giovedì 24 maggio 2018

Moldova 4 - Lasciando Chisinau

Una casa di campagna

Ho dormito il sonno del giusto, l'appartamento è silenziosissimo. Ho visto anche il TG24 dalla TV satellitare e adesso ho appena parlato con mia figlia grazie al wifi che marcia che è un piacere. Se penso che solo pochi anni fa, quando vagavo in questo ex impero, dovevo andare il giorno prima alla posta per prenotare una chiamata verso l'Italia, per il giorno dopo all'ora precisa, specificando se sarebbe stata di tre o sei minuti, presentarmi mezz'ora prima, pagare i tre minuti e poi magari non riuscire ad avere la linea, senza avere indietro i soldi perché, come diceva la Tamara di turno, si pagava non per telefonare ma per avere l'opportunità di telefonare, bisogna riconoscere che i tempi sono davvero cambiati con una velocità stratosferica. Dunque è ora di uscire per scoprire un po' di più su questo paese. Alfredo oggi mi porterà a vedere uno dei luoghi più noti e interessanti di questa piccola nazione, ma l'occasione più ghiotta è quella di potersi muovere lungo le strade moldave, per osservarne da vicino l'aspetto reale, cercando presuntuosamente di cercare di capire qualche cosa della vita, delle persone, dello stato delle cose, insomma quello che uno si illude di comprendere nei pochi giorni di superficiale presenza, anche se la vicinanza di chi vive sul posto aiuta molto a chiarire meglio e a penetrare magari un poco di più quello che cova sotto l'apparenza. 

Ci fermiamo per la colazione in una delle tante nuove e moderne stazioni di servizio che sorgono ormai dappertutto lungo le strade, anche queste in ottimo stato. Ormai abbiamo fatto scuola anche qui e trovi con facilità cappuccino e cornetto. Accettabilissimi, ma Alfredo strizza l'occhio, bisogna sapere dove, ehehehe. La benzina costa 1 euro e il gas mezzo, sembra poco per noi, ma bisogna considerare che gli stipendi di un operaio o di un piccolo impiegato sono sui 250 euro e le pensioni dai 70 ai 150. Abbiamo dato un'occhiata alla frutta e alla verdura al mercato, è vero che siamo ancora un po in anticipo sulla stagione ma non trovi niente sotto 1/1,5 al chilo. Dunque la vita non credo che sia troppo facile per chi vive in città, eppure, sinceramente l'impressione che si ha lungo la strada, non è quello di un paese miserabile o anche soltanto povero, la gente è ben vestita, ordinata, molte auto nuove e negozi piuttosto belli e ben forniti. Dunque come si spiega? Alfredo mi ricorda che la popolazione della Moldova è di quattro milioni circa, ma un milione di questi vive e lavora all'estero, dunque tutto il paese in pratica beneficia fortemente delle rimesse degli emigranti che sono a tutti gli effetti la vera ricchezza della nazione. 

Solo in questo modo si spiega anche il fervore costruttivo immobiliare e la situazione che vedremo nei prossimi giorni attraversando la campagna dove moltissimi si stanno mettendo a posto la casetta dei vecchi o di chi è rimasto, poi si sa, nei campi da mangiare più o meno ce n'è sempre. Insomma c'è sempre una spiegazione a tutto e l'uomo è la specie che meglio si adatta alle difficoltà che sulla carta sembrano insormontabili. Tuttavia impressiona la densità dei negozietti con l'insegna Lombard, curioso appellativo che contraddistingue qui i Banchi di pegno, compro e vendo oro e presta soldi, incluso lo sportello cambiavalute con tanto di quotazioni esposte fuori che vengono cambiate dopo le dieci in riferimento ai fixing internazionali. Mi ricordano gli обмен валюты che aprirono a centinaia nelle vie principali ed i mercati tutte le città sovietiche appena dopo il crollo dell'impero, segno inequivocabile che la ricerca di valuta straniera è sempre forte. Come allora è bastato mettere la banconota da 50 euro sulla mensolina attraverso lo stretto pertugio aperto in una parete grigia, perché una mano veloce ed anonima la ritirasse senza fare domande e la sostituisse con un pacchettino di Lei. Fuori sulla strada le persone passano veloci mentre vanno al lavoro; noti una certa cura nel vestire.

Le ragazze con le gonne a fiori che l'incipiente bella stagione ha reso ormai leggere e svolazzanti; i jeans moderni, le pettinature curate, passano a testa alta, sicure nella loro bellezza. Le auto invece cominciano a diradarsi non appena si arriva ai quartieri periferici e ci si appresta a lasciare la città. Da qui comincia a dispiegarsi il volto del territorio moldavo, una serie infinita di dolcissime colline verdi che si estendono una dopo l'altra in spazi larghi e quasi privi di case. La strada prosegue con curve altalenanti, scendendo in valli poco pronunciate e risalendo poi senza strappi per aggirare il colle successivo. Sembra di essere in una sorta di Langhe quasi spopolate e con una dilatazione dello spazio che distorce ed allunga le prospettive. Questa è la stagione più verde, presto le piogge finiranno per lasciare spazio ad una estate calda e secca che farà maturare le messi, che ora sono ancora in erba o mostrano solo un accenno della levata dei culmi e delle spighe ancora acerbe. Ma quello che più colpisce è il terreno lasciato ancora scoperto dai campi di mais e girasole appena seminato, una terra nera, scura e grassa, il fertilissimo ciernosiòm, sul quale le piantine appena nate brillano illuminate dal sole di un verde vivissimo e tenero. 

Se appena ci cammini sopra, al bordo del campo, quasi il piede affonda, tanto il terreno è morbido e ricco, la piccola zolla si sfarina in mano in minuscoli frammenti senza polvere ma lasciandoti la sensazione di humus ferace, promessa di produzione importante. Certamente l'agricoltura è sempre stata la ricchezza fondamentale di questo popolo, oltre che la sua attività principale che occupava la maggior parte della popolazione e l'impero che le stava alle spalle, nelle fredde terre del nord, sempre affamato di derrate e cibo, già a partire dall'epoca zarista, gli ha delegato questa funzione primaria, a danno naturalmente dello sviluppo di altre attività economiche e industriali che forse sarebbero state  più premianti. Così questa provincia periferica dell'impero è rimasta in questo tranquillo limbo agreste, fatto di ritmi naturali, di lunghe pause invernali, di semine, di feste del raccolto, quando la gente si radunava nella piazza del villaggio a ballare ritmi pizzicati sugli strumenti tradizionali e a cantare arie popolari. E questa sensazione di calma bucolica è rimasta anche oggi, anche se i ritmi della vita moderna sono velocemente mutati, dando sempre l'impressione di un tempo rallentato e privo di affanno. 

Ogni tanto, nelle piccole valli laterali, gruppi di vecchie case  segnalano la presenza di un villaggio con le case colorate di blu acceso o di verde pastello, dove l'eternit scurito ha sostituito gli antichi tetti di cannicciato palustre o di strette scandole di legno tradizionale, mentre soltanto qualcuna mostra con orgoglio le nuove tegole rosse, del benessere che arriva dalle rimesse di qualche figlio emigrato all'estero. Quasi tutte mostrano ingressi ricchi dei fiori della stagione, dietro gli orti che consentono di sopravvivere comunque. Per le stradine sterrate tra le case, non vedi quasi nessuno se non qualche anziana piegata sotto il peso di qualche prodotto della terra, fascine o legna da ardere o i grandi fasci del primo fieno appena seccato da riportare nel piccolo magazzino dietro casa. Volge occhi tristi verso il fondo del sentiero, dove la curva a destra nasconde la strada lontana, forse sperando che chi è partito arrivi finalmente, un giorno, anche se non annunciato ma sempre atteso, a lenire quella malinconia senza fine, a mutarle finalmente la bocca in un sorriso di gioia ritrovata. Nel paese spopolato, dove tanti se ne sono andati, uno dopo l'altro per cercare altrove la fortuna sognata, sperata e magari mai trovata, inseguendo lavori duri e momenti spesso fatti di umiliazione e difficoltà, da nascondere e non raccontare nelle brevi telefonate in cui bisogna sempre dire che tutto va bene, non ci sono rumori, anche le capre che brucano il prato dietro l'orto non belano, ma brucano in silenzio. Anche loro forse aspettano qualcuno che tarda ad arrivare.





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