibile al fascino femminile, teme con diffidenza l'incontro con l'intento di sistemazione con il classico "buon partito" e vorrebbe invece qualcuna, bella sì, ma con la testa ben sul collo che potesse aiutarlo nella sua idea di vita futura. Gli auguriamo di certo di trovare il meglio, anche se mi sembra che qualcosa per la testa ci sia già. La casa è quasi finita, già si intravede la disposizione degli ambienti, con la previsione delle camere per gli ospiti e per i figli, manca solo più l'intonacatura esterna, le porte, in legno, robuste, le aveva ordinate nel passaggio da un falegname, che avevamo incrociato lungo la strada, arrivando da Addis. Poi in fondo al giardino, il terreno digrada verso la valle tra bouganvillee, siepi di fichi d'india e grandi alberi di jacaranda. Qui potrebbe nascere il suo progetto futuro, una serie di bungalow per fare un piccolo hotel, base di partenza per i tour nella valle dell'Omo in cui lui è specialista. Data la qualità delle altre sistemazioni alberghiere di Jinka direi che potrebbe essere un progetto molto interessante. Intanto io gli faccio i miei migliori auguri! Intanto per noi è ora di procedere verso nord est a scoprire le ultime tribù della valle.

Il doro wot



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1 commento:

Anonimo ha detto...

Quel reportage magnifique !!
Jac.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!