giovedì 18 giugno 2020

Luoghi del cuore 17: Le mura di Tallin

Tetti di Tallinn- Estonia - agosto 1983

Le mura 
Nell'83 circolare con il proprio mezzo nell'Unione Sovietica era inconsueto, non tanto per la difficoltà oggettiva, ma soprattutto per la distanza e le complicazioni burocratiche necessarie per arrivarci, infatti per tutta la decina di giorni che trascorremmo in quelle lande non incontrammo altri mezzi occidentali ed il nostro topone grigio e cornuto veniva spesso indicato a dito per le strade, forse però proprio a causa della sua incongruenza esteriore, che per il suo essere proveniente da altri mondi. Allora, tuttavia, come ho più volte rimarcato, muoversi in certi spazi era al contrario forse più facile di adesso ed infatti la frontiera tra Russia ed Estonia, dopo Ivangorod passando per Narva, non solo non esisteva politicamente, ma anche nella pratica era un esercizio formale come capita oggi nell'area Shengen. Così mentre ci spostavamo verso Tallinn, la capitale estone, dovevamo preoccuparci solo della pioggia torrenziale che ci accompagnò per tutto il viaggio. La pioggia cominciò subito dopo la nostra partenza, così avemmo tutto il tempo di fermarci sotto un cavalcavia per mettere al loro posto le spazzole dei tergicristalli che come tutti, nell'URSS di quel tempo, si tenevano sotto il sedile nel timore che venissero rubate. La carenza di ricambi per automobili era cronica e pervicace e non si contavano le barzellette sull'argomento. 

Una via
In pratica dagli anni '70 in poi nelle fabbriche russe si produceva ben poco e tutto di pessima qualità e quasi tutto veniva rubato direttamente in fabbrica dai dipendenti per barattarlo con altri beni a loro volta rubati dalle altre fabbriche o rivenduti al nero, cosicché nei negozi dello stato a prezzi ufficiali, arrivava ben poco e questi prodotti erano ricercatissimi. Comunque i quasi 400 km di pianura non lontani dal mare scorsero via veloci e Tallinn ci si parò dinnanzi già nel chiaro pomeriggio mentre il cielo smetteva di gocciolare. Sebbene allora le differenze interne all'Unione fossero molto sfumate, dappertutto si parlava soltanto russo e i simboli erano sempre gli stessi, tuttavia in quella bella città antica, l'aria era un poco differente, sentivi, non certo sentimenti antirussi, che pur come scoprii anni dopo, covavano di certo e ben forti, sotto la cenere, ma venivano tenuti piuttosto nascosti, ma un chiaro differenziarsi da quel mondo slavo, che avevamo appena lasciato. Qui, in quelle che orgogliosamente si sono sempre sentite, Repubbliche Baltiche, si è sempre avuta una decisa appartenenza a quel mondo anseatico, rivolto a nord ovest e alla mitteleuropa, ai commerci e ai traffici internazionali a cui è legata ogni città di mare. Molto lontana dalla chiusura autarchica e statocentrica che tenta di erigere barriere verso l'esterno, illudendosi che le notizie non penetrino in nessun modo, attraverso quelle frontiere che possono sbarrare la strada alle merci, ma difficilmente alle idee.

Tetti
Tuttavia la parte che mi colpì particolarmente era proprio quella antica capitale, con un centro antico e perfettamente conservato all'interno di mura severe e poderose, con torri basse e rotonde, cieche o con piccolissime aperture verso l'esterno, come fossero sempre in attesa di un attacco di feroci invasori, dalle quali potevi far correre l'occhio su distese di bellissimi tetti spioventi dalle tegole color rosso mattone. Le strade tutte curve, dall'acciottolato lucido per la pioggia si infilavano tortuose tra le case mostrando angoli segreti di grande fascino, con piccoli negozi che sembravano neppure mostrare la staticità e la standarizzazione dei vari Producti Magasin o Gastronom o Atelier dei loro corrispettivi russi. Le ragazze, bellissime che volteggiavano leggere sui marciapiedi in pietra lucida avevano un'aria più sbarazzina, le gonne leggere dell'estate svolazzanti ed il sorriso sulle labbra. Sì questa città affacciata sul golfo di Finlandia, mi diede davvero una bella impressione e ricordo bene il senso di dispiacere che provai due giorni dopo mentre caricavamo il topolone sul traghetto che raggiungeva Helsinki, che le sta proprio di fronte e il rammarico di non avere il tempo di spingersi più in là nel profondo del paese e magari arrivare alle altre repubbliche che le stavano al fianco. Peccato, mi dicevo, da queste parti, in questa URSS così chiusa e distante, forse non ci verrò mai più. Pensa te, invece neppure dieci anni dopo, proprio laggiù, mentre cominciava lo sfacelo di quel mondo, cominciai la mia seconda vita di venditore di chiacchiere.

Via del centro di Tallinn



La piazza del mercato
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