sabato 20 aprile 2019

Central India 15 - Le cateratte del cielo


Mandria di Chital

Turisti col previdente Dino
Insomma dai, stamattina la tigre ce la siamo proprio goduta e adesso che abbiamo ancora due uscite, chissà quante volte la vedremo ancora! E' con questo spirito che verso le tre ci si avvia per l'ennesima volta al gate del parco nella solita 4x4. Dino, il nostro driver è ancora eccitato per il successo di stamattina, non è frequente infatti vedere l'animale con la preda appena cacciata tra le fauci e ovviamente è per questo speranzoso di una buona mancia finale, almeno così funziona da queste parti. No tiger, no tip, questo recita il breviario turistico al quale ci si deve scrupolosamente attenere. Stessa cosa per il ranger, che ovviamente ha una sola pallottola nel suo fucile, cambia infetti adogni uscita e quindi è motivatissimo nel fatto di riuscire a trovare la bestia durante la sua occasione. Quello che carichiamo stavolta, prima di varcare il cancello di Tala è piuttosto anzianotto, meglio, questo gli dovrebbe dare maggiore esperienza. D'altra parte si parla di una tigre per ogni dieci km2 di parco, una vera folla e presto, si dice, dovranno spostarne qualcuna in altri parchi, perché diversamente si daranno fastidio l'una con l'altra; si sa che questo felino è un assoluto solitario, ha bisogno dei suoi spazi, di un territorio molto vasto su cui non tollera compagnia, salvo i brevissimi incontri per riprodursi. Un nobile di grande lignaggio insomma, ma scorbutico e per niente incline a farsi degli amici.

Chital
Così ragionando procediamo nel bosco, naturalmente per un'altra strada di quella percorsa al mattino. Ma, bisogna dire la verità, l'aria è diversa da quella di poche ore fa, quando la foresta era piena di fervore e di vita, con eserciti di ungulati che brucavano tra gli alberi o si abbeveravano nelle pozze, ora c'è davvero una sensazione diversa. Gli animali sono radi e frettolosi e si mettono velocemente al riparo al tuo passaggio. Ma c'è un'altra cosa che dovrebbe preoccuparci massimamente. Il cielo, invece che luminoso e aperto, adesso che il sole è ormai alto, è diventato improvvisamente scuro, con nuvoloni neri, che lo percorrono veloci e poco rassicuranti. Beh, poco male, la macchina ha in dotazione una copertura di tela per questi improbabili frangenti, ma niente paura perché non siamo mica durante il monsone, in questa stagione non piove mai. Forse però è per questo che gli animali si rifugiano nella parte più scura e riparata del bosco. Però, se dobbiamo dire la verità, certo non pioverà, ma qualche goccia, anzi gocciolona si sente calare giù e bisogna anche dire che è assolutamente gelata, tanto vero che fa un freddo cane e siamo completamente avvolti dalle coperte, visto che l'aria ghiacciata sferza le nostre roride gote, unica parte esposta all'insulto della metereologia. Quando si mettere a piovere deciso, invochiamo ad una voce la presa in carico della copertura prevista.

La jungla da un'altura, prima della pioggia
E questa è la sorpresa della giornata. L'apposito telo-capotte, è stato lasciato a casa, per non occupare troppo posto tra i sedili, d'altra parte in questa stagione è noto che non piove mai e sarebbe stato un carico inutile. Appena appresa questa ferale notizia, quasi fosse stata data una sorta di liberatoria al dio della pioggia, si aprono definitivamente le cateratte del cielo e viene giù un diluvio degno dei mesi estivi, con la sola aggravante che invece di 35°C ce ne sono 7 od 8. Apriti cielo, anzi è già completamente aperto e piove che dio la manda. Non resta che coprirsi completamente con tutto quanto abbiamo a disposizione, kWay leggero di ordinanza, cappuccio, controcappuccio, sacchetti di plastica e copertona militare a seppellire completamente quei corpacci cagionevoli di turisti anzianotti che farebbero meglio a stare a casa a fare la calza e leggere la Gazzetta dello sport al bar del Circolo della Boccia, invece che andare a cacciarsi in queste grane. Certo la prima preoccupazione è data dalla protezione dell'attrezzatura fotografica, tra l'altro appena acquistata e quindi ancor più cagionevole e certo non bisognosa di questo umido banco di prova. Chi tra di noi ha già avuto problemi legati al clima in tempi passati, lancia al cielo alti lai di stizza e di preoccupazione, gli altri si votano al silenzio raggomitolandosi il più possibile per sfuggire almeno alle ventate di acqua che arrivano dal di sopra del vetro anteriore. 

Pavone
Viene giù a secchiellate. In un attimo siamo marci come oche. Le coperte si sono inzuppate immediatamente e adesso tocca al resto che c'è sotto. Dino guida all'impazzata percorrendo le piste a velocità sostenuta, scivolando in qua e in là per la pista ormai fangosa, per tentare di riguadagnare l'uscita. Naturalmente eravamo nel punto più lontano dal gate e quindi ci prendiamo la cateratta d'acqua per una buona mezz'ora, prima di arrivare all'asfalto. Scarpe e pantaloni, meno protetti sono completamente fradici e ci vuole ancora un quarto d'ora, scaricato il ranger deluso, prima di arrivare all'albergo, ironia della sorte, proprio mentre sembra che il temporale si sia sfogato completamente, infatti la pioggia ha perso di intensità e quando riusciamo finalmente a rientrare in camera, la pioggia comunica la sua intenzione di smetterla, avendo già dato tutto il possibile. Siamo completamente bagnati, mutande incluse. L'acqua che sferzava la macchina scoperta da tutti i lati è penetrata invasivamente dappertutto. Magliette e pantaloni, calze e canottiera, gocciolano. Dopo adeguata strizzatura tutto viene appeso empiricamente ai cordini di ordinanza che ogni buon viaggiatore porta con sé per ogni evenienza e subito doccia bollente per evitare quanto meno la polmonite. 

Giovani sambar
Anche le camere tuttavia sono gelide in questa stagione e le stufette vanno a pieno regime anche se sembrano l'alito di un moribondo. Poi entra in funzione il phon, di cui il bagno è inusitatamente dotato per tentare di asciugare almeno le scarpe, in previsione di domattina, giornata il cui svolgimento sarà tutto da decidere. Un breve controllo dell'attrezzatura mi fa tirare un respiro di sollievo. La sacca impermeabile che racchiudeva gli attrezzi, li ha protetti dalla morte per eccessiva umidità. Già una volta ho dovuto ascoltare un compare francese che guardando con irrisione la mia Nikon grondante acqua, mi diceva con compassione saccente, "L'éléctronique c'est fottu", e ahimé aveva ragione. Ripongo con cura il tutto dopo averlo amorevolmente ripassato con un apposito panno. Questo almeno lo abbiamo salvato, il corpo in qualche modo ce la farà, ha già provato di peggio. Occorre solo buttarsi sotto le coperte aspettando il mattino per verificare se scoppia il raffreddore e il pernicioso mal di gola accompagnato dalla febbre. Giù un'aspirina intanto, per la tachipirina aspettiamo il responso del termomentro. E poi come diceva Rossella, domani è un altro giorno. Intanto dopo la fuga affannosa verso la salvezza, il ranger, per la verità incolpevole è rimasto senza mancia. In fondo non abbiamio visto manco uno scimmiotto, altro che tigri!

Specchio d'acqua



Femmine di sambar al riparo
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