venerdì 19 giugno 2020

Luoghi del cuore 18: La luce di Helsinki


Cattedrale - Helsinki - Finlandia - agosto 1983

 
Piazza del senato
Quel tratto di mare identificato come golfo di Finlandia è in realtà una specie di lago interno, non molto dissimile al Ladoga che ne è la sua naturale prosecuzione a est o il golfo di Botnia, l'omologo spazio che gira verso nord. In sostanza uno specchio d'acqua assolutamente tranquillo, costellato da una miriade di isolette lungo coste basse e verdeggianti, oltre che assai scarse di popolazione e solcate dall'andirivieni di grandi traghetti che ne collegano le opposte sponde appartenenti a stati che sono rimasti sempre politicamente piuttosto lontani tra di loro, come spesso accade quanto più i luoghi sono simili e apparentemente fratelli. Comunque la grande nave che ci portava verso la costa finlandese, lasciava una terra che se da un lato si definiva a quel tempo e con buona ragione come Oltre cortina, dall'altro pareva mettere in contatto due luoghi talmente omogenei da renderli quasi indistinguibili tra di loro, per storia ed aspetto fisico. Terre fredde insomma con stagionalità incongrue alle mentalità mediterranee, che sono da sempre scandite da un'alternanza di giorni e notti quasi uguali, nel clima e nei comportamenti. Qui invece è il regno delle notti infinite, che regalano pochissime ore di una luce crepuscolare che sa raccontare di saghe popolate di fate e folletti, di elfi buoni e troll ferocissimi  nascosti tra i tronchi bianchi delle betulle che corrono all'infinito su terre ondulate senza nome, ingioiellate da stagni e laghetti di mille forme e colori, mentre nel cielo compaiono fasci verdi di luci che si muovono come scenari di una fantascienza di anni '50, tra lande innevate ed ombre misteriose. 

Il salmone
E poi, quei giorni infiniti nei quali la luce non finisce mai, anche quando la stanchezza ottunde un po' i sensi e navighi in un chiarore altrettanto irreale quanto lo era quello del mezzodì invernale, con il desiderio di non dormire mai ed il corpo che invece cerca disperatamente di abituarsi a questi ritmi sempre più dilatati, quasi bramoso di ritrovare al più presto quella fase letargica perduta da mesi e nella quale finalmente abbandonarsi. Pure questa luce estiva è la sensazione topica che caratterizza questo grande nord e che ti porti a casa  sopra ogni altra cosa. A questo pensavo mentre il traghetto si avvicinava al grande porto di Helsinki dove arrivammo proprio verso mezzogiorno, con la città adagiata intorno in questa luce surreale e fortissima. E questo mi rimase principalmente di questa capitale, la luce che la avvolgeva per tante e tante ore, rendendone godibile aggirarsi per i suoi larghissimi spazi, dove mai hai la sensazione della folla.  Dove la gente ti è anche distante a causa di questa lingua impossibile, diciassette casi, declinazioni, radici incomprensibili, lontanissime dal tuo sound, dove telefono si dice Puhelin e centro, Keskusta, non so se mi spiego. Capisco bene come praticamente tutte le zone scandinave, in tempi di coronavirus, abbiano adottato misure paco restrittive in campo di distanziamenti sociali. Qui creare l'affollamento è di per se stesso un problema, tanto territorio c'è per tanta poca gente. Sei in centro nel grande spazio della piazza del senato, dominata da una scalinata grandissima che appare nella sua solitaria presenza, ancora più immensa. 

Pesce sotto sale
La risali lentamente in una sensazione di assoluta pace, come un'ascesa tra le nuvole che ti portino verso la cattedrale bianca, un tempio che chiama a sé con la forza di antichi Asi millenari che dominano leggende nordiche e che solo casualmente si sono adattati a nuovi nomi, a differenti etichette, a diversi riti, ma che conservano imperturbabilmente la loro potenza pagana. Anche il mercato lungo il porto, mi colpì particolarmente con i suoi banchi così distanziati e lindi; come è facile avere soluzioni dove l'ambiente da solo ti aiuta già per l'80%! Dietro ognuno di essi, donnine piccole e grassocce, quasi uguali tra di loro, una congregazione forse di sorelle o un popolo a sé di questa terra estrema, dalle gote rosse ed i cappellini di lana colorati di blu, calcati su binde capigliature. Banchi dove si agitavano ancora salmoni dalle dimensioni inquietanti, ancor vivi o già sfilettati che si adagiavano gli uni accanto agli altri, lingue rosa intenso dal profumo di mare. E poi i frutti del bosco, montagne di mirtilli neri, grossi e sugosi, di ribes rosso e blu a piccoli grappoli, di lamponi vermigli e morbidi da prendere con piccoli secchielli e fragole rosse e aglio e patate e poi fiori, tantissimi fiori di ogni colore, segnale di amore infinito per quello che nei luoghi del grande freddo, rimane una rara bellezza, da apprezzare e da avere il più possibile con sé, di fronte a sé, intorno a sé, per ricordare il piacere della vita colorata, quando sei circondato solamente da una continua, se pur bellissima, scala infinita di grigi. Una città dai ritmi lenti che ti dà grande pace e ti ottunde la furia ipercinetica. Una sensazione che ti segue a lungo sulla strada tra i boschi per Turku, verso un altro traghetto, un altro braccio di mare, un altro non luogo uguale seppure diverso. 


Savonlinnaa

Frutti del bosco
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