mercoledì 10 giugno 2020

Luoghi del cuore 11: La rocca di Sigiriya

La rocca di Sigiriya - Sri Lanka - agosto 1982
 
La scala per raggiunger gli affreschi
Ci sono luoghi che lasciano il segno per il loro impatto visivo, quell'esplosione di sentimenti e ammirazione che provi, quando vieni messo di fronte a panorami o costruzioni fuori del comune, altri che lo fanno per l'atmosfera che li circonda o per qualche fatto che ti è accaduto e che ha contribuito a renderli indimenticabili. Sri Lanka ha molti punti che generano queste sensazioni e che la rendono una terra tutt'affatto speciale da percorrere. Traversando la parte pianeggiante più o meno al centro dell'isola, avevamo passato una zona dove di tanto in tanto ai bordi della strada, notavi delle pozze fangose che nascondevano buchi profondi nella terra, popolati da gruppetti di figure avvolte da uno straccio alla vita che si immergevano nel fango, maneggiando grandi vagli di vimini. Erano i cercatori di pietre preziose, uno dei frequenti topoi dell'avventura umana, quella di chi cerca nelle pieghe della terra quella ricchezza nascosta, da trovare attraverso un lavoro infernale di scavo, di fango, di pericolo, nella speranza inseguita di trovare un giorno tra il pietrisco inutile, quel luccicore improvviso che rappresenta la svolta della vita, quel colpo di fortuna che in un solo attimo ti renderà ricchissimo e ti ripagherà delle mille fatiche e dei rischi corsi. I volti di questi disperati della terra sono sempre uguali, in tutte le parti del mondo, scavati dalla fatica e stremati dalle condizioni fisiche in cui sono costretti a vivere. 

La salita
Ricordo bene gli occhi speranzosi di un uomo senza età che roteava con lentezza il vaglio, le caviglie affondate nel fango, mentre l'acqua dilavava il pietrisco togliendogli via via la mota marrone e rendendo visibili le pietroline che si ammucchiavano al fondo della concavità, finalmente pulite e lucide, cernite velocemente con dita di speranza che le scartava via via tutte, lasciandone al fine un paio, due cristalli un poco più luminosi, forse due quarzi da pochi centesimi, che andarono ad aggiungersi a quelli conservati in un sacchettino che gli pendeva semivuoto alla cintola. Intorno a lui gli occhi dei suoi compari che lo guatavano con la brama di chi spera di condividere la fortuna, con la presenza nell'avventura o chissà con una violenza, che queste situazioni rendono presenza costante. Poi un'altra palata di materiale e avanti nuovamente con quel lavoro in bilico perenne tra maledizione e speranza. Speranza che grazie al tocco di qualche dio misericordioso, il ventre della terra portasse prima o poi quel maledetto colpo di fortuna per svoltare la vita. Gli comprai due pietroline più per simpatia che per altro, poi dopo altri chilometri in mezzo alla piana quella visione onirica, quella roccia immensa e quasi cubica, quella montagna di pietra rossa che si stagliava contro il cielo carico di nubi, luogo simbolico, sede di potere divino o terreno, la rocca di Sigiriya. 

Affresco
Il monte è alto quasi quattrocento metri e domina la pianura in maniera talmente prorompente che lo scorgi già da lontanissimo e per tutta la strada di avvicinamento sembra lì a portata di mano ad indicare la direzione. Poi il sentiero fatto di stretti passaggi e ripide scalette ti conduce alla cima dopo una serie di porte e terrazzi successivi. Mentre sali con una certa fatica, puoi dominare con un colpo d'occhio tutta la piana circostante, le rovine alla base e la campagna e le foreste che si estendono a perdita d'occhio. Bisogna calcolare anche più di un'ora, soprattutto se vuoi fermarti ad ammirare con l'attenzione che meritano gli spettacolari affreschi ben visibili di tanto in tanto sulle pareti. Si dice che un tempo i dipinti che raffigurano una serie di figure femminili nude ricoprisse tutta la parete rocciosa e che nel tempo in cui il palazzo divenne un monastero, la maggior parte sia stata grattata via per non turbare i monaci con la sensualità pronunciata con cui le figure erano rappresentate. Nella parte finale quando devi procedere tra rocce nude, puoi anche scorgere tra gli anfratti, per fortuna un po' più discosti dalle scalette dei grandi favi di vespe che non danno tranquillità al rimanente della salita. Ricordo una certa apprensione mentre percorrevo gli ultimi gradini. Dove il terreno finalmente si spiana, puoi finalmente camminare sui resti del grande palazzo reale del V secolo. Nei punti più elevati il colpo d'occhio è davvero notevole. Non ci sono dubbi, guardare la pianura dalla rocca di Sigiriya è una di quelle cose che ti porterai dietro per il resto della vita.

Cercatori di rubini


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