sabato 28 luglio 2018

Etiopia 36 - Le gole del Nilo Azzurro

Al bar

Ventilazione
Oggi ci tocca un lungo trasferimento, più o meno di 500 km, da Addis fino al lago Tana, che ci farà attraversare il grande altopiano interno etiope. Bisogna pertanto partire piuttosto presto. E' infatti notte piena, quando carichiamo, veramente caricano, i bagagli sulla macchina, nel cortile nel nostro albergotto ancora addormentato. Abbiamo già scaricato tenda e materassi che nell'itinerario del nord non ci serviranno più e lasciamo quindi la città verso le sei, quando il sole sta per sorgere. Lalo ha l'occhio smorto, anzi potremmo dire, guardandolo meglio, proprio sofferente. Interrogato al riguardo dichiara di non sentirsi molto bene, lo tocchiamo, ha certamente la febbre, ma lui minimizza, sarà un po' di malaria, ma non troppa, butta lì, buttandoci nella costernazione. Comunque lui insiste di non preoccuparci che più avanti andrà a farsi vedere da un dottore, in una klinic che sa lui. Proviamo a dargli un Oki, tanto per vedere come reagisce; lui obbediente butta giù, poi si accoccola dietro e cerca di dormire mentre lasciamo la capitale alle nostre spalle. Abi dice di stare tranquilli che ci pensa lui e intanto spara a tutto volume l'etiopian rock che tiene sulla sua chiavetta musicale e guida sul rettilineo segnando il tempo con le spalle e ripetendo ossessivamente i ritornelli ritmati. La strada è lunga e anche piuttosto monotona ma per fortuna non si avverte la quota anche se dovremmo essere costantemente sopra i 2000. 

La strada verso l'Abey gorge
Le uova strapazzate che mettiamo sotto i denti verso le otto ristorano abbastanza, anche se non mitigano le preoccupazioni per la salute di Lalo che non si muove dal suo abitacolo. Proseguiamo tutta la mattina in un paesaggio severo e roccioso, dopo aver lasciato le zone coltivate più vicino ad Addis; poi tutto si fa più accidentato e la montagna prende il sopravvento solo che si tratta di una altimetria al contrario, davanti a noi una spaccatura così vasta da non riuscire a vederne i limiti, né ai lati, né di fronte a noi. Non si può dire che si tratti di un vero e proprio canon, perché come minimo si dovrebbe vedere il fondo e scorgere la riva opposta, invece scendiamo quasi a precipizio lungo tornanti scoscesi e curve continue. La strada è asfaltata ma orribile, addirittura, non si capisce se per la pessima qualità dell'asfalto o per il caldo tremendo, in molti punti questo si è addirittura sciolto, formando una sorta di rotaie, provocate dai camion pesantissimi che transitano di qui, che vi sono quasi affondati con le loro ruote. A volte l'asfalto scompare del tutto e questo permette di scendere meglio ma poi, subito dopo, ricompaiono i buchi e le onde. Devi procedere a bassissima velocità, perché cascarci dentro può provocare dei danni che qui, in mezzo al nulla, potrebbero compromettere il viaggio. Quasi ad ogni curva vedi appena fuori dalla strada o in fondo alla scarpata, qualche carcassa di camion o di bus accartocciato e/o bruciato. 

Macaco
Insomma qui non si fanno sconti, ma Abi procede con sicurezza canticchiando sempre. Scendiamo di almeno mille metri ed in fondo, un poco confuso dalla nebbiolina di calore che adesso comincia davvero a diventare fastidioso compare un nastro argentato che compie una lunghissima curva piuttosto regolare. In mezzo, proprio dove si sta dirigendola strada, un lungo ponte che lo attraversa, con tanto di posto di blocco militare a guardia e protezione, che non si sa mai. Questo deve essere l'unico modo di attraversamento per centinaia di chilometri, quindi meglio controllare con attenzione chi passa. Naturalmente dalla guardiola non fa capolino nessuno e procediamo quindi ad attraversare, anche se con una certa cautela. Qualche macaco invece butta uno sguardo interrogativo come per chiedere dove diavolo stiamo andando e come mai ci troviamo lì. Si tratterebbe dell'Abey river, a tutta prima sconosciuto, stranamente vista la sua straordinaria imponenza, ma in realtà, dopo un rapido controllo delle mappe, scopriamo che non si tratta altro che del Nilo Azzurro e che questo è il suo nome in amarico, traslato dall'arabo. Pur sembrando un fiume di tutto rispetto, in questa stagione ha una portata che arriva a malapena ai 100m3/s e qui siamo già a diverse centinaia di chilometri dal lago Tana di cui è anche l'unico emissario, ma ad agosto può arrivare a quasi 6000 m3/s! 

IlNIlo Azzurro
Certamente questo fiume, al solo nominarlo, dà sempre una certa emozione. Se pensi alle esplorazioni ottocentesche che andavano alla ricerca delle sue sorgenti, alla scoperta di questo immissario, così grande da essere considerato parte del fiume stesso, all'arrivo al grande lago, che vedremo domani, in questo territorio che checché tu ne voglia dire, si sente decisamente come ostile, difficilissimo da percorrere, con i mezzi odierni e figuriamoci allora, hai la sensazione dell'impresa, che poi è Abi che guida e dietro Lalo mezzo morto che dà le indicazioni, forse anche allora era così. Intanto la orribile strada, che dovrebbe, tra l'altro, essere un lascito di un'azione congiunta italiana e giapponese, risale gli oltre mille metri dell'altro versante, in una serie di curve e controcurve speculari a quelle che ci hanno fatto discendere prima. Misa che qui hanno risparmiato sui materiali. La zona, molto rocciosa e chiaramente improduttiva è del tutto desertica e quel nastro di acqua solitario laggiù, appare ancora più desolato ed incongruo, come fosse un tracciato inusuale scoperto su un pianeta alieno. Quasi quasi ritorna su il pollo secco e durissimo che avevamo trangugiato qualche chilometro prima in una cittadina senza nome, all'interno di un'hotel di passaggio, per la verità molto frequentato e che appariva di buon livello, prima che arrivassero i piatti, ma diciamo che la Coca Cola era ottima, tanto per non apparire sempre come dei turistacci viziati e brontoloni. 

Bahir Dar
Subito dopo, risalito completamente il bordo della scarpata, il terreno diventa di nuovo piatto con lievi ondulazioni, anche se man mano che si procede verso nord, comincia a diventare più verde e compaiono le prime coltivazioni, dapprima con piccoli villaggi, poi con cittadine senza nome, fino ad arrivare a Bahir Dar, la città sul bordo del lago. E' ormai tardo pomeriggio e, forse per la scontrosità del territorio percorso oggi, tutto appare subito più civile e ridente. I larghi viali alberati ed il traffico che li percorre sembrano quasi ordinati; le case e le varie costruzioni, moderatamente ben fatte, molte nuove, insomma sembra di essere tornati nel mondo civile. In realtà questa città ambisce a diventare centro turistico, data la sua posizione sul lago e un clima accettabile rispetto al resto del paese. Ci sono molti alberghi anche nuovi e sembrano circolare anche un po' di soldini. Anche il nostro albergo mostra un tono decisamente più elevato ed elegante e la terrazza vista lago ti consente di rimanere a goderti la sera, con il sole che scende e il rosa che riempie il cielo, come fossi un inglese che girava per il mondo in un tempo passato per andare a vedere finalmente lo stato dei suoi possedimenti. Veramente si potrebbe andare a fare un giretto per le strade intorno, tanto per vedere da dove viene la musica afro che si sente dall'altra parte della strada, ma un potente slavazzo che arriva a proposito ci consiglia un pavido rientro. La disco di fronte all'albergo comincia con un martellamento di tamburi, fino a quando durerà? Non ho ancora finito di pormi la domanda che già sono crollato sul cuscino.

On the road
SURVIVALKIT


Hotel Palm Palace
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 West Gojjam - Bahir dar - Bell'albergo, quasi nuovo in riva al lago. Moderno con ascensori. La nostra doppia vista lago, grande pulita, TV, free wifi funzionante, frigo acqua calda e fredda, due asciugamani senza chiederli e tutto funziona bene a 600 birr. Ristorante valido con buona scelta. Pollo al curry, varie paste, pizza e piatti di carne. Prezzi normali. Consigliatissimo. Personale molto gentile ed efficiente. Da qui si possono avere le escursioni sul lago.




Acacie


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