martedì 30 giugno 2020

Luoghi del cuore 22: Polenta al Bourcet

Bourcet - Val Chisone (To) - giugno 2020

Giglio Martagone
Una valle solitaria, che si distacca dalla valle principale, la Val Chisone, anch'essa tuttavia abbastanza secondaria, accesso minore alle valli olimpiche piemontesi. La percorri risalendo il fianco della montagna attraverso una serie di stretti tornanti e poi ecco un'altra deviazione verso un ramo della valle ancora più nascosto ed imprevedibile che conduce verso una balza nascosta ed invisibile a chi percorra le normali direttrici del traffico che passano tuttavia non lontane. Sei nella valle che porta a Bourcet, un minuscolo gruppo di antiche borgate fatte ognuna di poche case di pietra, nascoste in avvallamenti o appese a speroni di roccia, tutte praticamente in abbandono da tempo, con i tetti spesso crollati, le porte sfondate, qualche traccia di incendio. Tra le balze del bosco che le circonda, indovini tracce di muretti a secco che generazioni passate hanno costruito a forza di spalle e di gerle piene di pietre ammucchiate poi con cura, per costituire piccole losanghe di terreno piano dove seminare e sopravvivere tra questi monti. Ora la forza verde della natura le ha ormai vinte e le radici si insinuano tra le pietre per scardinarne l'ordine troppo innaturale, di una agricoltura comunque primigenia, per cancellarne la forma e la sostanza. Solo nella borgata principale, le case sono state rimesse in ordine, qualche lontano erede e qualche amatore della solitudine di questi luoghi se ne sono presi carico e qui rivedi, rinato, l'ordine antico, qualche fiore sui balconi, la pulizia di nuove staccionate, tendine alle finestre, la fontanella che gorgoglia acqua gelata. 

Giglio di S.Giovanni
Nei verdi prati, tra le rocce aspre, i lampi solitari dell'arancione mutevole dei gigli di San Giovanni, che occhieggiano senza riuscire a nascondersi tra l'erba alta. I gigli martagoni, più rari protendono la loro cascata di campanelle violette solo nei luoghi più segreti. Davvero un posto solitario di grande fascino, con una chiesetta che contiene una pala di sorprendente fattura, considerato il luogo dove si trova, dai fregi rinfrescati e dalle pitture naif alle pareti, commovente l'organo dipinto sulla falsa balconata. Di fronte un minuscolo cimitero che ospita qualche croce abbandonata che riporta quei tre cognomi ripetuti più volte, le tre famiglie, si dice formate da tre briganti rifugiatisi tra questi monti allora inaccessibili. Poi la crescita degli abitanti che godevano di un microclima che consentiva loro di coltivare il frumento ad oltre 1500 metri, cosa che permetteva loro di mangiare il pane bianco, al contrario delle altre genti circostanti. Pensate come sono cambiati i tempi, oggi i salutisti d'accatto dei nostri giorni ne aborrirebbero di certo la farina 00, ricca di glutine e povera di fibra, di cui erano così orgogliosi. Poi le vicende della resistenza, che utilizzò queste zone impervie come rifugio. Infine la gente che abitava queste borgate le ha a poco a poco abbandonate sedotte dalla facilità della vita cittadina e dalla durezza di quella che si poteva avere quassù. Alla fine della guerra c'era addirittura ancora una scuola, poi a poco a poco, l'abbandono totale. 

Il cimitero
Sembra che l'ultimo abitante reale di questo borgo sia morto una quarantina di anni fa, quando ancora ne difendeva l'accesso dagli estranei sgraditi, si dice, prendendoli a fucilate. Leggende della valle. Poi le case abbandonate furono addirittura rifugio temporaneo di un gruppetto di brigatisti, scoperti e catturati, prima del ritorno recente dei cercatori di solitudini, dei ragionieri a cui la vita di città questa volta è diventata pesante e sono alla ricerca di quella agricoltura finta, ma così oleografica, dell'orto di montagna, tra il belato delle capre e l'ululato (presunto), del lupo. Comunque sia il luogo è davvero suggestivo con i suoi spettacolari panorami sulla valle lontana, sui boschi dei dintorni, sulle cime alternate ai colli di passaggio alle valli limitrofe. In giugno poi, con quel verde intenso punteggiato da milioni di macchie di colore, ti fa rimanere a bocca aperta e se la giornata è spettacolare come quella di ieri, ti obbliga a sdraiarti da qualche parte a sentire il ronzio dei bombi e lo sbattere d'ali delle farfalle e a digerire la polenta che la signora del rifugio ti ha servito in dosi di altri tempi. Lungo la strada vedi balzar via un leprotto o la lunga coda di una donnola che si nasconde nel sottobosco. Nell'aria l'odore dei funghi. 

Bourcet - Borgata  Chasteran

SURVIVAL KIT

Tra le rocce
Strada per Bourcet - Arrivando da Torino sulla statale 23S, passate Roreto (Roure) e quindi La Balma. Dopo circa 1 km prendete la discesa a sinistra che scende al vivaio la Trota Blu e proseguite per l'unica pista, stretta ma con un fondo regolare a tratti asfaltato, per circa 6 km fino ad arrivare alla borgata Chasteran di Bourcet ad oltre 1500 m.. Lasciate qui la macchina e poi potete percorrere molti itinerari che conducono lungo diversi sentieri alle varie borgate abbandonate nei dintorni o risalendo ancora la valle, arrivare alle bergerie sotto il Becco dell'Aquila oppure scendere a piedi (100 m.) la ripida discesa in fondo alla borgata, per arrivare al rifugio Serafin, ricavato dalla vecchia casa parrocchiale della chiesetta adiacente, dove potrete mangiare (salumi, insalata russa, agnolotti fatti in casa, polenta con spezzatino e salciccia, formaggio e fragoline, caffè e amaro di genziana a 20 €). Vedete un po' voi.

Val Chisone



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